2 aprile 2019

IL BILANCIO PREVISIONE 2019–2021 DEL COMUNE DI MILANO

Autonomia locale e sostenibilità finanziaria


Gli interventi dell’Assessore Tasca e del Presidente di Commissione Conte nella seduta di Consiglio comunale del 25 marzo scorso, hanno ben delineato le caratteristiche di questo bilancio nella sua robustezza attuale e nella sua debolezza prospettica. Un bilancio che è figlio di due storie concomitanti e negative: la prima è quella dell’eredità che queste ultime amministrazioni hanno ricevuto dalle Amministrazioni di centrodestra ed in particolare da quella Moratti che si è chiusa nel 2011; l’altra derivata dagli interventi dei governi centrali a partire da quello Berlusconi, che cominciò a determinare lo squilibrio di tutta la finanza locale attraverso l’improvvida abolizione dell’ICI, fino a quella degli ultimi governi.

Quando parlo di eredità delle amministrazioni di segno precedente intendo ricordare un bilancio che a preventivo aveva un avanzo teorico di 72 milioni di euro, ma un buco reale di 300 milioni per la questione nota e ben conosciuta della vendita irrealizzabile delle quote Serravalle, nonché un indebitamento di 4.2 miliardi di euro a libro ai quali però in realtà andava e va in buona parte ancora adesso aggiunto un ulteriore indebitamento reale di almeno 2 miliardi di euro derivante dalla somma delle varie quote del project financing da rimborsare nelle partite correnti come canone per trent’anni a partire dal 2013.

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In pratica un bilancio che era in squilibrio strutturale sulle partite correnti, che veniva coperto con operazioni spot straordinarie, aggravato dalla retorica del non mettere le mani in tasca ai cittadini che portava al mancato adeguamento tanto delle tariffe, quanto delle tasse, perfino rispetto all’inflazione per generare la sensazione della città governata con la cornucopia, ma che in realtà apriva delle vere e proprie voragini e dei buchi nei pantaloni dei cittadini stessi.

Il grande indebitamento veniva gabellato come determinato dagli investimenti, ma in realtà scontava lo squilibrio cumulato di partite correnti e della finanza creativa, dal project financing ai derivati, ai fondi immobiliari affidati ad una banca che determinavano la copertura del bilancio negli anni di gestione Moratti e l’onere della copertura negli anni successivi, portando così la città ad una situazione che nel 2011–2012 era pericolosamente vicina al dissesto.

La scelta dei governi nazionali per affrontare la crisi del 2011 è stata, come è noto, anche se non soprattutto quella di una centralizzazione burocratico-statale molto spinta. Pochi numeri spiegano molto se non tutto: dal 2014 al 2017 il comparto delle autonomie ha contribuito al contenimento della spesa di Stato per 22 miliardi di euro all’anno, mentre i diversi Ministeri hanno fatto la propria parte per 4 miliardi di totale e la famosa flessibilità concessa dalla U. E., cioè la spesa in debito, è stata incrementata di 21 miliardi all’anno.

Per il Comune di Miliano, come ci ha ricordato l’Assessore, i trasferimenti statali si sono ridotti percentualmente di quasi un terzo e, ricordo io, si sono ridotti a meno della metà in valore assoluto rispetto al 2011. L’aver mantenuto e anzi incrementato il livello dei servizi dal 2011 ad oggi in queste condizioni di bilancio, è un risultato straordinario realizzato dall’Amministrazione Pisapia confermato e perfezionato al meglio dall’attuale Amministrazione.

La riduzione di 500 milioni, come previsto peraltro dai piani di rientro dei mutui e il contenimento della spesa per 100 milioni, essenzialmente con operazioni di razionalizzazione e verità predittiva, cioè con la pratica eliminazione dei residui non spesi, è certamente un risultato di cui l’Assessore Tasca può avere giusto merito e vanto. Ma come da tempo si diceva, senza una decisa inversione di tendenza e cambio di politica, il bilancio del Comune di Milano non sarà più gestibile già dopo il prossimo biennio, senza interventi drastici e dolorosi, senza tagliare o diminuire il livello dei servizi offerti.

190402_D'Alfonso-02Se fino ad oggi, e anche oggi, dalle società partecipate è potuto arrivare un aiuto straordinario e non limitato ai soli dividendi, che comunque sono i più alti d’Italia, ma anche all’attività di gestione ottimale di funzioni pubbliche dai trasporti, all’energia, ai rifiuti, molto presto anche per la persistenza di una legislazione scioccamente punitiva nei confronti delle nostre aziende, non sarà più sufficiente questo apporto.

