25 gennaio 2019

MILANO SMART CITY VERA O PRESUNTA

Riflettere sulla vera città


Pensare Milano come una smart city pare sia l’esercizio più in voga in questi tempi di nebbia fitta dove molti si muovono senza sapere esattamente dove andare, tuttavia, inosservati, troneggiano a vari livelli senza incontrare resistenze, anzi trovano compiacenze. Smart city significa città intelligente? L’interpretazione non è così banale come sembra, e si presta a interpretazioni, purtroppo anche a strumentalizzazioni, che tendono a polarizzare gli strati sociali secondo canoni spesso assoggettati a interessi lontani dall’essere funzionali alla costruzione di una mentalità civica adatta a un ambiente “smart”.

190125_Gennai-02Questo concetto nasce grazie all’Agenda per l’Italia Digitale e prende corpo con la collaborazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale considera le città smart come “spazi urbani entro i quali le comunità residenti (la community) possono incontrarsi, scambiare opinioni, discutere di problemi comuni, avvalendosi di tecnologie all’avanguardia”.
Questa definizione ufficiale, non colma il recipiente già molto ricco di significati e interpretazioni, per via della fluidità in cui si trova la società moderna, alle prese con molti problemi tra i quali l’identità. Oggi si tende a parlare più di smart community che di smart city, perché non si può parlare di una città intelligente se prima non lo è la classe che la dirige e la gestisce, tale da diffondere poi un’identità sociale definibile smart (anzitutto l’esempio).

Grazie alle opportunità fornite dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, si dovrebbe favorire la partecipazione dei cittadini nella definizione e nella realizzazione di un sistema integrato di politiche urbane sostenibili e mirate al miglioramento della qualità della vita. Il concetto di Smart City, dunque, è alla base delle soluzioni strategiche che riguardano le problematiche di un processo, oramai irreversibile, di agglomerazione urbana e partecipazione pubblica.

Il fenomeno dell’urbanizzazione aggressiva e cementificatrice, ha generato una serie di importanti esternalità negative sia di natura fisica sia di natura organizzativa. Riguardo le prime, risultano in evidenza le complicazioni connesse alla gestione dei trasporti pubblici e dei rifiuti, all’inquinamento atmosferico, al traffico e alla scarsità delle risorse non inquinanti. Per le seconde, invece, si devono considerare le difficoltà di carattere logistico, come ad esempio: l’inefficienza dei servizi pubblici, le difficoltà di accesso da parte dei cittadini ai beni e ai servizi offerti loro dallo Stato e la sperequazione sociale. Una città per essere smart deve far fronte alle esternalità negative. Per affrontare un problema di tale portata e complessità, è necessario affidare il processo decisionale a diversi attori: Università, Industria, Società civile e Governo.

I vari attori coinvolti si distinguono per gradi e livelli d’interdipendenza e alcune volte hanno obiettivi e valori competitivi tra loro, cosa non sempre positiva. La figura degli attori è strettamente collegata al processo d’innovazione tecnologica, economica e sociale, in effetti, si evidenzia l’importanza del collegamento di questi con il territorio. Tale interazione, risulta essenziale per evitare l’imposizione, autoritaria e rigida, da parte di una sola classe dirigente. Oggi è necessaria la partecipazione pubblica attiva e una visione aperta della gestione di una città complessa come Milano. L’idea di controllare il processo, riguarda la diffusione di forme di partecipazione democratica a livello locale, così da permettere il coinvolgimento dei cittadini, cosa che a Milano avviene parzialmente e, in alcuni casi strumentalmente.

Tale proposito, ha lo scopo di proporzionare i regimi che regolano la vita dei cittadini, focalizzandosi sul perfezionamento dell’accesso ai servizi d’interesse pubblico sia da parte dei singoli soggetti che dai soggetti collettivi (imprese). L’accentuazione individualistica ha favorito forme di partecipazione attive dei cittadini nel sistema di welfare locale. Ecco come, anche dal punto di vista sociologico, la dimensione locale della città e il famoso parametro della vivibilità trovano esplicitazione nella richiesta di una City certamente sempre più Smart ma anche sempre più aperta alla discussione pubblica anche tecnica su cosa fare, senza occludere quelle visioni ponderali di sviluppo, assai poco di moda nella Milano di oggi che, ha seguito all’ultima crisi economico-finanziaria internazionale, ha dato sempre più importanza alle misure economiche, come il Prodotto Interno Lordo (PIL) e a indicatori più ambiziosi di benessere che di fatto, hanno aumentato le distanze sia sociali che economiche tra centro e periferia, fino a togliere opportunità di miglioramento e libertà di spostamento, a favore di una coercitiva funzione di attenuazione anche dell’inquinamento, come se un certo ceto sociale fosse il solo responsabile del fenomeno.

Secondo il mondo accademico, i parametri di misura che classificano le smart city si riassumono in 6 assi: mobilità, qualità dell’ambiente, governance del sistema urbano, contesto economico, partecipazione alla vita sociale, vivibilità.
Progressivamente si arriva a quella che è la caratterizzazione fondamentale di smart city: ossia un risultato integrato di aspetti “hardware” e “software”, in grado di combinarsi fra loro assicurando a chi lo vive una migliore qualità della vita ( fonte: TEH – Ambrosetti ).

