12 marzo 2018

SINISTRA MILANESE: NON SI VIVE DI SOLE START-UP

Un sindaco per il futuro


La settimana scorsa, a ridosso del risultato elettorale, nel mio editoriale scrivevo: “Allora perché a Milano la sinistra si “salva” ancorché ammaccata?” Sia ben chiaro, ho detto si “salva”, che non è dire che abbia vinto: il Pd a Milano ha perso moltissimi voti resistendo solo nei seggi dove vota la borghesia milanese. Meno male che c’è, anche se autoreferenziale. Possiamo dire che centro destra e M5S in periferia l’hanno fatta alla grande, nei quartieri popolari. Non per niente un esponente della destra ha detto: “Adesso dobbiamo andare all’assalto del centro di Milano”.

01editoriale10FBChe il sindaco Beppe Sala, autodefinitosi guru della sinistra, in due recenti interviste giornalistiche si attribuisca il merito di questa “minore sconfitta” e la faccia passare per vittoria, è francamente irritante. Ripeto quel che ho già detto: in tutto il mondo le grandi città, quelle in particolare dove maggiore è la vivacità culturale, sono il luogo eletto della sinistra (intellettuale). Il perché lo sappiamo da sempre: sono là dove il progresso in tutte le sue forme, il cambiamento, la globalizzazione e l’innovazione hanno mostrato e continuano a mostrare il volto buono, quello quanto meno accettabile. Nelle città alberga la speranza di un destino migliore anche se non per tutti. Non per tutti, non per le periferie.

Beppe Sala è arrivato a essere sindaco di Milano sull’onda di Expo, successo che nessuno gli toglie, ma tra un manager e un sindaco politico ce ne corre e Milano ha bisogno di un sindaco politico: l’ultimo sindaco di questo tipo è stato leghista, venuto sull’onda del disfacimento dei partiti. La sinistra milanese di sindaci non ne ha più prodotti e quando dico che Milano può essere il laboratorio della sinistra dico che può essere il laboratorio nel quale trovarne uno politico e di sinistra.

L’aver realizzato Expo in una città governata da una giunta di sinistra e durante un Governo nazionale di sinistra non dà automaticamente la patente di uomo di sinistra. Sala non lo è.

Cosa è una città di sinistra? Non credo che ci voglia molto a capirlo: è una città attenta ai deboli, attenta ai meno “visibili”, capace di chiudere la forbice drammatica tra ricchi e poveri, tra chi ha bisogni reali da soddisfare per raggiungere una qualità della vita decente, una città che cerca di primeggiare nelle classifiche guardando al BES, l’indice di benessere equo e sostenibile.

Lo slancio che Milano ha indubbiamente preso nel dopo Expo ha giovato al centro e non alle periferie che sono rimaste quelle di prima: vi si interviene ancora maldestramente. La coda alle mense dove si danno pasti gratis è aumentata, la povertà cresce, i lavori precari e i non lavori, come la delivery, crescono (Foodora, justEat, Deliveroo e – poteva mancare? – McDelivery).

Progettare e promettere la riapertura dei Navigli è sinistra? Il car sharing? Il bike sharing? Le isole wifi? Piano city? Tutte le iniziative “smart” sono sinistra? Le start-up? La Milano eventificio è sinistra? La frenesia dello skyline è di sinistra?

No. Non sono né di sinistra né di destra, sono il grande fiume del “nuovo” che avanza, che spesso ci arriva da un altrove, che introitiamo per non essere da meno: dietro si celano gli affari dei grandi gruppi finanziari e imprenditoriali. È qualcosa che passa sopra le nostre teste e che abbiamo rinunciato a governare. La sinistra per prima.

Tutto male. No di certo. Aumenta il turismo – ma quale? – aumentano gli occupati, ma di che tipo? La città è attrattiva, ma chi ne beneficia? Le immobiliari guardano a Milano con interesse, ma chi si preoccupa di un’eventuale bolla? Accettare che FFSS (Scali) e Demanio (Forze Armate) si approprino dei beni comuni dei milanesi è di sinistra?

Parafrasando Moretti verrebbe da dire: “Sala, non dirci cose di sinistra, falle”.

Luca Beltrami Gadola



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