26 giugno 2018

NAVIGLI MA NON SOLO: IL RETICOLO IDRICO COME INFRASTRUTTURA VERDE

Allargare la visione per decidere razionalmente


Milano non ha solo i Navigli: nel sottosuolo milanese è rintracciabile un reticolo di oltre 200 km di corsi d’acqua del reticolo minore, in parte ripristinabile. Dopo un secolo di oblio, oggi il sistema circolatorio delle acque urbane torna ad essere una risorsa da valorizzare in chiave multifunzionale: una vera e propria infrastruttura verde, in grado di offrire una molteplicità di servizi, e non solo scorci paesaggistici della Milano d’antan. Il ripristino del collegamento tra il sistema del Naviglio Martesana (che include il Seveso e il Redefossi) e i Navigli Grande e Pavese può avere il valore di un’opera infrastrutturale di significato strategico, e non di un fantasioso ma costoso intervento di ridisegno urbano. Ma è a questa logica, quella infrastrutturale, che deve essere ricondotto.

05Disimine_24I Navigli milanesi non possono essere solo un landmark, per quanto di pregio, perché ciò non giustificherebbe il notevole esborso necessario al loro ripristino come componente di un paesaggio urbano che nel frattempo si è adattato alla loro assenza. Bisogna pensare ai Navigli come componenti del sistema milanese delle acque superficiali, un reticolo estremamente ricco e articolato quanto occultato, valutando le opportunità che una azione di ripristino può portare alla città e all’intera area metropolitana, e commisurando ogni intervento alla sua fattibilità tecnica ed economica, in uno scenario che valuti, per ogni ramo funzionale del reticolo, il bilancio costi-benefici entro una pianificazione di medio-lungo termine. Operazione che sarebbe stato opportuno ricondurre allo sviluppo del nuovo PGT di Milano che, sotto questo punto di vista, appare carente.

Il ripristino dei navigli deve dispiegare il suo significato in rapporto agli altri elementi del sistema idrico, anche alla luce del fatto che il progressivo miglioramento dello stato delle acque, perfino per corsi d’acqua come il Seveso e, in prospettiva, anche l’Olona, oggi rende ipotizzabile una loro confluenza nei navigli senza più le problematiche di ordine sanitario che nel secolo scorso avevano concorso al tombinamento. Ma a cosa serve oggi, in un secolo senza lavandaie, senza chiatte e senza mulini, il reticolo idrico in città? Si è parlato (troppo) di navigazione, ma Milano non è Venezia, ed è difficile immaginare che un servizio di navigazione possa essere qualcosa di più degli attuali battelli turistici o dei vogatori delle società canottieri: la navigabilità non può giustificare maggiori oneri e vincoli per un progetto le cui motivazioni sono altrove. Parliamo invece delle vere funzioni di infrastruttura verde, ipotizzando un ordine di importanza:

– Sicurezza idraulica. La tombinatura dei corsi d’acqua ha incontestabilmente aumentato il rischio idraulico di Milano: l’officiosità e accessibilità degli alvei è infatti un requisito importante per prevenire gravi conseguenze. Inoltre, di fronte alle défaillance, ai costi e all’impervietà realizzativa dei sistemi di sicurezza realizzati e realizzandi (canali di gronda e vasche di laminazione), soprattutto per quanto riguarda il Seveso, un sistema di diversione delle portate in ambito urbano rappresenta un elemento di regolazione attivabile all’occorrenza, utilizzando i volumi e le capacità di deflusso di altri canali e rami del reticolo idrico, a condizione che ne sia assicurata la appropriata manutenzione.

– Recapito di acque ‘bianche’. Milano non ha una doppia rete fognaria in grado di gestire le acque diverse dai liquami fognari. Ciò comporta, lato depurazione, costi maggiori e cadute di efficienza in occasione di eventi meteorici intensi o prolungati. Il reticolo idrico superficiale, adeguatamente ramificato nella città, può vicariare questa funzione, offrendo un recapito alternativo sia alle acque piovane sia a quelle con caratteristiche tali da non richiedere trattamenti (barriere idrauliche, superi d’acquedotto, pompaggi da prima falda).