È necessario aprire adesso un grande dibattito pubblico sulla finanza locale e sulla fiscalità autonoma, sottraendosi alla polemica di giornata che, spero, non vada in onda anche in questa occasione qui in quest’Aula, anche se la presenza di duemila emendamenti del tutto privi di contenuto e significato, non mi fa essere ottimista sul punto.

La riforma istituzione delle autonomie è la riforma decisiva per garantire sostenibilità finanziaria ed efficacia delle Istituzioni, non può essere fatta per decreto o per colpi di maggioranza più o meno estemporanea.

Approvando il bilancio 2019–2021, prendendo atto della situazione, il Comune di Milano ha il dovere di prendere l’iniziativa e la guida di questo dibattito, che riguarda uno dei pilastri della costruzione democratica del Paese, la condizione di equilibrio finanziario che è una condizione fondamentale per mantenere un assetto democratico equilibrato.

Milano è stata fino ad adesso di esempio, mi auguro che lo possa essere ancora in futuro, ma io credo che debba fare un passo in più, il Consiglio comunale e il Comune di Milano devono porsi come motore di questo dibattito e di un confronto che porti ad un risultato concreto nel più breve tempo possibile.

Franco D’Alfonso
Consigliere lista “Noi Milano”



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  1. Andy77E' un'analisi lucida e onesta che sottende un concetto che nessuno riporta: non può esistere equità se i bilanci non sono in ordine e solidi. Chi si lamenta delle politiche attuali del comune di Milano lo fa in malafede, se per esempio si aumentano le tariffe ATM (oltretutto estendo la tariffa unica alla prima fascia di hinterland) esiste un motivo e gli ricorderei la gestione Catania che aveva portato ATM al collasso. Sarà quasi impossibile avere un autonomia degna di questo nome per gli enti locali ma forse un prerequisito importante si potrebbe ottenere: non solo l'importo dei trasferimenti è importante, anche l'aspetto temporale ha i suoi effetti; si potrebbe chiedere allo stato centrale che l'esazione delle imposte (intendo IRPEF e IRES) venga fatta confluire direttamente nei conti dei comuni che poi, detratta la parte di propria competenza, venga trasferita all'amministrazione centrale. Questo aspetto forse lo si potrebbe ottenere in tempi ragionevoli La parte legata all'autonomia istituzionale e impositiva richiederà molti anni credo.
    3 aprile 2019 • 18:52Rispondi
  2. Gianluca GennaiPremetto che non mi interessa molto l'economia se per economia si intende quella strategica a livello politico. Le politiche economiche della giunta milanese, sono certo migliori rispetto a altre città d'Italia ma non le migliori in assoluto e, tra chi non è in sintonia con esse, alcuni saranno anche in malafede ma non tutti. L'dea che chi si oppone o protesta, sia contro Milano, è puramente strumentale. Se si prova a comprendere le ragioni di un aumento del biglietto dei trasporti, non si può fare a meno di pensare alla polarizzazione politica dell'argomento, in seno alla lotta tra comune e regione rispetto ai fondi statali, erogati alle regioni per migliorare i trasporti pubblici e negati a Milano con buona pace dell'assessore Tasca che non si è mai risparmiato sull'argomento. Ma il punto è: davanti a un bilancio in attivo di ATM e delle consociate, davanti a un bilancio del comune in attivo e in rapporto alla unilateralità obbligata di esso, tenuto conto del fatto che ATM è del comune e che lo stesso ha dichiarato guerra alle auto definite inquinanti e principali responsabili della presunta precarietà della salute dei milanesi, mi pare una piena contraddizione che peratro colpisce proprio quella fascia di cittadini che, da una parte debbono lasciare a casa la loro euro3, e dall'altra devono tirare fuori più quattrini per muoversi ( non dobbiamo dimenticare che la fascia medio bassa, vive in periferia, assai carente di mezzi pubblici veloci e di qualità, soffre da anni una disoccupazione altissima e si trova oggi nella fascia tra l'indegenza e il precariato cronico ). Questa manovra la si percepisce come un cortocircuito e fa pensare a un lavarsi le mani alla Ponzio Pilato, in attesa di una decisione del sinedrio, dove il trasporto pubblico è misericordioso rispetto ai tanti disperati e malintensionati che ne fanno uso gratis, tuttavia sottomesso alla decisione dei potenti tra una sinistra in crisi d'identità e una destra che prende decisioni di sinistra.
    16 aprile 2019 • 16:10Rispondi
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