13 febbraio 2018

URNE APERTE TRA SCOMPARSE, RITORNI E NOVITÀ

Esercizi di calcolo combinatorio: nomi, simboli, stupori e amara ilarità


Il risultato delle prossime elezioni dipende da come verrà risolto dagli elettori il dilemma: effetto candidato o voto politico agli schieramenti/liste. Da anni, con l’implementazione del sistema elettorale per l’elezione dei sindaci e con l’affermarsi delle leadership presidenzialiste, prima di Berlusconi poi di Renzi, il sistema politico si è caratterizzato per una sempre più netta personalizzazione leaderistica. Con la scomparsa di Berlusconi quale candidato, il passo indietro di Renzi, il ritorno dei “tecnici” Monti, delle riserve Gentiloni, del proporzionale, soprattutto la leaderizzazione personalistica delle elezioni non solo si è fermata, ma ha fatto passi indietro.

03marossi06FBI sondaggi lombardi che danno il centro destra in vantaggio sul centrosinistra, nonostante un divario netto di apprezzamento e popolarità a vantaggio di Gori su Fontana, confermano questa tendenza anche se nel Lazio avviene l’opposto, visto che le coalizioni alle politiche e alle regionali sono addirittura diverse. La legge elettorale nazionale reintroducendo i collegi elettorali nominali e negando il voto disgiunto, che è invece possibile nelle regionali lombarde, aumenta la contraddizione e in qualche modo rende incerto il risultato. Infatti se prevalesse la logica del candidato uninominale lo stesso risultato proporzionale ne uscirebbe modificato rispetto ai sondaggi perché non vi è alcun dubbio che nei collegi almeno una forza politica, i Cinque Stelle, parte svantaggiata.

Da qui i dubbi comunicativi che attanagliano in queste ore spin doctor e politici: faccio santini individuali o punto sul simbolo delle liste? Nel mio collegio è più importante recuperare voti dall’astensione o corteggiare i trombati del campo avversario che potrebbero votarmi per dispetto rispetto ai loro colleghi di schieramento/partito? Punto ad accreditarmi con i/il leader nazionale o faccio l’eretico per marcare una differenza visto che Codello è antipatico a molti? Mi abbino al candidato nelle liste regionali che lotta per le preferenze o faccio distinzione tra politiche e regionali? Sparo addosso al mio ex amico che si colloca su posizioni più radicali o ne blandisco l’elettorato paventando una riconciliazione futura? Faccio appello al voto utile o così perdo il sostegno dei supporter duri e puri? E via dicendo.

Mai come questa volta le elezioni si parcellizzano in una serie di campagne parallele a quella nazionale, distinte da quella locale, quella di coalizione distinta da quella di lista, quella di collegio trasformata in sfida personale, quella per senato e camera distinta da quella regionale; in una babele di linguaggi che da una parte disorienta l’elettore meno avveduto, ma dall’altra può generare sorprese.

La domanda da cento milioni restando sempre la stessa: come convincere gli indecisi. Per questo il modo in cui verrà fatta la propaganda (caro vecchio termine) acquista un’importanza maggiore rispetto a un recente passato nel quale il quadro era più lineare.

I candidati nel listino proporzionale in questa situazione sono i più disorientati: da una parte dovrebbero allinearsi alla campagna nazionale, e al leader nazionale, dall’altra -per effetto della mancanza del voto disgiunto- hanno tutto l’interesse ad aiutare il candidato uninominale che, anche facesse una campagna distinta dai riferimenti nazionali e tutta personale, comunque porterebbe voti al proporzionale.

Il problema si complica quando il candidato all’uninominale, invece che valore aggiunto, lo si ritiene valore negativo, il che capita più spesso di quanto non si pensi. A complicare il quadro è intervenuta anche la scelta delle coalizioni di moltiplicare i soggetti concorrenti: alle politiche con la comparsa di simboli ad hoc, risultati di coalizioni impensabili anche solo pochi mesi addietro (Radicali+Tabacci, socialisti+prodiani, di tutto un po’ con Lorenzin, di tutto un po’ con Fitto), alle regionali con il proliferare di liste personali e civiche (Gori ne ha ben 3 per un totale di 7).

In alcuni casi i simboli dello stesso partito/gruppo sono diversi tra nazionali e regionali, in altri casi sono diversi gli schieramenti, non solo come avviene per LeU in Lazio, ma come avviene in modo opaco sulle preferenze per i candidati alle regionali o nei collegi.

