15 febbraio 2010

DA ROSARNO A VIA PADOVA


Non c’è niente da fare: parlare positivamente di Milano, in questo periodo, è semplicemente impossibile. Non c’è giorno che passi senza che dalla nostra città partano segnali che riflettono la deriva alla quale l’intero Paese sta giungendo. Non avevamo fatto in tempo a metabolizzare la notizia dell’ennesimo caso di corruzione, l’ormai celebre “caso Pennisi”, che il sabato sera meneghino ci ha regalato immediatamente un nuovo spunto di riflessione e tremenda amarezza. I fatti di via Padova ci mostrano quello che Milano è diventata: una città chiusa, una città che emargina, una città che odia.

L’amministrazione comunale non sembra essere in grado di tenere il polso della situazione, la politica di governo della destra milanese (da 16 anni al comando della città) non è adeguata alle esigenze dei cittadini. La maggior parte dei 200mila stranieri che popola la città è esclusa e ghettizzata nelle zone periferiche, i messaggi lanciati da una consistente parte della politica italiana vanno in questa direzione. Emblematica in tal senso l’immediata reazione agli incidenti di sabato dell’europarlamentare-consigliere comunale Matteo Salvini che propone “espulsioni casa per casa” e scarica la colpa sui soliti “magistrati che non fanno fino in fondo il loro mestiere”, smentito poche ore dopo anche dal ministro dell’interno Roberto Maroni. Un altro aspetto inquietante della faccenda è la rapidità con la quale l’assassinio di un ragazzo di 19anni sia passato in secondo piano a fronte della reazione dei suoi connazionali, non si può fare a meno di pensare che se fosse stato ucciso un ragazzo italiano avremmo assistito a reazioni altrettanto violente, specialmente a livello politico.

Segnali di una convivenza difficile ce n’erano già stati nel capoluogo lombardo: dagli scontri tra la comunità cinese e la polizia per una multa per sosta vietata nell’aprile 2007; alla manifestazione di protesta di migliaia di persone- nel settembre del 2008- dopo l’uccisione del giovane Abdul Guibre (cittadino italiano originario del Burkina Faso ucciso a sprangate dai gestori di un furgone bar per un pacchetto di biscotti rubato). Nonostante le avvisaglie le risposte date dalle autorità si sono rivelate inadeguate: invece che sulle politiche d’integrazione si è preferito far leva sulla paura dei cittadini, si è preferito ragionare per facili slogan utili a raccogliere voti anziché ad affrontare problemi reali. Si è scelto di intraprendere la strada più facile che, come spesso avviene, si è rivelata anche la più sbagliata.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti e percorre ad alta velocità tutta la penisola: da Rosarno a via Padova.

Giovanni Zanchi

 



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