16 marzo 2010

SINISTRA MILANESE: VUOTO A PERDERE E ROMA LADRONA


La vicenda delle firme elettorali avrà effetti sui risultati in quasi tutte le Regioni che andranno al voto, tranne che in Lombardia, dove pure si è svolto un capitolo importante della saga. E ‘ questo il parere sintetico espresso su Arcipelagomilano da Walter Marossi e confermato dalla ricerca di Mannheimer sul Corriere della Sera. La stima per gli autori di quest’affermazione ci obbliga a interrogarci sul come sia possibile che nella Roma partitocratrica e palazzinara la radicale ed eterna outsider della politica Emma Bonino sia scattata in vantaggio mentre nella Milano che si crede ancora efficiente ed europea Filippo Penati continui a essere considerato il testimonial della “Lombarda sartoria, eleganza per chiunque ci sia “.

La Bonino nel Lazio si è “imposta” come candidata a dispetto dei soliti strateghi del Pd colpiti dalla peste politica degli anni Duemila, la “sondaggite acuta”: non diversamente che in Puglia e in Piemonte, si affannavano a cercare un candidato laico ma anche cattolico, gradito ai palazzinari e agli affittuari, ma soprattutto a Casini per poter sommare le percentuali sulla carta per mantenere il controllo del Palazzo della Regione, impresa che il povero Marrazzo, esagerando con la trasversalità, aveva reso matematicamente impossibile. Emma ha rivendicato sin dal primo momento la sua diversità dal candidato che i dottor Frankenstein Democratici continuano a cercare imperterriti anche dopo aver generato mostri come il sindaco dei sei mesi a Bologna Del Bono, offrendo come risposta all’illegalità diffusa la propria storia libertaria e nel contempo di rigoroso rispetto della legalità, che l’ha vista disubbidire a leggi che considera ingiuste chiedendo di essere punita fino a ottenerne l’abrogazione formale, senza scorciatoie del “così fan tutti” e contrapporre all’inefficienza della burocrazia la sua esperienza di “maestrina dalla penna rossa” con una capacità di lavoro mostruosa e un rigore sostanziale e non formale di attenzione ai risultati concreti che le riconoscono anche gli avversari politici .

Conscia del fatto che questo era un punto di partenza, buono per imporsi come candidata effettiva ma non per vincere, la Bonino è andata subito oltre i sondaggi che la davano perdente, rifiutando i soliti consigli di chi pensa che per battere il centrodestra si debba apparirne come la copia sbiadita e per motivi misteriosi”migliori”, accelerando sugli elementi comuni di un patto a suo sostegno ancora da costruire (rispetto della legalità, trasparenza dei comportamenti, indipendenza, diffusione dei diritti) rispetto a quelli di diversità (dosi eccessive di liberismo che da innovazione sono diventate conservazione), riuscendo così ad aprire la manifestazione di Roma fatta da gente che in stragrande maggioranza non l’aveva mai presa in considerazione per il voto con un magistrale appello a combattere una battaglia nelle urne in nome di obiettivi comuni e alternativi. Insomma, Emma Bonino ha impostato e combattuto una battaglia politica partendo dai dati dei sondaggi e non fermandosi a essi, riportando la Sinistra in partita.

Filippo Penati si è candidato sulla base di sondaggi che sancivano l’inesistenza di candidature credibili nel deserto lombardo che non fossero quelle dell’ultimo titolare di una carica di un certo rilievo persa da non troppo tempo. Soprattutto si è verificato come, in una situazione numericamente impossibile da ribaltare, il partito detentore delle risorse finanziarie da finanziamento pubblico indispensabili per fare una campagna elettorale decente ha deciso di investire su se stesso, attraverso il neo capo della segreteria nazionale e di fatto maggior dirigente organizzativo di partito, piuttosto che imbarcarsi in quelle che evidentemente sono considerate avventure politiche, cercando di costruire una politica e una classe dirigente alternativa: è lo stesso schema che funziona ormai solo nelle regioni rosse e rosate, le uniche nelle quali dove sarebbe stato possibile vincere se Bonino nel Lazio, Vendola in Puglia, Bresso in Piemonte e lo stesso De Luca in Campania non lo avessero rotto rimettendo, malgrado la propria dirigenza, la Sinistra in grado di competere.

Preso atto del fatto che si perde, ci si è occupati di posizionarsi il meglio possibile nella partita dei perdenti: le liste a sostegno della candidatura Penati sono state incoraggiate ad aumentare in maniera da disperdere i voti e far recuperare al Pd un paio di seggi; il “listino” che avrebbe dovuto essere il segno distintivo della pluralità di culture politiche che cercano di unirsi per formulare un’alternativa al Celeste Formigoni è diventato l’elenco dei trombati amici del candidato, che così s’illudono di essere ancora in vita (politica) per qualche settimana, senza eccessivi costi; l’attenzione si è concentrata su Milano città, per vedere se Penati riesce ad ottenere un esito utile per potersi candidare il prossimo anno a Sindaco, sfidando le leggi della logica e della politica, contando ancora una volta sul pragmatismo di chi pensa che a Milano contro la Moratti e i suoi “petroeuro” possa provarci solo chi ha accesso al denaro del finanziamento pubblico .

Ma soprattutto nessun segnale di politica, nessuna indicazione “pro choice”, solo qualche stanco e sfumato accenno di eterna “no choice”.

“Coloro che sognano di notte negli angoli polverosi del loro cervello si svegliano al mattino per scoprire che tutto è vanità; ma coloro che sognano ad occhi aperti, di giorno, sono uomini pericolosi, poiché possono far sì che il loro sogno divenga realtà”: stabilito che Penati non è un uomo pericoloso, secondo la definizione di T. E. Lawrence, sarà meglio che ci si attrezzi per cercare in fretta una sognatrice o un sognatore per Milano, altrimenti si resta nel deserto e senza nemmeno l’effimera gloria di Lawrence d’Arabia.

 

Franco D’Alfonso

 

 



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