2 marzo 2010

UN MANDARINO IN CINA E UN ROM A MILANO


Nel “Papà Goriot” di Balzac Rastignac, giovane studente parigino, chiede al suo amico Bianchon che cosa farebbe se potesse diventare ricco uccidendo un vecchio mandarino in Cina con la sola forza di volontà, senza allontanarsi da Parigi. Noi potremmo chiedere ai milanesi che cosa farebbero se potessero far scomparire con la sola forza della volontà i Rom da Milano senza che nessuno li sospetti, abbandonandoli al loro destino, per sentirsi più sicuri.

La “parabola del mandarino” di Balzac lasciò il segno e aprì un dibattito e ancora oggi ne siamo coinvolti tra etica della vicinanza ed etica della lontananza. Sottigliezze che non interessano la Giunta milanese che sembra preoccupata soltanto che una soluzione del problema tolga un mattone all’accurata costruzione del clima di paura che consente loro di ramazzar voti. Agli adulti è inutile raccontare truci favole infantili di bambini persi nel bosco, di orchi, di streghe perché corrano a nascondere il loro volto spaventato e lacrimante nelle sottane della mamma – la destra politica – ci vuole qualcosa di più adatto all’età: ecco i Rom o gli immigrati, meglio se scuri di pelle.

D’altro canto si è visto che nella giostra delle paure quella dei diversi è la più efficace perché mette insieme la paura fisica – aggressioni, furti, scippi – tipica delle persona anziane, con la paura economica di chi vede negli immigrati un pericoloso competitore nel mondo del lavoro. Per questa destra politica gli immigrati sono necessari come l’aria che respira, guai se non ci fossero, sarebbe una seconda caduta del muro di Berlino. Ieri c’è stato il loro sciopero e solo questa destra ottusa non ha voluto capirne il significato: chi sciopera, nessuna differenza tra regolari e irregolari, si colloca all’interno delle istituzioni democratiche. Altro è darsi all’improvviso a rivolte di piazza magari come risposta a una provocazione, altro è annunciare una manifestazione e tenerla entro gli ambiti del viver civile.

In questo Paese se Don Virginio Colmegna ha paura per gli adolescenti rom, come ci dice nell’intervista che pubblichiamo su questo numero del nostro giornale, cosa dovremmo dire noi in generale? I messaggi di giornali e televisione – e perché no quelli pubblicitari – sono all’insegna della schizofrenia pura: da un lato la moda spinge a fa vestire tutti nello stesso modo, possibilmente della stessa griffe, dall’altra spinge a essere diversi, a far parte di un mondo esclusivo: club esclusivi, vacanze esclusive, automobili esclusive. Siamo oramai dentro fino al collo nell’egoismo di massa, una sorta di pulsione collettiva che ci vede uniti come prede della demagogia ma nemici uno all’altro: sono i guasti del berlusconismo.

Eppure dalla fascia più giovane della società arrivano segnali deboli che fanno sperare. Da un lato il numero crescente di ragazzi che si dedicano al volontariato, una delle forme per manifestare due cose insieme: l’insofferenza per le carenze ormai macroscopiche dello stato sociale da un lato e dall’altro la disponibilità all’impegno personale nel sociale. Ma non si fermano qui i segnali. I giovani, gli studenti universitari in particolare, hanno nei confronti della scuola e della vita un atteggiamento abbastanza diverso da chi li ha preceduti anche solo di pochi anni: hanno capito che i loro genitori non saranno in grado di fornir loro lo stesso tipo di tutela economica che i loro nonni hanno dato ai loro figli, ossia ai loro genitori. La società si è impoverita complessivamente e dunque bisogna pensare di farsi largo con le proprie risorse: preparazione culturale e professionale e disponibilità a un impegno serio nel lavoro. Insomma, sembra proprio che alla generazione dei “bamboccioni” ne succederà una molto meno “adagiata”.

Nel moto ondulatorio della società forse siamo passati dalla curva del disimpegno alla curva dell’impegno. Questa gioventù va protetta e forse i “nonni” potrebbero dare una mano cercando di passarle il testimone dell’impegno civile, cosa che a loro non è sempre riuscita con i propri figli.

LBG



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