29 marzo 2010

Scrivono Vari 290310


Scrive Edoardo Szego – Mi permetto qualche commento all’articolo del prof. Marco Vitale, apparso su uno degli ultimi numeri di Arcipelago, dove ci introduce e ci illustra un’operazione “societaria e finanziaria” (poi si aggiunge “culturale”), per sostenere l’orchestra Verdi. Mi considero uno dei non pochi estimatori del Professor Vitale, e proprio per questo maggiore è stata la mia sorpresa e il mio imbarazzo per i dubbi che mi ha sollevato l’articolo.

Un piccolo cenno all’aspetto puramente mercantile, di certo non il più importante, essendo tutta l’operazione, questo lo condivido, d’impronta culturale e non immobiliare ma tant’è: Mi sembra infatti che l’offerta di azioni ai soci e agli abbonati, sia un po’ poco incentivata: si tratta di azioni non quotate, quindi praticamente invendibili, quand’anche si rivalutasse ulteriormente lo stabile, e ciononostante si chiede ai potenziali sottoscrittori di pagare un surplus del 14% circa, rispetto al valore reale stabilito da perizia. oddio se lo si fa con spirito di partecipazione culturale, può anche darsi, ma forse non sarebbe male dire esplicitamente che si chiede loro un contributo aggiuntivo gratuito di 0,62 euro per azione, magari compensabile (è un mio suggerimento) ad esempio con le consuete formule di sconti sugli abbonamenti. Credo comunque che molti dettagli dell’operazione saranno evidenziati nel prospetto di collocazione.

Ora l’aspetto culturale-musicale, quello più preoccupante in quanto più grave: egregio Professore, personalmente dubito che l’Orchestra Verdi sia ancora  oggi “uno dei pilastri della cultura musicale milanese”, ancorché non molto elevata nel suo complesso. E neppure penso che l’Orchestra Verdi possa, in questa sua fase di evoluzione, contribuire a dare a Milano un grande prestigio culturale nel mondo: e ciò lo si percepisce ascoltando le Orchestre che l’hanno davvero un grande prestigio culturale nel mondo.

Non sono musicista professionista e neppure un accreditato critico musicale, ma frequento da svariati lustri i buoni, e talvolta anche i meno buoni, concerti non solo a Milano ma anche in altre parti di Italia e all’estero (Salisburgo, Vienna, Lucerna, Budapest, NY, Londra, ecc); penso di poter riconoscere quando un’orchestra suona bene, e talvolta suona e interpreta bene, o meno; ma soprattutto sono assolutamente convinto che un’orchestra che appena si rispetti e voglia farsi rispettare con un ruolo significativo, DEBBA AVERE UN DIRETTORE  ARTISTICO E MUSICALE STABILE, full-time. E’ così in quasi tutto il mondo.

Solo a Milano si sorvola su questo irrinunciabile principio; perfino la Scala è stata a lungo, e ancora è, senza Direttore Stabile full-time, idem la Verdi che dopo un lungo vuoto ha nominato una giovane signora cinese, neo madre, di cui aspettiamo vedere i frutti, incrociando le dita.

Ho frequentato i concerti della Verdi fin dal suo esordio, ancora sotto la bacchetta e la Direzione Musicale del Maestro Chailly, e con la sua appassionata direzione l’Orchestra era arrivata a ottimi livelli, si poteva già dire che rappresentasse una realtà musicale veramente degna di nota. Credo si sapesse che Chailly prima o poi avrebbe lasciato (reclamato da istituzioni di ben altro calibro), ma mi sembra che poco sia stato fatto per affiancargli un bravo, magari giovane, Direttore che diventasse in seguito Direttore Musicale e Artistico Stabile full-time; i Direttori Ospiti, Ospiti Principali, Residenti, Emeriti, ecc sono formule inventate per nascondere un’impotenza manageriale -culturale, ma non risolvono i veri problemi di un Orchestra che vuol crescere e arrivare a livelli di eccellenza.

Ecco qual è il problema più grave della Verdi; e SOLO se le risorse che eventualmente si renderanno disponibili dall’operazione caldeggiata dal Prof. Vitale, saranno utilizzate per una vera ristrutturazione musicale dell’Orchestra (cosa che invero non sembra trasparire dall’elenco asteriscato dei motivi dell’iniziativa), si potrà un giorno avere un ritorno adeguato e coerente all’istituzione culturale“Orchestra Verdi”, e si potrà dire che l’”operazione Vitale” è stata un’operazione intelligente e lungimirante

Scrive Giorgio Franchina – A proposito dell’articolo di Giorgio Origlia sulla Darsena, vorrei fare delle osservazioni. L’articolo riassume bene e in modo  molto sintetico lo stato della situazione e propone un approccio condivisibile: rendere l’area della Darsena di nuovo fruibile ai cittadini e colmare, almeno in parte, l’enorme spaesamento e vuoto che l’attuale situazione di  degrado induce in ogni persona (abitante e non).

Il progetto “Darsena conTemporanea” che viene delineato è simile a quello presentato da un altro gruppo di architetti dal titolo “Darsena Pionera” (o è lo stesso progetto?). In ogni caso per entrambi si prevede il parziale ritorno in Darsena dell’acqua e una destinazione d’uso temporanea per l’altra parte a verde, mantenendo il biotopo spontaneo.  Immagino che entrambe le proposte vogliano tener conto del fatto che le sponde dopo 4 anni di secca, abbiano bisogno di un intervento costoso di manutenzione e risistemazione.

Questo approccio mi lascia perplesso: io credo che un progetto minimo di risistemazione debba far ritornare l’acqua in tutta la darsena. Temo infatti che il progetto temporaneo diventi per molto tempo definitivo e solleciti nuovi appetiti (nuovi fari?) sulla parte a verde, sulla cui manutenibilità, sicurezza e rispetto (da  parte della movida e non solo) nutro parecchi dubbi, anche in termini di costi.

Se passate a guardare in questo periodo di tardo inverno lo stato della flora spontanea, potreste facilmente rendervi conto di come apparirà anche negli inverni successivi, insieme anche a quella fauna (nutrie e topi) di cui credo dovremmo fare a meno. Inoltre l’attuale area a verde è oggi soggetta ad altri fenomeni “abitativi” o di  “movida” che potrebbero permanere anche in seguito.
Ahimè temo che di là dalle buone intenzioni, l’immagine di discarica e di luogo malsano (com’è quella attuale) soprattutto d’inverno possa rapidamente fare di nuovo capolino da qualche parte dell’area a verde.

La darsena è tutta insieme un luogo d’acqua: i biotipi spontanei semmai possono essere resi visibili, in un luogo specifico studiato ad hoc come itinerario didattico… ma forse è bene parlarne ancora. Sarebbe utile capire nel frattempo, dal punto di vista progettuale, di cosa stiamo parlando, in termini di costi, per mettere in sicurezza le sponde in secche. Della serie non diventiamo più realisti del re.



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