5 giugno 2018

TURISMO A MILANO, COME UN ATLETA SENZA TRAINER

E se la realtà virtuale vincesse?


Che cosa separa ormai il reale dal virtuale? Fino a che punto il virtuale annullerà il reale? Un’utopia o una distopia? Tutte le volte che mi guardo in giro, guardo un panorama, incontro gli amici su Skype, faccio un viaggio, me lo domando. Se leggo un libro come Il Mistero Arnolfini di Jean-Pilippe Postel mi viene la tentazione, e lo faccio, di aprire l’iPad o il Pc per guardare in alta definizione il capolavoro. Mi viene sì voglia di andare a guardare le opere direttamente nel museo dove sono, ma spesso la prospettiva del viaggio mi scoraggia: prenotazioni alberghiere, code al check-in, code all’ingresso del museo, prenotazione per l’orario di visita alla mostra ….. . Per certi aspetti persino le visite virtuali delle città hanno un fascino. Quasi quasi sto a casa. Il turismo culturale sta per morire?

01editoriale21FBForse sono diventato troppo pigro ma se la realtà virtuale continua a fare progressi, quello che sicuramente perdo, la socialità e la partecipazione, finirà con l’avere la peggio.

Sin qui ho parlato solo del turismo culturale, musei, mostre, città d’arte ma se lo stesso fenomeno riguardasse anche il turismo di massa, quello per certi aspetti compulsivo, che ne sarà del “turismo” in generale, quello che piace alle città fin che non ne vengono travolte? Ormai la coda di quelle che pensano a barriere d’ingresso, a numeri chiusi, a limitazioni dirette o indirette si allunga di giorno in giorno e riguarda anche luoghi naturali, isole, sentieri – il Sentiero azzurro delle Cinque terre -, spiagge.

Dunque vale la pena di parlare di turismo anche a Milano per capire bene questo fenomeno in crescita, del quale siamo orgogliosi e che non vorremmo veder affidato al famoso ritornello di Orietta Berti “Fin che la barca va, lasciala andare”.

Sono almeno tre gli aspetti cui guardare.

I numeri in crescita sono un fenomeno permanente o sono legati alle ricadute di Expo2015? Posiamo dire lo stesso per Moda e Salone del Mobile e Fuorisalone? Quali sono le soglie di crescita superando le quali ci sono reazioni di rigetto dei residenti e la città si “consuma”? E per finire: chi beneficia delle ricadute del turismo?

Expo2015 ha giocato moltissimo ma, ovviamente, il suo effetto andrà attenuandosi nel tempo lasciando una sorta di zoccolo duro. Milano Moda, Salone del Mobile e Fuorisalone sino ad ora hanno tirato bene e probabilmente il loro traino continuerà ma a una condizione: la qualità di quel che si espone deve rimanere eccellente; se vi fosse un calo vedremmo scemare l’appeal. Garantire questa condizione non è facile e dipende da fattori interni ed esterni come nel caso del Fuorisalone di quest’anno: tra chi espone e il mondo della produzione il legame è sceso, si sono visti molti solo “curiosi” prototipi.

Quanto alle soglie quantitative e qualitative dei flussi turistici il problema è intricato sui due versanti: il turismo che ritengo compulsivo nella maggioranza dei casi e che si sovrappone al turismo culturale si concentra in pochissime aree del centro della città: zona Duomo, Piazza della Scala, via Dante e per finire al Castello Sforzesco. Via Manzoni e Monte Napoleone sono un caso a parte e Corso Buenos Aires comincia solo ora a essere frequentato dal turismo commerciale. La reazione dei residenti milanesi è il sentirsi espropriati dall’uso più “tranquillo” di quei luoghi e della loro città: magari accedere al Duomo e respirarne l’”intera atmosfera” senza fare la coda e pagare un ingresso.

Il turismo esclusivamente culturale, che non è poca cosa, resta schiacciato dal turismo compulsivo e ne deriva una sensazione di una città “difficile” da visitare, cui si aggiunge la limitazione dei percorsi proposti dalle agenzie di viaggio a pochi punti dei tanti che potrebbero essere toccati. Forse qui l’amministrazione potrebbe intervenire per promuover circuiti alternativi o più ampi e diluire l’effetto folla.

Capire alla fine che benefici ne cavi la città è molto difficile. Certo l’occupazione aumenta ma non nelle fasce qualificate. Ristoranti, pizzerie e commercio non si lamentano e nemmeno gli alberghi ma tutto resta nel centro storico. Eppure c’è un indotto poco visibile che fa profitti, i tour operator, quelli che comprano i biglietti di ingresso a 20 euro e li vendono a 60, e non sono pochi, o i bagarini della Scala. Viene il sospetto di lavorare per loro. Quanto entra direttamente nelle casse del Comune? Forse solo la tassa di soggiorno che pur nella sua modestissima entità solleva le proteste degli albergatori.

Sarebbe bello capire come va il mondo del turismo e chi ci guadagna realmente e cosa si potrebbe fare per avere ricadute maggiori e maggiori ricavi per le casse comunali.

E se il virtuale alla fine avesse la meglio? Con meno di 50 euro ti compri su Amazon – che te lo porta a casa – un visore di realtà virtuale 3D, puoi collegarlo allo smartphone, wireless, Bluetooth: il famoso conetto di popcorn ed è fatta! I programmi? Lascia fare a Google, lui ti conosce, sa cosa ti piace.

Turismo addio?

Luca Beltrami Gadola

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