8 maggio 2018

MILANO NON SA CRESCERE O NON VUOLE CRESCERE?

Lo sguardo politico corto


Ci sono due parole che nei convegni e nelle riunioni politiche, anche recentissime, si sentono ripetere con insistenza: competizione e “modello Milano”. Altre invece sembrano del tutto scomparse dal lessico politico: una di queste è Milano Città Metropolitana.

01editoriale17FBDi competizione ha nuovamente parlato giorni fa Giovanni Azzone, presidente di Arexpo, in occasione della presentazione di MIND – Milano Innovation District – il Parco della Scienza e del Sapere e dell’Innovazione che la multinazionale australiana Lend Lease realizzerà sulle aree di Expo2015.

La competizione cui ha accennato è quella tra città europee, le solite citate: Londra, Parigi, Berlino, Francoforte, Madrid, Barcellona … . Insomma tutte città tra quelle che il rapporto dell’OECD – Competitive Cities In the Global Economy – considera come centri di grandi aree metropolitane e che si sono date da tempo un’organizzazione del territorio con l’istituzione di enti di governo di area vasta.

Se la è data anche Milano, o meglio gliel’hanno da ultimo calata dall’alto dopo anni di provvedimenti legislativi mai completamente attuati – e dunque inefficaci – che è inutile ora elencare. Oggi ci siamo con la legge Delrio, un provvedimento affrettato sulla spinta dell’ultimo Governo di centrosinistra e del suo mantra: “noi facciamo le riforme”. L’attuale Città Metropolitana non è uno strumento in realtà né strategico né operativo: malgrado questi suoi connotati tutt’altro che “minacciosi” per i poteri delle Regioni e dei grandi Comuni, nessuno vuol veder funzionare Milano Città Metropolitana.

Le ragioni di questo “rifiuto” sono prettamente elettorali e di potere. Perché mai la Regione dovrebbe lasciar nascere un Ente territoriale – attualmente ancora di insufficienti dimensioni se si vuol essere seri – che riguarda una popolazione di 3.250.000 abitanti su una popolazione di 10.000.000 in una Regione che politicamente si regge sul voto dei Comuni medi, piccoli e piccolissimi, dove il centro destra che la governa fa il pieno dei suoi voti?

Perché mai Milano, sempre più chiusa attorno al suo centro storico, dovrebbe anche lei cedere ai Comuni che la circondano sovranità, perché di questo si tratta, potere e risorse economiche nazionali ed europee? Perché dovrebbe subordinare o anche solo concordare le sue politiche urbanistiche, trasportistiche, infrastrutturali ad accordi con i Comuni della città Metropolitana? Dovrebbe farlo la Milano che a parole si occupa delle sue periferie ma che in realtà non riesce a ridurre la loro distanza dal centro?

La domanda però resta: Milano senza Città metropolitana ce la farà a competere? Temo di no.

La domanda successiva è: con la legge Delrio, se ci fosse volontà politica, potrebbe prender corpo una vera città metropolitana?

A quest’ultima domanda non sono in grado di rispondere perché la materia è troppo vasta per me e richiede competenze che non ho; tuttavia penso che ci siano “uomini di buona volontà” che vogliano e sappiano rispondere.

Quanto alla prima domanda offro alcune riflessioni a cominciare dalla considerazione che il Comune di Milano non ha né le risorse territoriali né quelle di capitale umano sufficienti in prospettiva per crescere ma solo, al massimo, per modificarsi e migliorare quelle che potremmo definire le sue passate performances economiche.

La popolazione milanese sta invecchiando in maniera preoccupante e dunque invecchia il suo capitale umano; per altro le sue capacità insediative rispetto all’antropizzazione del suo territorio e alle condizioni climatiche permanenti di inquinamento ambientale, ci dicono che siamo di fronte ad un dilemma: come aumentare la capacità insediativa e contemporaneamente migliorare l’ambiente. Missione impossibile ma comunque la popolazione aumenta di poco soprattutto col contributo degli immigrati.

Milano ha una densità di popolazione di 7.489 abitanti per chilometro quadrato, un terzo di Parigi, che è un’eccezione europea, ma più di Londra con i suoi 5.600 abitanti, più di Madrid, più di Monaco di Baviera: pensare a una sua densificazione sarebbe follia.

Le capacità produttive di Milano tendono a spingerla verso un’economia fatta di poche monocolture: moda, turismo, servizi e manifestazioni espositive. Come la moda ha lasciato Parigi per venire da noi, così può andarsene; il turismo genera qualità del lavoro precaria e di bassissima specializzazione e per il momento godiamo del riflusso da Paesi esclusi per ragioni di sicurezza dai circuiti turistici tradizionali; i servizi sono l’indotto di altre attività e dunque ne seguono passivamente le sorti; le manifestazioni espositive reggono fintanto che la qualità dei prodotti esposti è di alto livello. L’ultimo Salone del Mobile ha mostrato che il nostro design comincia ha perdere di qualità. Un’economia pluricolturale è il solo futuro ipotizzabile.

Dunque se Milano vuole competere non può farlo altro che contando sulle risorse di Milano Città Metropolitana. Altri gravi problemi di Milano, a cominciare dal pendolarismo, hanno soluzioni solo metropolitane.

Veniamo ora al “modello Milano”. Quando se ne parla, come recentemente in sede politica, di che si parla? Di una strategia di conquista del potere? Di rifondazione della sinistra? O magari anche di una politica di riduzione delle disuguaglianze, di lavoro, di pari opportunità, di ridistribuzione della ricchezza? Di queste cose per il momento i depositari del “modello Milano” hanno molto parlato ma di concreto si è visto poco o nulla.

Di Milano Città Metropolitana nemmeno l’ombra.

Luca Beltrami Gadola



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