29 marzo 2010

MORIREMO DEMOCRISTIANI


In genere dopo le elezioni è facile dire chi vince e chi perde. Vediamo i candidati a presidente.

Nel 2005 Formigoni ottenne il 53,86% dei voti e le liste che lo sostenevano il 55,36%, tra queste l’UDC al 3,8%. Oggi Formigoni prende il 56,3% e le liste che lo sostengono il 58,5%.

Si tratta di un indubbio successo. E’ vero che sono diminuiti gli elettori, tuttavia l’astensione è più un problema per lo sfidante che per chi governa. Infatti se chi dichiara la Lombardia è in crisi, la gestione è pessima, l’avvenire fosco non riesce poi a convincere gli elettori a votare, la rimonta è impossibile. Bisogna prendere atto definitivamente che una delle convinzioni più radicate “meno elettori meno voti al centro destra” è del tutto fallace. Il PD in meno di un anno tra europee e regionali ha perso circa 300000 elettori.

Sarfatti aveva preso il 43,17% dei voti e la sua coalizione il 42,08. Oggi Penati prende il 33.2% e la sua coalizione idem. Se ai voti di Penati si sommano i voti della coalizione Agnoletto, che in alcune regioni si è alleato con il candidato di centro sinistra, restiamo comunque lontani dai dati di 5 anni fa.

Si tratta di un indubbio insuccesso. Il centro sinistra arretra pressoché ovunque in regione e il candidato non ha costituito un valore aggiunto, unico dato positivo un miglioramento rispetto alle europee, considerando però fuori i radicali. Inutile cercare responsabilità individuali nella sconfitta: questo centro sinistra, in Lombardia, è ormai organicamente minoritario.

Savino Pezzotta ottiene quasi il 5%, ma il suo partito rimane sulle percentuali di cinque anni fa; il voto disgiunto di molti antiformigoniani del centro destra è finito qui. Se l’obbiettivo dell’UDC era di mettere in crisi il bipolarismo, va detto che il fallimento è totale, anzi ovunque in Italia trionfa il bipolarismo e al massimo all’UDC tocca il ruolo di lista di disturbo.

Agnoletto prende circa un terzo dei voti che le liste che lo sostenevano avevano preso cinque anni fa, tuttavia se si sommano ai voti di Agnoletto quelli di Crimi (non presente tra l’altro in tutte le circoscrizioni) l’area di estrema sinistra esce leggermente rafforzata rispetto alle europee; rafforzata ma residuale.

Vediamo le liste.  Il PD al 22,7% recupera un punto dalle europee, ma è lontano dalle percentuali delle politiche. Questo dato fotografa realisticamente la condizione di un partito, molto più forte di ogni altro partner in ogni possibile coalizione per esserne condizionato ma troppo debole per esercitare una reale egemonia. Un partito con una leadership lombarda e milanese debole, ormai fuori dall’amministrazione di tutte le città e provincie lombarde che contano. Un partito portato a credere istintivamente a una propria vocazione maggioritaria (cosicché a ogni elezione gli alleati in coalizione diminuiscono) che però nei fatti perde tutte le elezioni presidenziali degli ultimi anni (BS, CR, PV, Provincia Milano ecc). Un partito in cui la fusione tra le diverse componenti è avvenuta a macchia di leopardo e che non ha ancora prodotto un’identità condivisa.

IDV. È l’unico soggetto nella coalizione di centrosinistra che vince. Triplica e più la percentuale rispetto alle precedenti regionali e si attesta sui dati delle europee. Se lo consideriamo l’ala sinistra della coalizione Penati sommando i suoi voti a quelli di Agnoletto e Crimi, possiamo tranquillamente affermare che l’area della protesta dura nell’opposizione tende ad aumentare, la componente moderata a ridursi.

Verdi e socialisti scompaiono e resta la domanda del perché abbiano fatto naufragare l’originale idea di sinistra, libertà ed ecologia. A sua volta SeL prende meno voti del partito pensionati e ci si domanda perché non ha fatto l’impossibile per trattenere almeno i socialisti.

Il PDL perde circa 2 punti rispetto alle europee, ma quello che perde lo recupera la Lega che è ormai il partito di maggior peso all’interno della coalizione di centro destra, perché diversamente dal PDL le correnti interne ancora non si azzuffano. La Lega non è mai stata una “costola della sinistra” e in passato ha preso percentuali bulgare (per esempio con Formentini a Milano), ma quello era un voto di protesta, quello di oggi no, è un voto consapevole. Oggi la Lega è un partito organicamente di centro destra con forte caratterizzazioni di destra radicale in materia di ordine pubblico, immigrazione, valori. Organicamente alleato a Berlusconi, tende a proporre un’alleanza competitiva al PDL ma non mette mai in discussione le ragioni di fondo l’alleanza. Radicato sul territorio non attraverso la modesta struttura di partito ma la rete degli amministratori, la Lega è in Lombardia l’ultimo esempio di partito tradizionale: interclassista, di governo e di opposizione.

L’UDC puntava a essere l’ago della bilancia o almeno ad avvicinarsi a questa prospettiva. Resta invece in Lombardia un partito residuale, di nessuna utilità per il centro destra cui presumibilmente aderiranno a breve un po’ di suoi maggiorenti cosi come per il centro sinistra che ha un gap così alto che il 4/5% dell’UDC non sposterebbe.

Buona parte del PD e dell’intellighenzia di sinistra milanese, guardava a queste elezioni come a una prova generale per le elezioni dell’anno prossimo. Anche qui, le cose non vanno meglio per il centro sinistra. Formigoni aveva il 51,3% nel voto di lista oggi senza l’UDC ha il 51%. Come voto personale aveva il 49,8 oggi ha il 49,01%  ma Pezzotta ha il 3,12 % e l’UDC è in giunta con la Moratti. Sarfatti prese il 47,9, Penati (senza i comunisti) il 41,19% %. Nonostante quindi l’aumento dell’astensione (stiamo parlando per la precisione di 100000 elettori in città) anche a Milano il centro destra esce rafforzato e meno frammentato del centro sinistra. Perché è vero che la Lega con oltre il 14,5% cercherà di dettare le condizioni per la scelta del candidato a sindaco, ma è anche vero che il PDL in città da solo ha quasi i voti di 5 su 6 partiti della coalizione di Penati. Il comune è ancora contendibile ma è evidente che senza una forte candidatura, una diversa politiche delle alleanze, un’accelerazione delle scelte, le prossime elezioni a Milano sono decisamente più in salita di quanto non furono quelle di 5 anni fa.

In conclusione, dopo 15 anni + 5 di Formigoni, 20 di Formentini, Albertini, Moratti financo 5 della Colli, un ventennio di berlusconismo e la Lega sempre più forte, l’auspicio di Pintor: “Non voglio morire democristiano” oggi andrebbe così riformulato: “Era meglio morire democristiano”.

Walter Marossi



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali




Ultimi commenti