5 aprile 2010

GRAFFITI. UNA STORIA INFINITA?


 

Un pomeriggio di febbraio in piena luce. Un “ragazzo” dipinge un muretto che fa da cinta a uno spazio giochi per l’infanzia dentro ai giardinetti della “Fontana” (via Cusio a Milano). Arriva una volante, entra nel parco, scendono agenti “in borghese”. Il “ragazzo” viene fermato, le bombolette sequestrate, somministrati una multa di 450 Euro e un verbale di apertura di un procedimento penale. Sono le 16.10 è pieno giorno, il “ragazzo” non ha tentato fughe, ha fornito i documenti, è rimasto sbigottito. Il fatto è che dipingere questo muretto è sempre stato considerato da lui e da altri giovani graffitari un’azione “legale”, anche perché da almeno venti anni (me lo ricordo perché portavo lì il figlio all’asilo…) periodicamente i ragazzi “lo sbianconano” per sostituire i graffiti più vecchi o sbiaditi con altri più nuovi e colorati (vedi immagini in copertina). Questo fatto paradossale è simbolico della politica schizofrenica o inesistente dell’amministrazione comunale sul tema graffiti.

Anni fa Sgarbi organizzò una mostra di graffitari e protagonisti della street art al PAC di via Palestro. Ma anche gli assessori alla cultura e ai giovani successivi e lo stesso sindaco hanno promesso spazi alla creatività giovanile (recentemente ancora una mostra alla Fabbrica del vapore di via Procaccini) ma contemporaneamente si spende per “pulire” e si multa chi dipinge. Sembra una spirale infinita perché risultati dal punto di vista del decoro non se ne vedono. E’ sicuramente difficile conciliare l’esigenza di una città pulita e decorosa con quella dei giovani di esprimersi, farsi conoscere e anche criticare la società. Ma se non si osa sulla strada della reciproca responsabilità e del reciproco riconoscimento non si andrà da nessuna parte. Si è osato (grazie all’emergenza e all’impegno di don Colmegna e Opera nomadi) con il “patto di legalità” con i rom….Non si può osare anche con i nostri giovani una chance di dialogo? Il Comune (e le sue aziende) potrebbero proporre un “Patto per il decoro” ai giovani graffitari creativi.

Lo scambio contrattuale potrebbe essere tra spazi pubblici di espressione e visibilità (muri, tram, metro, … magari con pellicole protettive sostituibili) per i giovani e loro impegno alla legalità e alla rinuncia all’imbrattamento. Non è un percorso facile ma sono convinto che se un certo numero di “firme” del mondo graffitaro e della street art, pseudonimi che sono un mito per chi inizia o si avvicina a questa pratica, sottoscrivessero questo impegno, svolgerebbero un ruolo di traino ed esempio nel confronto degli apprendisti imitatori. Molti ragazzi partono dalle “tag”, cioè dalle firme sui muri che sporcano senza valore artistico. Per loro il rischio è poco ed è un modo di far sapere al mondo e agli amici che esistono. Quelli che veramente si appassionano studiano e ristudiano l’arte di scrivere lettere e abbinare colori.

Dobbiamo dare la possibilità a chi crede in questa forma di arte di esprimersi in modo legale (anche sui muri e i mezzi di trasporto) e chiedere loro di parlare ai propri coetanei per separare l’espressione artistica dal puro imbrattamento. Se c’è da lavorare a un tavolo con i giovani creativi di strada come Fabbrichetta e arcipelagomilano.org siamo disponibili. E’ un’utopia? Diceva John Fitzgerald Kennedy che “un passo è solo un passo, ma senza iniziare a fare un passo non percorreremo mai cento miglia…”.

 

Pier Vito Antoniazzi



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