12 giugno 2018

IL SINDACO SALA E LA RIAPERTURA DEI NAVIGLI

La cosa sbagliata nel momento sbagliato


Quando il sindaco Sala ha registrato all’anagrafe il figlio di una coppia di due donne mi sono detto: ecco la cosa giusta nel momento giusto. Quando ha chiesto al suo assessore alla partecipazione Lorenzo Lipparini di aprire le consultazioni per la riapertura dei navigli, mi son detto: ecco la cosa sbagliata nel momento sbagliato. Sbagliato persino il “come”.

01editoriale22FBHo sempre scritto su queste pagine la mia contrarietà all’apertura dei Navigli: non mi sembrava il momento di affrontare un investimento di quell’importanza prima di aver risolto altri problemi più urgenti per la città. Si tratta di un’opera della quale non si trova nemmeno cenno nel Piano Triennale delle Opere Pubbliche 2018, 2019 e 2020 e ne ho già parlato proprio a proposito dell’apertura dei Navigli. La non priorità dell’investimento era la principale ragione del mio dissenso. La principale ma non l’unica. Ne ho altre in serbo.

Fin dal 1929, quando fu deciso dall’amministrazione comunale il primo interramento della fossa interna e del Tumbun de San Marc, le polemiche agitarono i milanesi, i più autorevoli e i semplici cittadini: l’idea di chiudere prevalse. Certo non erano tempi di “partecipazione” né di ricerca del consenso. Vinsero ragioni sanitarie e di marinettiana modernità. I giovani e meno giovani architetti di allora non si opposero. Non mi pare si oppose Piero Portaluppi che allora aveva 41 anni, né Giuseppe Terragni che ne aveva solo 25, forse troppo giovane, ma neanche Giovanni Muzio di 37, l’architetto della Cà Brutta allora da poco finita. Non credo fossero di scarsa cultura e indifferenti ai destini della città.

Anche da allora Milano piacque, e molto, pur senza i Navigli e la loro mancanza non fu di freno al turismo che oggi a Milano ci viene per quello che è adesso e forse anche per vedere i grattacieli di Piazza Gae Aulenti, di CityLife e magari il Bosco verticale.

Dopo la guerra e le distruzioni dei bombardamenti e dopo il rinnovamento edilizio sino a oggi, le vie che sarebbero interessate dalla riapertura dei Navigli presero forma e aspetto. Faccio fatica a ritrovare un solo esempio di architettura che valga la pena di essere mostrato, salvo naturalmente la Cà Granda, il Palazzo del Senato e, non a ridosso, la Basilica di San Lorenzo, Palazzo Serbelloni e la chiesa di San Marco e poco altro, tutti monumenti che si possono ammirare da un marciapiedi. Vi fareste un selfie in via Santa Sofia? Il turismo sui canali milanesi, malamente navigabili, avrebbe dunque un tale fascino?

Lo dico fin da subito, se vi fossero denari che avanzano rispetto ad altre urgenze, riaprirei la Martesana in via Melchiorre Gioia, una delle vie più larghe e più brutte di Milano, per risarcire quel pezzo di città che il Comune ha abbandonato alla speculazione edilizia senza utilizzare gli oneri di urbanizzazione per farne un grande viale alberato.

Non sto a contestare le molte ragioni addotte dai sostenitori della riapertura anche parziale dei Navigli e le componenti idrauliche che potrebbero essere risolte con un condotto sotterraneo, tutto quello che farei sarebbe di rimettere l’acqua alla Conca delle Gabelle e a quella di Viarenna.

Veniamo ora al momento sbagliato.

La sconfitta della sinistra è in gran parte dovuta all’incapacità di interpretare i bisogni più urgenti della gente: reddito, lavoro, sicurezza sociale, protezione, gestione del problema dell’immigrazione, edilizia sociale. Della maggior parte di questi problemi si sono impossessati la Lega e M5s.

Lanciare ora una consultazione sulla riapertura dei Navigli, quasi che questo sia uno dei problemi prioritari per l’amministrazione comunale dimostra, se ve ne fosse bisogno, la superficialità di Sala e la sua assoluta mancanza di sensibilità politica. La riapertura dei Navigli è un progetto elitario, cerebrale, un innamoramento dissennato che guarda altrove ma non ai problemi profondi della città che non si avvertono o non si ha interesse a risolvere. La riapertura dei Navigli è un problema politico com’è un problema politico la consultazione alla quale si dà avvio.

Problema politico è dunque anche la consultazione e il modo di gestire l’intera operazione: un episodio di arroganza dell’istituzione Comune e del sindaco Sala.

Il tema del dibattito, inutilmente chiamato dibattito perche somigli al débat publique francese, “ha lo scopo di presentare al pubblico il progetto di riapertura dei Navigli e di raccogliere suggerimenti e proposte che possano migliorarne gli aspetti ritenuti più critici.” Questo si legge nell’apposito sito del Comune.

Ma come, al posto di un referendum che doveva dare la risposta al quesito di fondo “volete o non volete la riapertura dei Navigli” si fa un dibattito che dà per la decisione già presa e che si tratti solo di correggere e migliorare un progetto? Dovremo prepararci a sentire cose come questa: “Alla consultazione hanno partecipato alcune migliaia di persone, i loro pareri sono stati valutati e in parte accolti dunque si riaprono i Navigli”.

A casa mia un’operazione di questo genere si chiama manipolazione del consenso, viaggia sul filo del falso ideologico e a essere buoni si può chiamare “ingegneria del consenso”.

Ho iniziato questo pezzo approvando senza riserve il Sala che riconosce a una coppia di due donne la genitorialità e spiace dover disapprovare con altrettanta fermezza il Sala che vuol riaprire i Navigli ma anche il modo col quale gestisce il momento della partecipazione.

Spiace ancora di più offrire all’opposizione argomenti per poter accusare questa Giunta di sinistra di scarsa o nulla sensibilità sociale. Non credo che i recentissimi risultati elettorali possano darmi torto.

 

Luca Beltrami Gadola



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