5 giugno 2018
Eduardo MEndoza
CHE COSA SUCCEDE IN CATALOGNA
UTET, 2018
pp. 96, euro 10
Un pamphlet, secondo Eduardo Mendoza, necessario. Dettato dall’ansia di chiarire, di sgomberare il campo dalle generalizzazioni, dai riferimenti storici infondati e dai paragoni con altri Paesi, con altri movimenti indipendentisti. Il saggio dunque si pone come obiettivo quello di far chiarezza sull’immagine della Catalogna e della Spagna, e su ciò che sta accadendo, sul modo in cui vedono e vivono le persone implicate, tanto i sostenitori dell’indipendenza quanto gli oppositori.
Non è intenzione di Mendoza schierarsi da una parte o dall’altra, “anche perché, a dire il vero, non mi piace nessuno dei due” dichiara l’autore. Scrive per cercare di comprendere ciò che sta accadendo. Da anni trascorre la maggior parte del suo tempo fuori dalla Catalogna e dalla Spagna e ciò gli ha permesso di acquisire una diversa prospettiva per analizzare i fatti della sua terra. Da sette mesi, regno di intrighi, di guerre fredde tra il potere centrale e le forze separatiste, di un continuo gioco tra esuli e inseguitori, e politici dietro le sbarre.
All’estero, molti – come dice l’autore – sono convinti che tutto quello che sta accadendo abbia radici nella guerra civile e nei lunghi anni di dittatura che seguirono. Ma il passaggio dalla dittatura alla democrazia non è stato così traumatico. Da allora sono passati molti anni e sono successe molte cose, la principale è forse che la maggior parte degli spagnoli non ha conosciuto la dittatura e ha del franchismo un’idea vaga, esaltata dalla letteratura, dal cinema, dal teatro e dalla televisione. La sensazione è che tutti vivano pensando che la guerra civile sia finita ieri e Franco governi ancora il destino della Spagna.
La dittatura passata non può essere esibita in processione per giustificare comportamenti o invalidarne altri. La vicenda dell’ex presidente catalano Carles Puigdemont, scappato in Belgio e poi in Germania, dopo aver chiesto ai suoi di fare “resistenza democratica”, può essere letta come la parabola dell’avventurista. Il suo inanellare un errore dietro l’altro ha portato la Spagna e la ‘sua’ Catalogna in una situazione paradossale. Tanto che nemmeno la sua rinuncia a essere rieletto alla presidenza della Catalogna è bastata a riportare la pace fra Madrid e Barcellona. Ma forse qualcosa di buono sta succedendo dopo il cambio di guardia tra il conservatore Mariano Rajoy, sfiduciato dal Congresso dei deputati, e il socialista Pedro Sanchez, dal 2 giugno, premier.
Il nuovo governo catalano ha prestato giuramento, ponendo fine a sette mesi di braccio di ferro con le autorità di Madrid. “Parliamo, assumiamoci entrambi dei rischi, sediamoci a un tavolo e parliamo, da governo a governo”: così ha detto il leader catalano Quim Torra al neo-premier spagnolo Pedro Sanchez. Non si è mai potuto prevedere la storia, come sostiene Sanchez, ma certamente questo è un cambio di rotta.
Rubrica a cura di Cristina Bellon
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