29 marzo 2010

FINANZIARIA 2010: UNA FINANZIARIA SPRECONA?


Oltre un anno fa esprimevo, su queste pagine, il mio apprezzamento nei confronti del ministro del Tesoro per la volontà di continuare una politica di austerità e di controllo del Debito Pubblico, politica già attuata dal precedente governo con il ministro Padoa Schioppa ancor prima del dilagare della crisi economica. Nel contempo, a fronte del giusto rigore, pensavo fosse opportuno prevedere forti finanziamenti a favore dei ceti più poveri, di tutti i lavoratori che fossero fuori o che rischiavano di uscire dal mercato del lavoro e infine per gli imprenditori delle piccole e medie imprese. Il tutto al fine del rilancio del mercato interno e con esso dell’economia del Paese.

Effettivamente il ministro Tremonti, che si è autodefinito nuovo “Robin Hood”, ha messo in atto sì diverse iniziative a sostegno delle persone indigenti (vedi la Social Card, il Bonus famiglia e il Bonus elettrico), ma purtroppo in maniera non coordinata, con uno stanziamento di fondi troppo limitati e non continuativi rendendo pertanto le sue “frecce” spuntate. Tale situazione è constatata ufficialmente anche dal “Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale” elaborato dalla CIES (Commissione di Indagine sull’esclusione sociale) che fa capo ai ministeri del Welfare e del Tesoro. I dati riportati sono i seguenti: – la Social Card assegnata per una spesa mensile di € 40,00= ha interessato solamente 40.000 famiglie nella povertà assoluta su un totale nazionale di 1.260.000, inoltre a tutto maggio del 2009 sono state consegnate 567.000 carte sulle 1.300.000 ipotizzate; – il Bonus famiglia è intervenuto in aiuto a 76.800 indigenti incidendo per 0,30% sulla povertà assoluta; – il Bonus elettrico ha raggiunto effettivamente le famiglie, ma per un importo medio annuo di € 12,20=.

Visti questi risultati, nel Rapporto viene suggerito ai ministri interessati di uniformare l’Italia agli altri Paesi europei nella lotta alla povertà, introducendo un reddito minimo garantito che permetta di acquisire i beni e i servizi utili a evitare gravi forme di esclusione sociale. In tal modo si riuscirebbe a superare l’attuale frazionamento degli interventi e le difficoltà burocratiche per accedervi. Questo tipo d’intervento comporterebbe un immediato sviluppo del mercato interno e dell’economia italiana, infatti i fondi stanziati e distribuiti aumenterebbero immediatamente la spesa per consumi, la domanda di beni e con essa la produzione, mantenendo l’occupazione e rilanciando l’economia.

Ancora il CIES nel suo rapporto constata che l’eliminazione dell’ICI senza limiti di valore catastale, in effetti ha privilegiato i ceti più ricchi a sfavore dei medio bassi e bassi che hanno abitazioni con rendite catastali ridotte. Meglio sarebbe stato quanto proponeva il governo precedente che esentava l’esborso fino a un valore ICI di € 200,00=. Gli slogan “abbiamo ridotto le tasse” e “non abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani” per la stragrande maggioranza degli Italiani si concretizza nel “abbiamo le tasche più vuote”. Togliere l’ICI ai Comuni ha comportato, per molti di questi, l’applicazione o l’aumento dell’addizionale, oppure come a Milano, l’aumento delle tariffe della refezione scolastica e la riduzione della quantità e della qualità dei servizi alla persona. Bisogna inoltre considerare anche gli aumenti generalizzati a livello nazionale come quello del gas, delle tasse aeroportuali, dei pedaggi autostradali, delle tariffe dei treni e nuovi costi relativi alle future erogazioni dell’acqua privatizzata. Purtroppo altre “frecce” che dovevano colpire e “far piangere” petrolieri, assicuratori e banchieri si sono trasformate in boomerang, in quanto questi “poteri forti” hanno abbondantemente recuperato le penalizzazioni superando ogni controllo sull’aumento dei prezzi della benzina, delle assicurazioni RC auto e delle commissioni sui servizi bancari. Al centro si “tolgono le tasse” che poi vengono recuperate in periferia, ma chi paga è sempre il cittadino, cioè noi!

