8 febbraio 2010

I GIOVANI E L’ARCHITETTURA


Quale tipo di approccio all’architettura viene offerto oggi ai giovani? Come vengono preparati gli studenti a capire l’Arte in generale e l’Architettura in particolare? Sono domande non superflue, vista l’incidenza nella vita culturale che avranno i giovani nei prossimi anni; e considerato il loro allargato accesso a posti di responsabilità nel mondo dell’istruzione, della professione e della critica, sia in ambito privato che pubblico. Saranno essi sufficientemente pronti; agguerriti; preparati ad assolvere le impegnative funzioni che verranno a loro affidate? La tradizionale educazione d base, sia quella scolastica impartita nel liceo, sia quella famigliare ricevuta in casa, non è più sufficiente a coprire il vastissimo campo d’informazioni che oggi sono fornite a chi s’interessa di problemi relativi all’Arte e all’Architettura. Nel campo dell’Architettura, poi, l’attenzione si è risvegliata solo da pochi anni, ed ha cominciato a coinvolgere, oltre agli stretti competenti, anche persone prima poco sensibili all’argomento.

Torna quindi utile domandarsi quale tipo di educazione artistica, e in special modo architettonica, sia auspicabile per le giovani generazioni. Occorre riconoscere che oggi l’educazione artistica è affidata a tali e tanti strumenti d’informazione, e in quantità così sovrabbondante, da apparire spesso contraddittoria e disorientante.

Dai libri, dalle riviste, dai giornali, giungono notizie e immagini di architetture spettacolari, ma quasi mai accompagnate da un serio commento critico, e da una valutazione che sia obiettiva. Si pubblica di tutto, si mette in mostra tutto, s’illustrano le opere più svariate ed eterogenee, ma si evita di dare di queste opere un giudizio comprensibile e chiarificatore, di fare una critica che sia severa e rigorosa. Ciò avviene, ed è il fatto più grave, anche nelle riviste di Architettura, cioè negli strumenti deputati per definizione a fornire un commento e un parere sulle opere presentate. Tempo fa le riviste erano capaci di impersonare una particolare tendenza architettonica, in opposizione a tendenze a loro diverse o opposte; oggi le riviste di allora, dette appunto di tendenza, sembrano essere scomparse, e nei numeri di quelle esistenti, fatta eccezione per poche di sana impronta informativa, compare un’abbondanza d’immagini mirabolanti, di architetture acrobatiche, di costruzioni fantascientifiche; ma scarseggiano i commenti critici imparziali e rigorosi.

Ciò non aiuta certo i giovani a chiarire quali valori estetici siano da scegliere e sostenere; anzi contribuisce a lasciarli in uno stato di perplessità e di confusione. La mancanza di un apprezzamento critico è un fatto sicuramente negativo; un fatto, peraltro, molto diffuso nel costume del nostro tempo, responsabile di una tolleranza generalizzata, di un’indulgenza irresponsabile, in nome della quale si evitano di pronunciare sia elogi aperti e franchi sia stroncature secche e decise. Ciò vale nel mondo della critica, del giornalismo, e anche della politica, dove la paura di perdere porzioni di elettorato, porta a evitare prese di posizione nette e chiare; e vale anche nel mondo dell’Università e nelle Facoltà di Architettura, dove la paura di perdere favori o incarichi professionali porta a rifuggire da espressioni di franca lode o di aperto dissenso. La reticenza dei docenti a esprimersi con chiarezza provoca negli studenti disorientamento e confusione. La scuola infatti deve insegnare ciò che è giusto, ma deve anche mettere in guardia da quello che giusto non è. E’ comodo, perché comporta meno rischi, lodare i maestri riconosciuti dell’architettura del passato; è più impegnativo, perché richiede più coraggio, distinguere, tra gli architetti viventi, quali siano quelli da lodare e quelli da censurare.

I cattivi esempi, tanto di architettura, quanto di arredo e di disegno industriale, oltre che nelle riviste specializzate, sono visibili un po’ dappertutto; se ne vedono sui cartelloni pubblicitari; negli annunci commerciali; dentro agli avvisi immobiliari.

Colpevole, più di ogni altro canale d’informazione, è la nostra Televisione Nazionale: e doppiamente colpevole, giacché, essendo un servizio pubblico, dovrebbe proporre al suo pubblico, cioè a tutti gli italiani, visioni esemplari e positive, e mostrare buoni esempi di arredo nei locali e negli spazi interni entro cui vengono ripresi i programmi quotidiani. Sappiamo invece, per il fatto si vederle continuamente, quanto siano scadenti, banali, pretenziose e gratuitamente ricercate, le immagini degli ambienti dove vengono ospitati i dibattiti politici, le interviste culturali, i servizi di cronaca. Non vi è dubbio che il guasto culturale provocato dalla Televisione Italiana sia immenso. Le giovani generazioni, prendono come campione di riferimento – e lo considerano autorevole perché proveniente da fonte pubblica e ufficiale – le pessime realizzazioni di architetture e di arredo visibili nelle scenografie televisive; e ne fanno il vangelo della propria educazione estetica.

Poiché la diffusione delle brutture architettoniche è ormai così generalizzata da invadere tutti gli spazi e tutti i tempi della nostra vita quotidiana, ci si augura che venga presto messa in atto una campagna di rivolta contro tale deleteria diseducazione. A questa campagna può dare un utile contributo, l’azione che da tempo sta conducendo ARCIPELAGO-MILANO.

 

 

Jacopo Gardella

 

 


 



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