13 novembre 2018
LA MAESTRA ENTRÒ E DISSE:”DISEGNATE UNA CASA”
La “call” del Comune ad architetti e ingegneri
13 novembre 2018
La “call” del Comune ad architetti e ingegneri
Mi ricordo la mia maestra delle elementari – una plurimaestra di una pluriclasse da sfollati – che una volta entrò in classe e disse: “Disegnate una casa come la vorreste voi”. Tanto per occupare gli allievi della seconda mentre insegnava agli altri. Questo brandello di memoria mi è affiorato quando ho letto il comunicato di Pierfrancesco Maran, assessore all’urbanistica, che lancia una call ad architetti e ingegneri volendo raccogliere idee per la sistemazione di spazi pubblici, piazze, aree di interscambio, e tutte quelle che sarebbero da rivitalizzare inserendovi grandi funzioni urbane e edifici dismessi.
Per parlarne bisogna ancora vedere il vero testo della call e non limitarsi a quel che è comparso nel sito del Comune e che hanno riportato i giornali; però si può cominciare a metter le mani avanti e parlare in generale di questo tipo di operazioni.
È chiaramente un’operazione di marketing politico e mi sta anche bene. Però. Si tratta, per quel che ho capito, di chiedere ad architetti e ingegneri idee progettuali per poi avviare un’operazione di partecipazione che, come dice l’assessore, sarebbe a immagine e somiglianza di quel che si è fatto per gli Scali. Quella fu ed è una gestione della partecipazione che ho sempre stigmatizzato.
A parte quest’ultima critica, spero che ad architetti e ingegneri si chieda poco più di uno schizzo e non un vero progetto completo altrimenti la troverei un’operazione cinica di sfruttamento di questi professionisti: va bene lavorare gratis per la collettività ma non si può giocare sulla speranza di un eventuale incarico remunerato o di un po’ di visibilità.
Comunque vadano le cose si continua a dimenticare quel che alla metà del ‘400 disse il Filarete, caro ai milanesi per le sue architetture: “L’Architettura per nascere (bene NdR) ha bisogno di un padre e di una madre, la madre è l’architetto, il padre è il committente”. In questa occasione – la call – ma anche per gli Scali, chi è il “padre”? Il Comune o i cittadini coinvolti? Il padre – il Comune – dovrebbe saper bene quello che vuole – la sua è una scelta politica -, la madre deve essere una buona “procreatrice”. La scelta della madre non è banale: quale? solo tra le amiche?
Quel che si sta facendo a Milano comunque è meglio che in passato ma non bisogna infilarsi in una sindrome che definirei “YIMBY” – Yes, in My Back Yard* – altrettanto pericolosa quanto la vecchia cara NIMBY – Not in My Bak Yard**: ognuno in questo primo modo dice quel che proprio lui desidera. In queste operazioni chi rappresenta – e come – gli interessi generali della città e i suoi bisogni? Interessi che dovrebbero essere noti e comunicati a chi progetta.
Sarei poi curioso di capire perché questa call riguardi solo architetti o ingegneri. Io la allargherei anche ai sociologi, agli economisti urbani, ai trasportisti, agli esperti di barriere architettoniche, insomma a tutti quelli che hanno qualcosa da dire sulla “macchina” città.
Forse bisognerebbe fare dei gruppi di progettazione. In questa fase? Con che impegno di risorse? Si privilegiano gli architetti e gli ingegneri solo perché sanno fare i rendering comodi da mostrare?
Probabilmente è troppo presto per porsi queste domande: dobbiamo prima vedere come si svilupperà la faccenda. “Rammendare la città”, come ha detto Renzo Piano, è meritorio, tuttavia “adelante con juicio”.
Luca Beltrami Gadola
P.S. De minimis. A proposito di barriere architettoniche, visti altri riordini urbani, ricorderei a chi di dovere che i cordoli dei marciapiedi non devono superare i cm.15 di altezza rispetto al piano stradale (Art. 5/2 DCPR 24 luiglio1996, n.503). I marciapiedi milanesi sono prevalentemente fuori legge. Rispetto delle leggi e magari per gli anziani, sempre più numerosi.
* “Yes, in My Back Yard”: Sì, nel mio giardino
** “Not in My Back Yard”: Non nel mio giadino