2 febbraio 2010

IL VALORE DELLE PAROLE. UN’OPINIONE PUBBLICA PASSIVA


Purtroppo il “teatrino della politica” con il passare degli anni si è via via arricchito di nuove e vecchie scenette, tipo: i brogli elettorali, le finte collaborazioni con l’opposizione, le pesanti alleanze che condizionano sia la destra che la sinistra, i gossip presidenziali e da ultimo i complotti contro la volontà del popolo. E, come se non bastasse, siamo arrivati alle seguenti affermazioni iperboliche capaci solo di spaccare ulteriormente il Paese e la sua opinione pubblica: “L’amore vince l’odio” (dove qualcuno pretende d’impersonificare l’amore sognando un partito/movimento depositario di questo spirito); “la verità contro la menzogna” (idem come sopra); “abbiamo un demone” (con il quale un angelo giustiziere non deve parlare); “scontro tra il bene e il male, tra anticomunisti e comunisti” e altro. Affermazioni assurde, fuori luogo e sotto certi aspetti patetiche, che proclamate in continuazione non fanno altro che creare tensione, invitare allo scontro tra due blocchi contrapposti togliendo ogni spazio a quanti, ragionando di politica, desiderano trovare soluzioni per il bene comune, senza né urlare, né usare demagogicamente concetti e valori assoluti. Ai politici chiedo non di essere santi, ma di essere esempi di moderazione, di umiltà, di avere il senso del proprio limite passando dall'”io” al “noi”; virtù attraverso le quali ci potrà essere un confronto critico, serrato e costruttivo per affrontare con tutti i soggetti pubblici e sociali le grandi prove dell’Italia. Purtroppo è stato creato un tremendo tritacarne dove l’avversario è disprezzato e demonizzato, dove anche la Chiesa è stata colpita a tradimento quando assurde calunnie di “giornalisti liberi” hanno portato alle dimissioni dell’allora direttore di Avvenire, oppure quando la Lega Nord usa il simbolo della Croce (segno vero di Amore e Fratellanza Universale) come clava contro emigranti e contro la Chiesa stessa, sfottendo indegnamente il nostro Arcivescovo Tettamanzi chiamandolo “imam”.

Decisamente questa spaccatura sia del Paese che dell’opinione pubblica provoca un indebolimento della democrazia partecipata che si avvale della continua circolazione delle informazioni essenziali, di un costante confronto critico, di un serio dibattito per approfondire, sviscerare concretamente i problemi con la finalità di raggiungere tendenzialmente punti di vista comuni. A proposito, Carlo Sorrentino (professore di sociologia dell’Università di Trieste) afferma in un suo articolo: “Viviamo in una società caratterizzata da un eccesso d’informazione. Proprio questa ricchezza ci ha a lungo illusi d’acquisire un controllo sempre maggiore della realtà della nostra vita quotidiana, mentre ci accorgiamo che sta accadendo esattamente il contrario. Il motivo dell’errore è stato confondere le informazioni con la conoscenza.

Non basta accumulare dati, ma bisogna riuscire a metterli in ordine e a dar loro un senso, attribuire loro un significato. Anzi, quante più informazioni abbiamo, tanto più è difficile connotarle, dar loro il giusto peso, l’adeguata interpretazione”.

Ma cos’è l’opinione pubblica? Ebbene essa si forma in Europa tra il Seicento e il Settecento quando la borghesia ricca e istruita, ma lontana dalla gestione dello Stato monarchico assolutistico, ha preteso di partecipare attivamente alla cosa pubblica. Commercianti, imprenditori, medici, notai o letterati trovano nelle “gazzette” o nei “fogli letterari” il luogo pubblico dove avanzare rivendicazioni, richieste e idee. Conquistato il diritto alla partecipazione, questo si è ulteriormente ampliato con l’estensione universale del diritto al voto che permette a tutta la società civile di partecipare in modo rappresentativo al governo dello Stato, passando così da un’opinione pubblica borghese a una di massa, che purtroppo oggi tende a essere “passiva” a causa di una massificazione delle informazioni da parte della TV. Un dato allarmante è indicato nell’Ottavo Rapporto sulla Comunicazione Italiana sviluppato dal CENSIS dove si segnala che solo il 34,5% degli Italiani è lettore “abituale” dei giornali (compresi quelli sportivi).

La dottoressa Maria Teresa Lanziello (docente di Storia delle dottrine politiche presso l’università di Bologna) constata che: “L’espressione “opinione pubblica” è in costante crescita di utilizzo, ovunque s’invoca, la si sollecita, la si denuncia, la si chiama a raccolta, la si misura attraverso il massiccio uso dello strumento dei sondaggi. Assistiamo a una presenza inflazionata dell’opinione pubblica coinvolta continuamente dal potere a manifestare la propria adesione o non alle sue decisioni, perdendo così la propria originaria funzione politica, vale a dire il vero controllo delle decisioni del potere, essere il contropotere della propaganda politica”. I sondaggi poiché per lo più misurano percezioni collettive diffuse nell’opinione pubblica dai mass media sono in effetti una lettura di umori, d’impressioni a volte vaghe e indistinte che rendono impossibili seri processi decisionali, determinando così una falsa libertà decisionale. Sarebbe invece molto più importante rimettere in mano agli elettori la scelta dei loro rappresentanti con il ritorno alla preferenza.

A ben vedere siamo passati da un’opera di convinzione dell’opinione pubblica attuata attraverso la sua spaccatura in due blocchi contrapposti, a un’intensa opera di seduzione. Infatti in questi ultimi tempi viene enfatizzata in modo spropositato con pressanti spot pubblicitari ogni iniziativa del Governo, il quale risulta il migliore di ogni altro dall’Unità d’Italia nel suo “fare”. Ogni piccola norma appare superlativa se non rivoluzionaria, un “modello Italia” e già che ci siamo anche “un modello Milano” da esportare a livello mondiale; si assiste all’autocelebrazione di superuomini politici e dei relativi “attributi”, nella folle ricerca di mettere in ombra statisti come Don Sturzo, De Gasperi, Moro, Berlinguer e Craxi. Un pesante “bullismo politico” che nell’attuale clima di scontro viene purtroppo utilizzato anche da quella parte dell’opinione pubblica, certamente minoritaria ma reale, che attraverso i blog e Internet si è espressa vergognosamente in migliaia e migliaia di messaggi deliranti plaudenti al recente gesto dell’aggressore nei confronti del Presidente del Consiglio.

La democrazia è dialettica finalizzata all’elaborazione di strategie politiche volte alla realizzazione del bene comune, pertanto superando sterili polemiche, ben vengano serie denuncie dei mali della società, delle logiche della casta, delle varie “parentopoli”, delle inadeguatezze dell’amministrazione, dei precisi, pressanti e pesanti interventi necessari per superare la crisi economica e del lavoro, con un invito al Governo di saper ascoltare le diverse voci della nostra società per un miglior discernimento della propria attività politica.

Per finire invito quanti affermano che: “E’ sempre utile in democrazia ascoltare ciò che vuole il popolo e non gruppi elitari più o meno illuminati” a ricordare che a mandare Hitler al potere in Germania e Mussolini in Italia è stato il popolo, democrazia non è populismo e non sempre chi vince ha ragione.

 

Giovanni Agnesi

 

 


 



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