22 maggio 2018

musica – PIANO CITY E LA FONDAZIONE SPINOLA BANNA


musica_19I due ultimi weekend sono stati una manna per i musicofili: l’ultimo, il fantastico bailamme di Piano City, concentrato in poco più di quarantotto ore e nonostante l’acquazzone domenicale, ha messo a soqquadro la città intera occupandone tutti gli spazi immaginabili ed anche qualcuno inimmaginabile. I 470 concerti, gratuiti ed aperti a tutti, sono stati concepiti per avvicinare quante più persone possibile alla musica colta e per raggiungere ogni tipo di pubblico; la limitazione di ascoltare esclusivamente pianoforti ha penalizzato ben poco il pubblico essendo nota l’immensa versatilità di questo strumento, la sua grande diffusione nelle famiglie e nei locali pubblici, soprattutto l’enorme repertorio di cui dispone. Straordinari poi i “concerti in casa” – nei paesi a nord delle Alpi sono la normalità mentre in Italia sono ancora poco frequenti – che consentono un prezioso contatto degli ascoltatori con “il farsi” della musica ed una relazione empatica con gli interpreti-esecutori.

Ho avuto la fortuna di ascoltare una meravigliosa musicista, la venticinquenne Costanza Principe, che ha eseguito – in modo non solo esemplare ma ancor più pregnante, pieno di senso, denso di contenuti – il Concerto Italiano di Bach, i Klavierstücke opera 32 di Schumann e la Sonata opera 959 di Schubert incantando un pubblico – una trentina di persone – molto eterogeneo, accomunato solo dal piacere e dall’emozione dell’ascolto. Non capita tutti i giorni. E la stessa pianista ha poi rivelato che suonare per così poche persone e a così stretto contatto con chi ascolta dà una particolare soddisfazione e uno speciale piacere.

La settimana precedente a Banna, in una elegante tenuta di campagna fra Torino ed Asti, così come ogni anno ormai da dodici anni, a un’ampia platea di musicologi e di appassionati cultori di musica contemporanea provenienti da mezza Italia è stato offerto un raffinato concerto di grande attualità e di altrettanto interesse.

Del “Progetto Musica” – voluto e creato dalla “Fondazione Spinola Banna per l’Arte” – ho riferito in questa rubrica due anni fa (quando i docenti furono Fabio Vacchi per la composizione e Daniele Abbado per la regìa, e le opere di Orazio Sciortino e di Francesco Fournier) e l’anno scorso, quando i protagonisti furono Georges Aperghis e il “pianoforte aumentato”. La Fondazione coglie i fermenti più vivi della produzione musicale internazionale e quest’anno non ha mancato il colpo affidandosi alla compositrice Unsuk Chin, nata a Seoul ma da trent’anni residente a Berlino, di cui è stata eseguita un’opera del 1991, “Akrostichon Wortspiel”. Mi è parso di cogliere, in questo lavoro ardimentoso e sicuramente sperimentale, un livello più alto rispetto a quello medio della produzione musicale che imperversava alla fine del secolo scorso, e anche un’ironia e una complessità che lo rendono ancor oggi attraente e godibile.

Meno interessante è parso invece il pezzo “Sulgame” del suo allievo e connazionale Hankyeol Yoon, mentre ha incontrato molto il favore del pubblico e mio personale un’opera del trentenne veronese Zeno Baldi dal titolo espressivo: “Crystal Line”. Un nome, quello di Baldi, da tenere a mente perché questo serissimo compositore ha tutta l’aria di essere il pioniere di un nuovo ed affascinante modo di scrivere la musica, con la precisione assoluta – direi bachiana – nella distribuzione del tempo e dello spazio, proiettato nella ricerca di nuove sonorità con risultati eccitanti ed inquietanti.

Tutte e tre le opere presentate sono state scritte per soprano ed ensemble e la loro esecuzione è stata assolutamente perfetta: la soprano Anna Piroli, con la sua bellissima voce, si è prodigata con sorprendente ed ammirevole abilità nei meandri di queste nuove e tutt’altro che facili musiche, accompagnata da un ensemble milanese – l’MDI che suppongo significhi Musica di insieme – i cui componenti meritano di essere citati uno per uno per la loro professionalità: Mattia Petrilli flauto, Diego Merisi oboe, Paolo Casiraghi clarinetto, Lorenzo Gentili Tedeschi violino, Paolo Fumagalli viola, Tommaso Fiorini contrabbasso, Valeri Lisci arpa, Luca Ieracitano pianoforte e Lorenzo D’Erasmo alle percussioni. L’ensemble era diretto da Filippo Perocco e si è avvalso della collaborazione del noto mandolinista tedesco Detlef Tewes. Un insieme di persone che al piacere dell’ascolto – cioè ai loro suoni nitidi e precisi – aggiungevano perfino quello della esattezza dei gesti. Una vera gioia vederli e sentirli suonare.

Come ciliegina sulla torta, fra le opere dei discenti e quella della docente il trio composto da Gentili Tedeschi, Casiraghi e Ieracitano ha eseguito “Contrasti” di Béla Bartók per violino, clarinetto e pianoforte, che è parso anticipare la contemporaneità della musica cui la restante parte del concerto era dedicata. Contrasti è un’opera del 1938 di cui Giorgio Pestelli ricorda, nel programma di sala, che fu sollecitata a Bartók nientedimeno che da Benny Goodman e da Joseph Szigeti con i quali la eseguirà alla Carnegie Hall due anni dopo, appena arrivato a New York in fuga dall’Ungheria appena occupata dai nazisti.

Mettete insieme l’atmosfera magica della tenuta agricola nella campagna torinese, l’emozione di ascoltare musica composta da poche ore, la grande qualità delle esecuzioni, il pubblico attento e competente, e non ultima la squisitezza dell’ospitalità, e avrete un’idea di come queste siano occasioni ideali e preziose per apprezzare l’evoluzione del linguaggio musicale e per godere i risultati della ricerca più sofisticata ed avanzata da parte dei compositori di oggi.

 

Rubrica a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org



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