Gli assi su cui si dovrebbe sviluppare il concetto di smart city, sarebbero: mobilità, ambiente ed energia, qualità edilizia, economia e capacità di attrazione di talenti e investimenti, sicurezza dei cittadini e delle infrastrutture delle città, partecipazione e coinvolgimento dei cittadini. Condizioni indispensabili per definire una città “smart“ sono una connettività e la digitalizzazione delle comunicazioni e dei servizi nel più moderno termine ICT (Information and Communication Technology).

Milano sta lavorando molto sull’argomento e primeggia nella classifica italiana, ma la troviamo in 60esima posizione a livello europeo. Poi c’è Torino, 69esima, Roma, 71esima. Più indietro Napoli, 83esima. L’ingresso in classifica è principalmente dato dai buoni risultati ottenuti sul fronte degli edifici a basso impatto ambientale (ma solo quelli nuovi e destinati a un ceto alto). Male i rifiuti nonostante l’ottimo risultato di AMSA sulla differenziata, troppi rifiuti vengono spediti in discarica per mancanza di un’efficace industria del riciclaggio: la loro gestione fa scivolare le quattro città tra le posizioni 48 e 51.

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A valle di tante precisazioni su cosa e come fare, la nostra città resta indietro la dove invece si vanta di più in modo narcisistico e totalmente irrealistico, cosa che viene continuamente sottolineata dai tanti “non italiani“ presenti in città che esprimono pareri positivi solo in ambiti classici quali: moda, cultura, arte, cucina, vita notturna.

A pesare negativamente sono proprio i capitoli smart della digitalizzazione e dei trasporti pubblici. I cittadini europei compresi gli italiani, non sono soddisfatti dei mezzi pubblici con indici macro nelle connessioni da e per le periferie: Milano, Torino e Napoli sono tra le posizioni 87 e 89. Roma fa ancora peggio, guadagnando la 95esima posizione in base al rating. Va invece molto meglio il car sharing, con Torino in testa per soddisfazione (19esima), seguita a stretto giro da Milano e Roma. Mentre Napoli resta in 90esima posizione.

La prima città italiana per velocità di connessione è Milano, 67esima, che riesce a scalare la classifica dello Smart Cities Index grazie alla rete di wi-fi gratuiti sparsi per il centro urbano, nonostante non tutta la città goda di un buon livello di connettività, con punte negative nelle periferie. Le altre invece scivolano in basso, con Napoli come fanalino di coda sia per connessione sia per la digitalizzazione dei servizi pubblici.

Sul fronte degli investimenti, ovvero dell’attrattività, tutte le città italiane sono fuori dalle prime 50. In questo caso molto dipende dalle agevolazioni e dalle norme nazionali ma qualche risultato dipende anche da alcune scelte che possono essere effettuate a livello amministrativo o da parte di sistemi di imprese di territorio. E’ così spiegato lo stacco di Milano (55esima) sia pure molto in ritardo rispetto alle città europee ma meglio nei confronti delle altre tre città italiane, che scivolano dall’86esima posizione alla 94esima.
Se questa è una valutazione sulla quale basare un processo di priorità, allora c’è molto da riflettere sulla capacità di amministrare una Milano che cerca di capire perché non è stata scelta per EMA ne viene data come attrattiva a livello di scelta del vivere, qui non si tratta di complotti ne assiomi politici di contrasto, sono i giudizi della gente e questo è il punto da cui partire prima di evadere dalle proprie responsabilità spargendo incenso ovunque, in odore di santità.

Gianluca Gennai

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  1. Carlo GeriSmart city significa città intelligente? Sì, se lo sono i cittadini. Ma come si fa a far divenire il "Cittadino indistinto" un "Cittadino Smart"...con il digitale in tasca, al centro, non solo come fruitore, ma anche come contributor ? E che ne è del concetto di "Cittadinanza digitale" di cui si parla nel Piano Triennale AGiD ? Non vedo fervore nel favorire l'inclusione nel "digitale" del "cittadino analogico". Severgnini se l'è chiesto... Rileggerò l'articolo
    2 febbraio 2019 • 11:19Rispondi
  2. Gianluca Gennaile sue osservazioni sono assolutamente pertinenti e arrivano da una forte sensibilità sull'argomento oltre che dal suo impegno a favore della digitalizzazione al servizio del cittadino, il suo progetto ne è la prova. Purtroppo non c'è una regia ( pubblica ) in grado di raggruppare le varie competenze, anche private, verso una piattaforma comune che faciliti l'intero processo ne facile ne scontato. Il suo lavoro è prezioso e mi auguro che venga incentivato e promosso ma soprattutto spero in una Milano che dia spazio e risorse ai progetti come il suo, cessando di incensarsi e auto celebrarsi dopo i successi di Expo, per ritornare ad essere una città concreta e con i piedi per terra.
    8 febbraio 2019 • 15:16Rispondi
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