15 maggio 2018

MILANO: LA RISERVA INDIANA DELLA SINISTRA

Il pericolo di confondere la managerialità per politica


Nella deprimente penombra della Sala Alessi del Comune la settimana scorsa si è svolto un piccolo rito, uno dei tanti, di questa “riserva indiana” della sinistra più o meno riformista che sopravvive nella Milano che sta dentro le mura spagnole: il titolo era Ripartire dal Modello Milano? Naturalmente gli oratori, a cominciare dal sindaco Sala, hanno parlato bene di se stessi e si sono ben guardati da qualunque esame critico sulla propria attività passata, che pur avendo salvato il Pd dal crollo nazionale, dovrebbe tener conto che l’euforia milanese e il traino di eventi dovuti a Expo 2015 ne sono all’origine e non sono dunque un modello né ripetibile né riproponibile. Se doveva essere una sorta di chiamata alle armi sono mancate le idee, il coraggio, la concretezza e lo slancio.

01editoriale18FBMa forse, se ho capito, il Modello Milano proposto dovrebbe essere una sorte di alleanza che, lasciato da parte il renzismo duro, puro e rottamatore, riannodi i fili di questa sinistra milanese meno rissosa rispetto al livello nazionale. Insomma quella sinistra che sembra adombrare il ministro Martina, che non per nulla è di queste parti, nella sua intervista di domenica scorsa su La Repubblica: «Per me vanno sanate tutte le divisioni nel campo del centro-sinistra. E commetteremmo un errore se ci fermassimo alle fratture del passato e delle classi dirigenti.». Per farlo a Milano ci vuole un leader politico che non si vede.

Questa sinistra milanese, quella del Modello Milano, quella che in parte già siede a Palazzo Marino, se vuol proporsi ad altri dovrebbe però cominciare a indicare quali siano i percorsi, quelli difficili, per risolvere i problemi che la destra ha agitato nella campagna elettorale del Paese, cominciando dall’immigrazione.

Qualche giorno fa la stampa cittadina ha parlato dello sgombero degli extracomunitari che avevano occupato spazi dismessi dello scalo Romana delle Ferrovie dello Stato: alcuni di questi con regolare permesso di soggiorno.

Certo dal ristorante di lusso della Torre della Fondazione Prada, probabilmente quel viavai colored non era quello della pubblicità di Benetton e guastava il panorama “imperdibile“ sulla città. Molti degli espulsi si domandavano dove sarebbero andati a dormire la sera così come se lo sono domandati molti degli sgomberati dalle ultime occupazioni abusive. Essere espulsi per far posto ad attività sportive, culturali e di tempo libero, come si sta facendo, può lasciare qualche animosità tra gli espulsi, i cosiddetti invisibili, ma anche perplessità tra i cittadini più attenti al sociale. Non tra quelli di destra.

Che ne facciamo credibilmente di tutta questa umanità? Dove sopravvivranno? Lasciamo che a gestirla siano mafia e camorra come al Sud? Lasciamo che vadano a ingrossare le fila del lavoro nero? Che si adattino insieme ai nostri giovani net ai “lavoretti” privi di qualunque tutela e copertura sindacale?

Questa sinistra, se vuole sopravvivere, deve declinare quello che annuncia come obbiettivi indiscutibili della sua attività: riduzione delle disuguaglianze, lavoro, sostegno ai più deboli, integrazione.

Difficile declinare questi temi a livello locale se si vuol proporre il Modello Milano e dunque qui e subito – hic et nunc – deve orientare la politica e gli investimenti in quella direzione. Molto si può fare anche chiedendo al Governo le risorse necessarie. Un governo che non si sa ancora come sarà, ma se fosse un futuro giallo-verde non amerà Milano.

Si legge che tra il Governatore della Regione e il sindaco Sala ci siano incontri per avviare collaborazioni sui temi cari a quest’ultimo: primo fra tutti soldi per la riapertura dei Navigli poi, se ghe n’è anca mo’ on cicin, per le case popolari. La questione è tutt’altro che pacifica: se quello della riapertura dei Navigli sia obbiettivo prioritario di un sindaco di sinistra è da vedere.

Per parlare ancora di collaborazione tra Governatore e Sindaco, mi parrebbe più utile che quest’ultimo – per legge responsabile della salute dei suoi cittadini – si occupasse, tanto per dirne una, dei tempi di attesa per le prestazioni del servizio sanitario in Lombardia, tempi da meridione dissestato, autoproclamatosi invece “modello” italiano di sanità. Attenzione a “modelli”! Queste attese penalizzano gli ultimi, quelli che non possono ricorrere alla sanità privata perché non hanno i soldi necessari. Parlare anche di questo col Governatore non sarebbe male, già che c’è.

Se si vuole fare una politica di sinistra a Milano prima che canti il gallo delle prossime elezioni, di occasioni come quest’ultima non ne mancano, basta pensarci, scavalcando le mura spagnole.

Luca Beltrami Gadola

01editoriale18-02



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali



Sullo stesso tema


19 marzo 2024

MILANO E IL CAPITALISMO RELAZIONALE

Luca Beltrami Gadola



5 marzo 2024

COMUNE DI MILANO: PSICOTERAPIA DI GRUPPO

Luca Beltrami Gadola



6 febbraio 2024

UNA GRETA THUNBERG PER L’URBANISTICA MILANESE

Luca Beltrami Gadola



23 gennaio 2024

NECESSE EST

Luca Beltrami Gadola






19 dicembre 2023

UN ANNO STA PER MORIRE, IL 2024 SARÀ NELLE NOSTRE MANI

Luca Beltrami Gadola


Ultimi commenti