Il nostro novello “Robin Hood” ha con fermezza e cocciutaggine perseguito il suo obiettivo di rigore e parsimonia nella Finanziaria del 2009 votata in nove minuti dal Consiglio dei Ministri; successivamente nel settembre scorso alla presentazione della Finanziaria 2010 il ministro Tremonti prevedeva un finanziamento “light” di 3 miliardi (destinati al rinnovo del contratto del Pubblico Impiego in tre anni) oltre agli introiti dello scudo fiscale. Contemporaneamente il governo preparava una diga per bloccare a livello di dibattito parlamentare ogni “assalto alla diligenza”.

Tutto ciò avveniva nonostante la disapprovazione di Banca d’Italia, Confindustria, sindacati, partiti d’opposizione, Confcommercio, Confartigianato, ecc. i quali a fronte di una finanziaria “snella” e attendista, da tempo sollecitavano il Governo a dare una “scossa” alla nostra economia. Come interventi per accelerare la ripresa, suggerivano: – maggiori risorse per gli ammortizzatori sociali allargati a tutti i lavoratori; – un maggior sostegno agli investimenti; – un’adeguata defiscalizzazione a favore delle famiglie e delle piccole e medie imprese. A tali sollecitazioni il Ministro del Tesoro rispondeva piccato ” non c’è trippa per i gatti”, “fare di più sarebbe irresponsabile”, “la sinistra ha sempre aumentato le tasse” e “no ai catastrofisti”, litigando astiosamente con quanti, anche del proprio partito, chiedevano una maggiore incisività per rilanciare la crescita, lo sviluppo e l’equità nel Paese.

Personalmente condivido totalmente i suddetti suggerimenti di nuove scelte di politica economica in quanto di fronte a un calo dell’attività industriale del 20%, collegata al passivo del mercato interno e internazionale e considerando la nostra economia cresciuta al rallentatore negli ultimi 15 anni, ci vorranno tempi molto, ma molto lunghi per tornare alla normalità. Fatto sta che per colpa delle fibrillazioni all’interno della maggioranza la diga per difendere l’austerità è saltata, “l’assalto alla diligenza” ha portato a ben 9 miliardi d’interventi purtroppo ripartiti in una miriade di rivoli, alcuni dei quali inefficaci se non inconcepibili, tra cui il Buono vacanza che offre uno sconto dal 20 al 45% a seconda delle fasce di reddito e il numero di componenti della famiglia che utilizzeranno alberghi e altro di una particolare lista (1 membro da 0 a 20.000,00= euro di reddito annuo fino a 4 componenti da 0 a 35.000,00= euro, con rimborsi statali da un minimo di € 225,00= a un massimo di € 246,00=).

La cosa che più mi sorprende e preoccupa è inoltre la creazione di un “Fondo a copertura di spese urgenti e indifferibili” gestito dal Tesoro e dalla Presidenza del Consiglio, realizzato ricorrendo a un vero e proprio prestito di 4 miliardi chiesto dal Governo all’INPS utilizzando gli accantonamenti del TFR (liquidazione), versati dai lavoratori per la Previdenza complementare. Attenzione, nessuna novità; si tratta di un mezzo “creativo” elaborato dall’ex ministro Padoa Schioppa per non incrementare il debito pubblico e copiato dall’attuale Governo con una differenza sostanziale però, perché mentre il precedente aveva investito questi capitali in opere e interventi strutturali, quello attuale li sta destinando a spese correnti. Il rischio sta nell’avere un futuro incremento del debito pubblico qualora il prestito non venisse utilizzato per creare un rilancio dell’economia e nuova ricchezza, diverrebbe infatti un buco finanziario sempre a scapito dei cittadini pagatori.

Buona Quaresima 2010.

Giovanni Agnesi



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