2 marzo 2010

LA CITTÀ E I GIOVANI


Esiste un rapporto diretto tra spazi della città e benessere della popolazione? Esiste una connessione fra luoghi di vita e stati d’animo? Non vi è dubbio che una città può considerarsi armonica, razionale e rispondente alle aspettative dei suoi abitanti quando è in grado di offrire ambienti accoglienti, stimolanti, vivi. Ciò vale in special modo per i giovani. Se per gli adulti vivere in una città poco organica significa sentirsi a disagio, per i giovani crescere in una città caotica e scostante significa compromettere le impressioni iniziali e più durature della propria esperienza di vita cittadina. Una città deve poter offrire ai giovani luoghi di riunione, di sosta, di ritrovo; luoghi che rispondano ai loro desideri e alle loro richieste. E’ in grado Milano di proporre tali luoghi alla sua gioventù? La risposta è no; ed è una risposta negativa che vale non solo per i giovani, ma per i cittadini di ogni età. Milano è diventata brutta; e lo sta diventando sempre di più. Della città storica, quale si presentava Milano nel secolo XIX, ricca di acque e fiorente di giardini, attraversata da eleganti strade e punteggiata d’invitanti piazzette, oggi non è rimasto più nulla; dopo gli interventi avvenuti nel XX secolo, prima e dopo l’ultima guerra, Milano è diventata una città caotica, disordinata, disabilitante. Le colpe ricadono non soltanto sul basso livello di cultura e sullo scarso senso civico d’imprenditori e costruttori; ma anche sull’incompetenza e irresponsabilità di politici e Amministratori Comunali, a qualsiasi orientamento politico essi appartengano. E’ in loro potere, infatti, stimolare le risorse umane; porre obiettivi agli operatori privati; favorire le iniziative che alla città possono dare vita e fervore. In realtà gli Amministratori hanno perso ogni interesse per la loro città, e non sembrano dolersi di vederla crescere ogni giorno più brutta e disordinata.

Come si dovrebbe invece agire per ridare alla città il fascino di una volta, per renderla gradita a chi la abita, e invitante per tutti i giovani che nella città vivono, o vengono a studiare, o si fermano a lavorare? Vi è una possibilità, inaspettata e nuova; vi è un’entusiasmante opportunità che potrebbe dare inizio a una rigenerazione della vita cittadina, a un miglioramento della qualità urbana.

Questa felice opportunità consiste nella ricchezza di energie e d’intelligenze offerta generosamente dal volontariato; cioè da un patrimonio intellettuale e morale che i giovani, e soprattutto loro, sono pronti a dare con slancio e spontaneità. Di solito il concetto di volontariato è collegato a opere di beneficenza o di assistenza morale o medica; cioè a opere umanitarie. In realtà il volontariato può esplicarsi anche in azioni di studio, di ricerca, di stimolo intellettuale, cioè in azioni culturali. E’ uscito sul Corriere della Sera del 10 Febbraio 2010 un incoraggiante articolo di Marco Vitale, in cui si fa un caldo l’elogio del volontariato e delle enormi risorse che da esso si possono attendere. L’Amministrazione Comunale di Milano dovrebbe far tesoro di queste risorse; organizzarle, guidarle, convogliare verso scopi d’interesse civico; e per ottenere ciò si dovrebbe creare un nuovo Assessorato, oggi ancora inesistente, e destinarlo espressamente al coordinamento e all’utilizzo dei sempre più numerosi giovani volontari. La nuova collaborazione fra Amministratori e amministrati, fra Comune e cittadini, permetterebbe di rilanciare molte attività oggi ferme o languenti; di riattivare molti servizi oggi assenti o difettosi; di riaprire molti spazi oggi chiusi o inutilizzati. Se è vero infatti che senza l’intervento di un solerte volontariato molte attività d’interesse civico non possono a lungo perdurare, è anche vero che senza uno stabile patrocino del Comune quelle stesse attività neppure riescono a decollare.

Se si volesse ridare vita a una zona della città oggi priva di attrattive e poco frequentata, il Comune dovrebbe dare una mano a tutti quei volontari che sono disposti ad avviare nella zona nuove attività; e portarvi animazione e suscitare interessi: gestione di un bar per giovani studenti; apertura di un ristorante di cibi ricercati; organizzazione di una discoteca per musica selezionata, sono esempi in cui la cooperazione fra volontariato ed Ente Pubblico potrebbe esplicarsi con successo. In aiuto alle diverse forme di volontariato il Comune dovrebbe intervenire e garantire la sua presenza. Come? Concedendo alleggerimenti fiscali, oggi ancora gravosi; semplificando procedure burocratiche, oggi ancora lente; assicurando trasporti efficienti tra le varie parti della città, oggi ancora mal collegate.

Se si volesse creare un’isola di verde, un luogo di ritrovo e di riposo, e metterlo a disposizione del quartiere, il Comune dovrebbe fornire l’area e l’impianto della vegetazione, mentre i volontari dovrebbero accollarsi il compito della manutenzione, della cura, della custodia. Si presenta oggi a Milano un caso concreto, facilmente risolvibile, e tuttavia rimasto ancora dolorosamente irrisolte: esiste fra via Terraggio e via S. Agnese (zona Magenta) un piccolo e incolto appezzamento di verde pubblico che un gruppo di madri, residenti nel quartiere ha chiesto al Comune di aprire e trasformare in area da gioco per bambini e di riposo per anziani; in cambio le madri offrivano la disponibilità di curare volontariamente la sorveglianza, la sicurezza e la buona conservazione del giardino. Il Comune, avvalendosi di ridicole scusanti, non ha dato ascolto alle richieste delle madri. Oggi il giardino rimane ancora inaccessibile, ed è ridotto a un’impraticabile sterpaglia. Un isolato e raccolto angolo di verde, ricco di numerosi alberi d’alto fusto, resta sconosciuto e inutilizzato dentro l’affollato centro storico della città; e ciò avviene perché è mancata l’intenzione, la capacità, o meglio la volontà del Comune di ascoltare le ragionevoli proposte di generose madri piene di buona e sincera volontà.

