15 febbraio 2010

ALLA RICERCA DEL MITICO CENTRO


Le elezioni si vincono al centro. Questa affermazione è condivisa da quasi tutti i leader politici del PD e spiega la rincorsa continua all’UDC oggi al ccd ieri, la mancata scomunica di Rutelli, la rottura a sinistra, l’allergia ai radicali, il proliferare di liste civiche etc. Nel PDL questo problema non se lo pongono: il centro sono loro, la destra sono loro, i riformisti sono loro, i socialisti sono loro, gli autonomisti sono loro, i nazionalisti sono loro. Se occorre imbarcano l’estrema destra senza problemi.

Il PD sembra essere ancora prigioniero di due antitetiche affermazioni: quella di Berlinguer: “con il 51% non si governa” e la più nota: “pas d’ennemi à gauche”. Indici entrambi di una logica proporzionalista e di una permanente insicurezza. Il PDL insicurezze non ne ha, così ad esempio può celebrare Craxi su proposta della Moratti, il cui vice si era incatenato in piazza Duomo con il cartello: «Craxi in libertà, manette all’onestà!».

Tuttavia anche il sicuro PDL nelle elezioni regionali ha bisogno di alleati: l’Italia non è tutta come il lombardo veneto. A loro volta gli entristi hanno esigenza di allearsi con qualcuno in quanto il sistema presidenziali tende naturalmente a favorire il bipolarismo. Questo determina una trattativa permanente in quasi tutto il paese, condizionata anche dal fatto che i sistemi elettorali sono diversi da regione a regione avendo alcune ad esempio abolito il listino come strumento del premio di maggioranza e altre introdotto (e disintrodotto) le primarie.

In quasi tutto il paese, perché in Lombardia il problema non si è posto. Nella nostra regione sono assenti liste civiche alla Poli Bortone, potentati locali alla Mastella, regionalisti alla Lombardo etc. Il centro è limitato l’UDC e il partito dei pensionati; ma questi ultimi non vengono considerati degni di attenzione ancorché la differenza in voti tra i due non sia così abissale. Penati ha così corteggiato l’UDC, mentre questa governava (e governa perché nessuno si è dimesso) con Formigoni e con la Moratti, invitandola al tradimento. L’UDC a sua volta corteggiava il modo del centro destra, riottosa a perdere futuri assessorati. Il PDL faceva occhi dolci ma terrorizzato dalla gelosa Lega, alla fine ha respinto il corteggiamento. Abbandonata dal celeste, piuttosto che allearsi con il Penati perdente l’UDC sceglie di andare da sola, un po’ triste e sconsolata. Molti aspiranti consiglieri sono però pronti a rientrare in maggioranza quando il celeste potrà perdonare Nell’ultimo atto di questo vaudeville alla Feydeau, l’amante respinto, il pd (abbandonato anche dai radicali, incompatibili con Casini) dovrebbe porsi un problema: ne valeva la pena?

Vediamo qual è il peso dell’UDC. A Milano alle europee del 2009, 24237 voti il 3,9% con 6000 voti di preferenza a Magdi Allam e Emanuele Filiberto (difficilmente ricollocabili a sinistra). Alle elezioni per il consiglio provinciale 17000 voti, 3,3%. Nel 2008 al senato 22000 (3,1%), idem alla camera. Due anni prima alle politiche del 2006 raggiungeva il 5,1% con 40000 voti. Alle comunali la lista udc non raggiungeva i 15000 voti. In Lombardia alle regionali del 2005 prendeva 166000 voti (3,8%) più o meno la somma di voti che ccd e cdu avevano avuto nel 2000.

Nelle elezioni comunali tenutesi recentemente i dati UDC non sono diversi e quando ci sono alleanze, sono con il cd. A Cremona prendono il 3,1% al primo turno (al secondo si apparentano con il cd); a Bergamo il 3,3% ; a Pavia il 3% alleati al PDL. Negli comuni minori: Cinisello 3,3% (alleati al PDL al secondo turno); Cologno Monzese 2%; Saronno 4,7% alleato al PDL; Cesano Boscone 2,2%.

In sostanza l’UDC è un partito del 3% con una presenza abbastanza omogenea territorialmente, una struttura locale fortemente orientata verso il cd e un personale politico fortemente orientato verso la governabilità, in calo di voti dal 2006; elettoralmente nella dimensione regionale è ininfluente e il suo risultato dipende molto dall’immagine del leader nazionale, essendo priva di leader locali di primo piano.

L’innesto di Pezzotta, Bonfanti, figure esterne al partito, indubbiamente di maggior spessore, così come l’alleanza con i rutelliani e qualche altro non sembrano poter modificare questo stato di cose.

Modifiche che potrebbero invece essere provocate proprio dal pd. La candidatura Pezzotta infatti, in un contesto che vede per opinione diffusa Formigoni vincitore, potrebbe sottrarre voti a Penati. Non solo perché un ipotetico elettorato cattolico è scontento del PD quanto perché lo slogan di Pezzotta “Liberiamo la Lombardia” è più aggressivo e la personalità del candidato (così come viene venduta dal suo marketing politico) più complessa e culturalmente articolata e inoltre meno milanocentrica.

In altri termini se la campagna elettorale delle regionali, viene vissuta come quella delle europee: più un mega sondaggio che un grande scontro, Pezzotta potrebbe indebolire Penati che potrebbe pure perdere voti verso Cappato.

Il corteggiamento del PD all’UDC produrrebbe quindi un effetto non più alla Feydeau ma alla Scarpetta: cornuto e mazziato o per restare in Lombardia becco e bastonato.

Walter Marossi



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