– Vettore energetico e gestione dei livelli di falda. Il calore delle acque di sottosuolo rappresenta la fonte energetica rinnovabile d’elezione per una città come Milano. In molti contesti la sua utilizzabilità, attraverso pompe di calore, è limitata proprio dall’impossibilità di recapitare le acque usate, considerato che i sistemi di resa o di sonde immerse in falda, con il loro diffondersi, alla lunga rischiano di apportare modifiche significative alle caratteristiche fisiche e chimiche della falda. Inoltre l’evacuazione in superficie delle acque attinte è una esigenza per il mantenimento del livello freatico e la sicurezza della città sotterranea (vani interrati, metropolitane, fondamenta di grandi palazzi, sotto-servizi e fognature).

– Mitigazione dell’isola di calore urbano e grana fine delle connessioni verdi. Il sistema delle acque e delle relative vegetazioni riparie, attraverso l’evaporazione e l’evapotraspirazione, costituisce un componente del sistema di regolazione termica urbana, ovviamente a condizione che il ripristino dei corsi d’acqua urbani avvenga dedicando loro una adeguata sezione d’alveo, ovunque possibile collegata con il sistema del verde urbano. La qualità dell’acqua è determinante per avere corsi d’acqua con il loro adeguato corredo di forme viventi, ciò che contribuirebbe anche alla lotta biologica contro gli insetti fastidiosi.

– Utilizzo a fini irrigui per il verde urbano e gli orti. A Milano l’acqua potabile viene in molti casi utilizzata in modo improprio e costoso per l’irrigazione del verde, pubblico e privato, e degli orti: questa è una delle spiegazioni del livello di consumo idrico molto alto che la città di Milano esibisce (cfr. ecosistema urbano 2017, 210 L/ab*giorno) nel confronto con gli altri capoluoghi italiani, pur avendo un basso livello di perdite di rete. La disponibilità di risorse idriche che non richiedono pompaggi da sottosuolo rappresenta senza dubbio una alternativa molto conveniente per contenere i consumi idrici ed energetici.

– Valorizzazione del patrimonio urbano. La presenza del reticolo idrografico costituisce senza dubbio un fattore di miglioramento del paesaggio e del benessere urbano. L’intervento diffuso su tutto il reticolo minore consente di massimizzare gli effetti non solo sugli edifici dei quartieri centrali, che verrebbero beneficiati dall’apertura dei navigli, ma anche su quelli periferici. Il ripristino del sistema delle acque dunque determinerebbe un effetto positivo imprimendo una accelerazione ai processi di rigenerazione urbana in corso a Milano.

– Restituzione di acque irrigue. Il Sud Milano agricolo soffre notoriamente di una criticità ancora non risolta nell’approvvigionamento di acque da impiegare in irrigazione, legata anche alla presenza della città di Milano e al suo sistema di convogliamento delle acque miste. Il convogliamento delle acque del reticolo idrico urbano verso le rogge e i cavi irrigui, già previsto per quanto riguarda la Vettabbia, consentirebbe di far fronte a queste criticità.

Il processo che auspichiamo dunque, anche alla luce dei risultati acquisiti dal referendum civico, è quello di non considerare la riapertura dei Navigli come un’opera a sé stante, ma collocata entro un ‘piano direttore delle acque superficiali’ a Milano, un piano-programma supportato da verifiche di fattibilità, che deve necessariamente essere fortemente integrato con gli strumenti di regolazione edilizia e urbanistica (PGT, piano scali, piano dei sottoservizi, PTCP del Parco Sud), di pianificazione energetica (PAES) e dei sistemi di mobilità (PUMS), e che diventi grande processo di rigenerazione urbana, capace di fare di Milano una ‘European Green Capital’, capofila nella gestione delle risorse idriche, ma passibile anche di sviluppare economie e servizi legati alla funzione del reticolo idrico superficiale: infrastruttura verde che innerva spazi e funzioni urbane, sviluppando le attitudini alla resilienza che Milano è in grado di esprimere a partire dall’uso intelligente delle proprie risorse naturali.

Entro una visione strategica e d’insieme lo scoperchiamento dei navigli risulta un intervento di portata molto diversa da quella con cui è stata fino ad oggi descritto e comunicato: non solo una leziosa esercitazione di disegno urbano, ma un intervento nodale per la ristrutturazione dell’ecosistema metropolitano.

Damiano Di Simine



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


21 novembre 2023

OPERE A SCOMPUTO ONERI

Pietro Cafiero



3 ottobre 2023

PGT 2030, O FORSE NO….

Pietro Cafiero



2 maggio 2023

PGT: FORSE SI CAMBIA

Gregorio Praderio









9 aprile 2021

ASPETTI QUANTITATIVI DEL PGT DI MILANO

Gregorio Praderio


Ultimi commenti