23 marzo 2010

IL BELLO DI MILANO


Parlare di Milano significa parlare delle trasformazioni che la città ha subito in questi anni, e ritengo che si debba partire dagli anni ’60, anni di utopie e cambiamenti, che Milano aveva contribuito a far crescere. La discussione è facilitata perché nel 1968 avevo vent’anni e arrivavo dalla Provincia a Milano per frequentare l’Università.

Qui inizia il bello di Milano, città di cultura, con le Università: Cattolica, Bocconi, Università statale, Politecnico e poi IULM, Università di Milano – Bicocca, San Raffaele. Questo per Milano significa che ci sono giovani e persone che pensano e studiano, cercano, si danno da fare. L’altra ricchezza sono i Teatri, a partire dalla Scala, il Piccolo e dopo tanti tanti altri. Milano è sede di grandi gruppi industriali, con management d’eccellenza e che possono fare cultura (vedi i quaderni Pirelli), c’è il terziario, a partire dalla sanità dei grandi ospedali, ma c’è anche un terziario avanzato: la TV, privata, Mediaset, e pubblica (?) La RAI, c’è il commercio, con le grande Rinascente e la Fiera. L’agricoltura resisteva all’intorno della città, con coltivazioni orticole per gli abitanti di Milano.

Quindi una società complessa, che può produrre cultura, ma che può anche adagiarsi e perdere la capacità di innovare. Ed è questo che vedo oggi, dopo 40 anni da quel ’68, che ribellandosi a un “capitalismo societario” (Malgatti), efficiente ed efficace, ma non più in grado a contenere lo spirito di libertà, ha significato un grande movimento di giovani prima, e poi di cambiamenti nella società.

Visitando la Mostra alla Rotonda della Besana sull’arte dal 1959 al 1972 emerge quest’apertura degli anni ’60, con il Concilio Vaticano II e papa Giovanni XXIII, la nuova frontiera di John Kennedy, …Il ’68, ricordo, ha significato soprattutto nuova libertà per le donne: io ero una delle prime che nel mio piccolo paese di provincia potevo andare all’Università, anche grazie a borse di studio che allora c’erano per i ragazzi meritevoli, ma soprattutto si parlava di rispetto delle persone. Così, dopo 15 anni che erano state chiuse le “case chiuse”, i rapporti fra i giovani uomini e donne si cominciavano a porre su un piano di parità, mentre la “libertà di espressione” era un valore molto sentito.

Ora a distanza di 40 anni c’è invece un Presidente che vorrebbe porre il bavaglio alla comunicazione, mentre i suoi colleghi di partito preferiscono essere gregge, non pensare con la propria testa ed emanano norme che non esito a chiamare “liberticide”. Così come sono a favore di una scuola pubblica, dove si possono trovare docenti preparati, ma anche con idee diverse, e quindi il ragazzo comincia con il confronto a formarsi la sua personalità. Mi si stringe il cuore quando oggi s’incontrano ragazze la cui aspirazione è ” fare le veline” e questo perché la TV ha avuto buon gioco sulle altre istituzioni culturali. E’ come se il ’68 fosse passato invano e siamo di fronte a una profonda restaurazione. Se la mia generazione sentiva dai suoi genitori i racconti sulla guerra e sulle difficoltà della ricostruzione, purtroppo oggi la memoria non c’è più e anche a Milano le utopie stanno morendo e con esse il rispetto dell’altro e di tutte le persone.

Il mio auspicio è che Milano, che ha visto nell’800 il 1948, e nel ‘900 il 1968 sappia svegliarsi da questo lungo sonno e possa ridare una spinta all’Italia, che non si adagi, ma che sappia ridare vigore agli ideali di una società più giusta che rispetti le persone, non solo quelle di oggi, ma soprattutto quelle di domani. E questo significa, visto che si parla di PGT, di difendere il verde, trovandone anche usi economici, non coprendo di cemento nemmeno più un centimetro di erba, ma ricostruendo sul vecchio, risanando in un ambiente sostenibile. Purtroppo la mancanza di memoria e modelli non sostenibili stanno bruciando il bello di Milano, che è essere officina d’idee, culla di giovani che studiano, che s’impegnano, senza dimenticare l’esperienza dei padri e soprattutto dei nonni, che hanno lottato per la libertà di tutti.

Alessandra Tami



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