30 ottobre 2018

SCALI, BISOGNI E MERCATO

Il sindaco e il futuro di Milano


La presentazione fatta dal sindaco Sala del Piano dei Quartieri, venerdì scorso nella Sala Munari del Teatro del Buratto, avrebbe meritato una sala più grande, meno decentrata e soprattutto sarebbe dovuto essere meglio annunciata. Era un’occasione che molti più milanesi avrebbero potuto cogliere: importanti le cose dette, il tono col quale sono state dette e il “contenuto politico” delle parole del Sindaco. Si è trattato, come ha detto lui stesso, di un bilancio di metà mandato sugli investimenti complessivi conclusi, in corso o futuri del Comune di Milano nel settore dell’edilizia in termini allargati, dalle manutenzioni stradali ai nuovi uffici. Molto importante l’annuncio della consultazione dei quartieri con i nove incontri nelle scuole cittadine. L’organizzazione e la gestione di questi incontri ci faranno capire se il Comune ha imboccato la strada giusta della “partecipazione”.

Questo Sala a me personalmente è piaciuto ma faccio fatica a riconoscerlo nel Sala che gestisce la fase attuale dell’operazione Scali, quella della sua Giunta.

181030_BeltramiGadola_01

Su ArcipelagoMilano dal 2016 sono comparsi cinquantuno articoli, gli ultimi due nei giorni scorsi, la quasi totalità fortemente critica sul modo nel quale il Comune ha gestito e sta gestendo questa vicenda. Quello che si è visto negli ultimi tempi non è in linea con l’ultimo Sala, quello del Teatro del Buratto. Mi viene un dubbio: che abbia “ereditato” dalle Giunte precedenti un frutto bacato? Che abbia ereditato lo stesso timore di Pisapia quando, appena insediato, di fronte alla riconferma dell’Accordo di Programma messo in pista dalla Giunta Moratti non ebbe il coraggio di mandarlo a monte per non essere accusato di voler “fermare Milano”?

Credo di non sbagliare di molto.

Da anni, quando ancora scrivevo su la Repubblica, sostenevo che le aree degli Scali fossero un bene comune di Milano e che le Ferrovie dello Stato, quando ne dismettessero l’utilizzo, dovessero semplicemente restituirlo al suo legittimo proprietario: la città. Il valore di queste aree, la loro “rendita di posizione” doveva esser restituita a chi l’aveva formata. Con un abile gioco di scatole cinesi societarie questa possibilità è giuridicamente venuta meno e anzi oggi assistiamo impotenti all’arroganza di Ferrovie dello Stato che dimentica di essere essa stessa bene comune e non palestra per un autoreferenziale management. Oggi, soprattutto nella vicenda Scali rivendicano un ruolo assurdo da privati.

Fin dall’inizio della vicenda, e ancora oggi, continuo a pormi la stessa domanda: dietro le scelte fatte allora con la prima convenzione e quelle che si fanno oggi c’è un serio esame dei “bisogni” della città? Lo si è mai fatto? In maniera rigorosa con uno strumento che non può assolutamente essere identificato con i meccanismi di “partecipazione” messi in campo sin a poco fa? L’analisi dei bisogni trova nei meccanismi di partecipazione una sua verifica sul campo.

Dalle prime mosse sugli Scali – Giunta Albertini 2001 – son passati 17 anni e, i tempi sono molto cambiati. Oggi in campo non ci sono più rozzi speculatori alla Ligresti che fiutavano l’affare della valorizzazione con i cambi di destinazione e di indici di edificabilità su aree acquisite prima, oggi sono scesi in campo i grandi gruppi e le multinazionali dell’immobiliare e sanno fare il loro mestiere: fare profitti. Lo fanno esattamente come le società petrolifere che estraggono il petrolio dal sottosuolo, estraggono ricchezza dai giacimenti urbani più fertili. Ora ecco Milano.

Questo è il mondo della globalizzazione, a chi piace a chi meno.

Mai come ora in un mondo senza regole globali bisogna che ciascuno faccia la sua parte, la politica e il mercato, senza inutilmente invocare il rapporto pubblico-privato: privato “forte” versus pubblico”debole”. Una semplice constatazione senza intenti polemici.

Il “pubblico” deve riprendere il suo ruolo nell’interesse del bene comune.

Dunque la sponsorizzazione dei bandi sugli Scali da parte del Comune, palese perdita di autonomia, è la mossa migliore?

Da ultimo: l’accordo di programma cui si f riallacciano i bandi è frutto di un’analisi dei bisogni della città? I concorsi per i masterplan sugli Scali saranno giudicati per la loro capacità di rispondere ai bisogni della città? Quali? Come si è detto, definiti da chi?

Se l’analisi dei bisogni è stata fatta, con chi fu condivisa?

Luca Beltrami Gadola

181030_BeltramiGadola_02



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


9 aprile 2024

MILANO PREDONA

Luca Beltrami Gadola



19 marzo 2024

MILANO E IL CAPITALISMO RELAZIONALE

Luca Beltrami Gadola



5 marzo 2024

COMUNE DI MILANO: PSICOTERAPIA DI GRUPPO

Luca Beltrami Gadola



6 febbraio 2024

UNA GRETA THUNBERG PER L’URBANISTICA MILANESE

Luca Beltrami Gadola



23 gennaio 2024

NECESSE EST

Luca Beltrami Gadola





Ultimi commenti