Se si volesse offrire a tanti giovani sportivi un sistema capillare e diffuso di campi da gioco e di palestre, il Comune dovrebbe addossarsi il costo delle costruzioni, mentre i volontari potrebbero assumersi il compito della gestione.

Esiste a Milano, presso Porta Volta, il Piccolo Circo: una scuola di esercizi ginnici e di giochi acrobatici destinata esclusivamente all’infanzia. La scuola vive del contributo versato dai genitori, e si sostiene con l’insegnamento fornito da giovani istruttori. Il Comune non sembra voler facilitare l’attività del Piccolo Circo; anzi recentemente ne ha imposto lo sgombero dall’attuale sede, e il trasferimento in altra zona della città, meno accessibile e meno servita. Non è questo il modo di sostenere il volontariato. In vista di un più ampio sviluppo della vita culturale della città l’aiuto richiesto al Comune per il Piccolo Circo, dovrebbe essere dato ai giovani anche per altre attività connesse allo spettacolo, alla musica e all’arte.

Tutti conoscono l’affronto perpetrato dal Comune ai danni dell’Associazione Italia Nostra; alla quale è stato tolto, per ragioni poco limpide, la gestione del Parco delle Cave. Il Parco, nel corso dell’ultimo decennio, era cresciuto su terreno di proprietà comunale, e si era sviluppato e abbellito per merito dei giovani di Italia Nostra, appassionati e competenti prestatori di lavoro volontario. Intollerante della loro autonomia ideologica, il Comune ha estromesso i bravi volontari, ed ha trasferito la gestione del Parco ad associazioni di orientamento politico affine a quello dell’attuale maggioranza consigliare. Una collaudata e lunga cooperazione tra Ente Pubblico e volontariato viene così brutalmente soppressa.

Dai cittadini non sono richiesti solo luoghi di divertimento e di svago; si desiderano anche luoghi di studio, di lettura, di conversazione; questi potrebbero essere insediati nelle biblioteche di quartiere oggi non sufficientemente utilizzate per colpa di orari insoddisfacenti e di spazi inadeguati. Il contributo fornito da squadre di volontari nelle funzioni di controllo e di gestione permetterebbe di trasformare le biblioteche di quartiere in centri di studio e di dibattito culturale. Occorre tuttavia che alla promozione e al sostegno dell’Ente Pubblico, si accompagni il lavoro e lo slancio dei volontari privati.

Un’attività culturale d’iniziativa privata, affermatasi recentemente con grande successo, è il ciclo di dibattiti periodici organizzato dall’arch. Emilio Battisti nel suo studio professionale. Iniziato come occasione d’incontro fra pochi amici, il ciclo è diventato via via più conosciuto, e ora è frequentato da numerosi appassionati, desiderosi di ascoltare e di parlare. Non sembra che il Comune di Milano abbia dimostrato grande interesse per questa meritevole iniziativa di volontariato, né che si sia preso cura di sostenerla, incoraggiarla, diffonderla; e un tale disinteresse è deludente e colpevole.

Nell’articolo di Angela Cattaneo, pubblicato nel numero di Febbraio 2010 dalla rivista bimestrale “PAESAGGIO URBANO”, si commenta il quartiere di case popolari “Villaggio del Sole”, costruito presso Vicenza. Nell’articolo si fa riferimento al concetto di “qualità della vita”, cioè all’esigenza di spazi accoglienti e di luoghi urbani gradevoli all’interno del contesto urbano. Ma nel concetto di “qualità della vita”, oltre alla felice configurazione degli spazi, va anche inclusa ogni forma di attività culturale e intellettuale che può essere espressa dalla città. Al Comune spetterebbe fornire e rendere disponibili gli ambienti e luoghi dove i giovani possano riunirsi e ritrovarsi; e i giovani da parte loro dovrebbero prestare l’entusiasmo e l’energia, di cui sono ricchi, per assicurare una corretta gestione e conservazione dei luoghi a loro affidati.

Avendo esclusivamente in vista futuri successi elettorali, il Comune ama promuovere grossi e appariscenti avvenimenti spettacolari, come l’inqualificabile ruota panoramica al Parco Sempione; oppure la dissennata canalizzazione d’acqua tra Fiera di Rho e Darsena di Porta Ticinese: progetti grandiosi, inutili e del tutto estranei alle vere necessità della popolazione. I soldi buttati via dal Comune per riempire Piazza della scala di giganteschi lumaconi dal disgustoso colore vinaccia; o per allineare in via Monte Napoleone grottesche automobili di plastica trafitte da alberelli di Natale, sarebbero spesi meglio se venissero dirottati verso un programma di solidarietà e di sostegno a tanti giovani volontari, e venissero rivolti a obiettivi di più consistente utilità civica.

Oggi è tale il livello di diffidenza e di sfiducia verso le Istituzioni Pubbliche, che solo nella combinazione d’iniziativa comunale e di volontariato privato sta la speranza di poter offrire nuovi spazi d’incontro, di ritrovo, di dibattito. Sarebbe un modo concreto per opporsi alla disastrosa tendenza, sempre più dilagante, di privatizzare ogni funzione della vita collettiva, e di affidare esclusivamente a imprenditori privati la gestione di servizi urbani essenziali e insostituibili. Alla grave carenza delle strutture pubbliche, si deve aver fiducia nel prezioso aiuto offerto dal volontariato.

Jacopo Gardella


 



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