27 febbraio 2018

RAGIONARE SUI NUMERI DELLE PASSATE ELEZIONI

I sondaggisti giustamente latitano


Nell’ultima settimana quando si affastellano appelli e denunce, richieste e proclami emerge spesso un deficit di memoria o meglio una dissonanza cognitiva che ha al centro i risultati elettorali del passato. Vale la pena ricordare perciò alcuni dati. Le elezioni regionali si sono svolte in queste date: 1970, 1975, 1980, 1985, 1990, 1995, 2000, 2005, 2010, 2013. Le ultime elezioni non presidenziali si tennero nel maggio del 1990 parteciparono il 91,21% degli elettori cioè circa 700.000 elettori in più che alle ultime elezioni e solo due degli attuali protagonisti erano già sulla lista: la Lega (allora però lombarda) che ottenne il 18,94% dei voti e il partito dei pensionati che ottenne l’1,82% rispettivamente 70.000 voti in meno che alle ultime elezioni (ma sommando La lista della lega a quella del presidente Maroni) e 64.000 voti in meno con percentuale dimezzata per la famiglia Fatuzzo. Il PCI aveva il 18,76%, il PSI il 14,29%,i verdi (due liste) superavano il 5%, la DC superava il 28% e con il gruppo dei partiti centristi superava il 34% mentre estrema destra (MSI) ed estrema sinistra (DP) stazionava attorno al 2%.

02marossi08FBRispetto ad allora alle ultime elezioni regionali la coalizione Ambrosoli o meglio i partiti che si richiamano a quelli della sinistra del tempo hanno perso più di mezzo milione di voti, allargando a spanne ai centristi che si sono spostati più a sinistra il gap aumenta. In pratica i risultati regionali si possono leggere alla luce di una sola considerazione: “il centro sinistra non ha mai sfiorato la vittoria negli ultimi 5 lustri”.

Nel 1995 Domenico Masi si fermò al 27% con Pippo Torri al 7,76, Marco Pannela al 2,82%, Carlo Fatuzzo (sempre lui al 2%), Roberto Formigoni al 41%, e il leghista Speroni al 18%. Nel 2000, Formigoni nella cui coalizione è confluita la Lega prende più del 62% dei voti ma le liste dei partiti superano il 65%, Marco Pannella si attesta al 3,32%, Nerio Nesi il socialista che rappresenta i comunisti italiani supera di poco il 2%, mentre il padre nobile del centro sinistra lombardo di allora Martinazzoli naufraga al 31,46% ma con le liste addirittura al 28,41% (e rifondazioni che allora era in coalizione sopra il 6%).

Nel 2005 gli schieramenti si presentano più compatti, Sarfatti ingloba tutte le sinistre ed anche i pensionati ottenendo il 43,17%, con le liste comuniste (Rifondazione e Comunisti italiani) che superano l’8%, mentre Formigoni vince con il 53,87%. La Lega ormai il partito più antico in lista si attesta al 15,82% cioè circa 3% in meno che nel 1990 ma ben 500.000 voti in meno. In termini di voti la differenza tra i due schieramenti supera i 500.000, mentre la partecipazione sfiora il 73%.

Nel 2010 vi è il tracollo della partecipazione che si attesta al 64,64% con 4.819.000 voti validi per i presidenti e 4.263.000 per le liste. In pratica rispetto all’ultimo voto proporzionale i partiti (le liste) perdono complessivamente circa due milioni di elettori.

Formigoni vince con il 56,11% dei voti (lasciando anche questa volta circa un 2% rispetto alle liste della sua coalizione) mentre il candidato del centrosinistra Filippo Penati si attesta sul 33,27%, nella coalizione anche il partito dei pensionati con l’1,64% dei voti, SEL con l’1,39%. Savino Pezzotta da il via alla tragicomica candidatura del centrista terzista ottenendo il 4,69% poco più di quello che alle ultime ottenne Albertini a controprova che gli elettori percepiscono il sistema elettorale presidenziale come bipolare. Fa la sua comparsa in queste elezione il Movimento 5 stelle con il 3% e 145.000 voti, mentre la sinistra comunista con Vittorio Maria Agnoletto ottiene il 2,36% la percentuale più bassa per la sinistra radicale della storia delle regionali.

E veniamo ad Ambrosoli che con il 38,24% dei voti recupera in percentuale e in valori assoluti rispetto a Penati ma coalizzando tutte le sinistre e quindi grossomodo ripetendo l’unione di Sarfatti rispetto alla quale tuttavia perde sia in percentuale che in valori assoluti nonostante l’aumento complessivo degli elettori grazie al traino delle politiche. Tuttavia per la prima volta il gap con il vincitore si riduce al 4,58% nella votazione presidenziale e al 5,8% nella liste per elezione dei consiglieri. La riduzione del gap, tenuto conto della candidatura di Albertini, clamoroso flop rispetto al risultato dei montiani alle politiche ma pur sempre un flop del 4,12% e dovuta interamente alla crescita dei 5 stelle, anch’essi lontanissimi da chanches di vittoria ma comunque attestantesi al 13,63% con 782.000 voti e il coefficiente di fedeltà maggiore tra il voto al presidente e quello alle liste.

Senza annoiarvi con altri numeri in pratica si può concludere che:

  1. la coalizione di centrodestra è in calo continuo dal 1995
  2. la coalizione di centrosinistra resta comunque minoritaria rispetto al centro destra riducendo il gap solo quando ingloba le sinistre e quando aumenta il peso di terze forze anche se penso che la decisione di Onorio Rosati e amici di andare da soli, probabilmente non modifica di molto il quadro. É vero che la coalizione di centrosinistra ottiene il massimo quando ingloba le sinistre ma è anche vero che la sinistra più radicale è elettoralmente in calo costante da vent’anni e certamente appare improbabile che chi ha votato nel tempo Torri, Agnoletto, potesse acconciarsi a votare Gori.
  3. l’elettorato tende all’aumento dell’astensione ma non continuativamente, la concomitanza delle elezioni nazionali favorisce la partecipazione anche alle regionali
  4. il movimento cinque stelle è l’ago della bilancia tra i due candidati in corsa Gori e Fontana perché perde più di 150.000 voti nel 2013 tra politiche e regionali mettendo a disposizione una platea contendibile anche se va detto che la percentuale di votanti nel 2013 tra regionali e politiche maggiore alle politiche di circa il 3%

Come diceva la mia mamma: “non si può avere tutto”, o si punta a recuperare elettorato centrista o si punta a non avere avversari a sinistra: con Gori si è scelto di recuperare il voto centrista seguendo lo schema Sala e non quello Pisapia (ma il doppio turno è un altra storia) e lo slogan “Fare Meglio” ne è plastica rappresentazione.

Le condizioni di partenza in Lombardia sono le migliori, centro destra al minimo storico, forze terze al massimo storico, partecipazione al voto trainata dalle politiche ma comunque inferiore, candidato moderato scelto in zona Cesarini (per i non calciofili significa all’ultimo minuto), campagna elettorale che più moscia non si può e quindi a favore del candidato più noto; purtroppo per Gori sono le condizioni nazionali che non paiono brillanti

Milano sarà centrale perché Ambrosoli recuperò oltre 100.000 voti su Penati distanziando Maroni di ben 14 punti percentuali, mentre Sala ne perse distanziando Parisi di solo il 3% al ballottaggio e 1% al primo turno, proprio sul gap milanese tra i due contendenti si gioca parte della vittoria.

Ancora pochi giorni e sapremo.

Walter Marossi



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