8 febbraio 2010

SAPERE, PARTECIPAZIONE E AMBIENTE


 Le dichiarazioni di Renzo Piano relative alle critiche al suo progetto di piantumazione della città rivelano la mancanza d’idee e di una visione per Milano del sindaco Moratti e della sua Amministrazione. Lei dovrebbe essere l’amministratore delegato e noi gli azionisti che partecipano all’approvazione degli indirizzi della città, mentre siamo solo spettatori che dal buio della platea possiamo solo applaudire o fischiare l’archistar che è mandata a occupare la scena. I milanesi perderebbero del tempo se accettassero di seguire questo copione e la parte loro assegnata nella commedia.  A proposito di alberi, già lo scorso autunno Via Montenapoleone ha ospitato l’installazione di Fabio Novembre “Per fare un albero”, con 20 vasi in vetroresina, a forma di Fiat 500, contenenti varie specie di alberi. Una proposta/provocazione per un’auto ecocompatibile. L’Assessore al Design Terzi ha commentato: “La creatività milanese è all’avanguardia e viene presa come modello da altre città importanti come Roma.”.

Mi piace constatare come l’arte viva di contaminazioni, come sappia tradurre idee e suggestioni, una pratica possibile proprio perché esse sono libere, fuori da costrizioni spesso pretestuose e di ostacolo nell’era della conoscenza condivisa in rete, come il copyright e i brevetti. Sicuramente la creatività milanese è un riferimento internazionale, a differenza della qualità dell’aria, delle politiche ambientali e del traffico, perché questa iniziativa riflette la natura della consapevolezza odierna dei problemi ambientali di Milano: una proiezione virtuale. Nel 1992, insieme agli ecologisti milanesi e ai comitati di quartiere portai in Piazza San Babila una 500 nella quale piantai un albero. L'”Albero della vivibilità” era una “scultura urbana” dedicata alla fine del mito dell’automobile, infatti dopo il referendum cittadino del 1985 nell’87 era stato chiuso alle auto il centro storico.

Non ho fatto questi richiami per nostalgia ma per evidenziare la crisi di ruolo, di funzione e d’identità che oggi esprime Milano, una metropoli content provider che si propone come un supporto inerte significato ed utilizzato da chi produce e utilizza le rassegne e le fiere della moda e del design, con le loro installazioni, da chi viene per un mega concerto, per la partita di calcio, per la prostituzione, per la droga, per consumare la simulazione vernacolare dei locali lungo i Navigli. Milano è una città usata, a iniziare dall’oligarchia che ne occupa le istituzioni pubbliche, ex municipalizzate comprese, e dalla mafia che ne occupa la dimensione territoriale e molte attività economiche. Ogni sguardo aperto sulla città coglie le profonde contraddizioni dei cambiamenti imprenditoriali e urbanistici, Milano è uno dei nodi del mercato globale, ma molti dei suoi cittadini assistono come spettatori frastornati all’evoluzione in atto quando non ne sono travolti sul piano professionale o su quello della qualità sociale urbana. Proprio la qualità sociale, insieme a quella dei servizi, dei trasporti, dell’ambiente e dell’amministrazione, contribuisce alla creazione di un sistema competitivo. Nel 1988 la Conferenza Episcopale lombarda pubblicava: La questione ambientale, aspetti etico-religiosi. Nelle coclusioni il Card. Martini sosteneva che “il vero problema non è dunque, quello di difendere la natura dall’opera dell’uomo, ma quello di verificare la qualità di tale opera”.

La natura di questa sfida riguarda i modelli di partecipazione, organizzazione, valutazione e decisione. Le grandi metropoli regionali, non costituiscono solo un problema per ciò che concerne il consumo di territorio, il consumo energetico e le emissioni atmosferiche. Infatti dispongono al proprio interno delle competenze scientifiche e industriali che possono consentire loro di essere protagoniste nella soluzione di questi problemi. Per questo il variegato tessuto sociale metropolitano deve sentirsi protagonista dei processi /eventi che definiscono la città, riguardino la sua piantumazione o l’allocazione di funzioni e le modificazioni urbane dell’Expo, perché la partecipazione informata della comunità territoriale a un processo/evento che contribuirà in modo significativo a ridefinire l’identità, la funzione e il ruolo di Milano metropoli regionale lombarda, costituisce una delle condizioni per la sua piena realizzazione.

Attraverso un processo di partecipazione informata capace di avvalersi di tutte le potenzialità delle applicazioni digitali interconnesse, a partire dalle risoluzioni tridimensionali che consentono di vedere come potrebbero cambiare i contesti urbani, quindi la mobilità e la qualità sociale in città, non solo si relativizzerebbe l’effetto NIMBY-Not In My Back Yard (non nel mio giardino), ma i rilievi, le osservazioni e le proposte dei cittadini contribuirebbero a qualificare le proposte architettoniche, infrastrutturali, urbanistiche e dei servizi.  Usando la Rete e la piattaforma PartecipaMI della Rete Civica promossa dalla Statale, anche gli alberi di Piano potrebbero costituire un utile pretesto per la raccolta d’indicazioni e suggerimenti sulla loro collocazione. Quasi un processo di autocoscenza per i milanesi, che si guarderebbero così intorno e vedrebbero la propria via, il proprio quartiere, la propria città per quello che sono e che potrebbero essere, invece di assistere a “baruffe chiozzotte” meneghine sul doppio incarico e agli emonumenti di Stanca per l’Expo o al disappunto di Piano per le critiche al suo progetto. Un’intera comunità, un’opinione pubblica avvertita, che consapevolmente prova a fare un salto nell’innovazione qualitativa, cosa è stata Milano nei momenti migliori della sua storia, dai Borromeo ai suoi sindaci, se non questo?

 

Fiorello Cortiana

 

 

 
 



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