Mi spiego meglio: se sono candidato in un uninominale potrei aiutare nelle preferenze un candidato in uno schieramento diverso alle regionali, che a sua volta mi renderebbe il favore; se sono candidato nel collegio lontano dal mio tradizionale bacino di influenza potrei far votare in quell’altro collegio un avversario di lista, ma più amico di tanti colleghi di partito; le variabili sono molte.

Non si tratta di voto di scambio o di clientele, ma del portato di sistemi elettorali complessi e diversi tra loro; tra l’altro, visto che le ultime elezioni amministrative sono state caratterizzate dal successo di decine di liste civiche e che spesso le coalizioni nei comuni sono diverse dalle coalizioni di questa tornata, si favorisce un voto disgiunto home made.

I partiti del resto sempre più deboli e divisi all’interno non sono minimamente in grado di gestire questi aspetti della campagna elettorale, anzi sembrano lasciare totale mano libera al punto tale che la lista stessa non è stata inaugurata da manifestazioni di partito di lista o di simbolo, ma di candidato; ricordo con nostalgia gli anni in cui si guardava con sospetto ai manifesti con il nome del candidato troppo in evidenza.

Ovviamente come i panettoni a novembre, ricompaiono i professionisti delle elezioni, primo fra tutti in Lombardia il mitico Fatuzzo leader del partito pensionati, candidato pressoché a tutte le elezioni dal 1979 (ma come leader dei pensionati solo dal 1987) alternativamente schierato nel centro destra e nel centrosinistra, ha un ruolo non secondario nel risultati finale in Lombardia (nel 2006 con Prodi in Lombardia al Senato prese l’1,62%, nel 2013 con Berlusconi lo 0,63%, con Maroni lo 0,94, con Sarfatti addirittura il 2,63% e più di 115000 voti, da solo alle europee del 2004 con l’1,76%). Il partito ha in pratica due soli eletti: Carlo Fatuzzo più volte parlamentare, parlamentare europeo, consigliere regionale, ed Elisabetta Fatuzzo, sua figlia, consigliere regionale Lombardo dal 2000, ma prima anche consigliere regionale Ligure. Mai sottovalutare però i partiti piccoli e dimenticare che nel 2006 Prodi vinse con una differenza di 24000 voti e il partito di Fatuzzo nazionalmente ne ottenne 333000.

Ricompaiono simboli dimenticati: dal sempreverde “scudo con la scritta libertas” a quello dell’IDV che da partito radical/giustizialista si trova nello stesso contenitore con Fabrizio Cicchitto e la famiglia Alli. Per la prima volta, ma ad oggi non è ancora ufficiale, non ci sarà sulle schede alcun simbolo con Falce e Martello.

Ricompaiono poi molti ingrigiti protagonisti di tante battaglie e di tante liste, un piccolo esercito di “revenants” che tra collegi, primarie, liste, prima e seconda repubblica, politiche, amministrative senza dimenticare ordini professionali e collegi d’istituto della scuola del figlio, condominio e comitato parrocchiale o di via, non hanno quasi mai mancato un appuntamento e spesso una trombatura, ma lascio a voi il divertimento di trovarli.

Contemporaneamente scompaiono grandi protagonisti del passato, uno per tutti Comunione e Liberazione. Un tempo temutissima per le compatte falangi di voti di preferenza che scardinavano le gerarchie dei partiti (ricordate lo choc delle 450000 preferenze di Formigoni nel 1984?); oggi sparpagliata un po’ in tutte le liste del centro destra e del centro sinistra; accolta con una qualche sufficienza e qualche imbarazzo, CL accredita un ritorno alle origini ed una certa indifferenza per i risultati elettorali; esemplare la parabola di Formigoni, ricandidato più per obbligo che per convinzione, e la mancata candidatura di Mario Mauro che solo 3 anni fa era Ministro della Difesa.

Ma scompaiono anche recenti protagonisti che sembravano dover trasformare il sistema politico solo pochi anni fa: in primis la pattuglia montiana e il suo alfiere milanese, l’ex sindaco Albertini di cui non si dimentica il pessimo risultato delle precedenti regionali.

Ricompaiono i socialisti (come da secolare tradizione divisi), in prima fila ovviamente Stefania Craxi candidata nel centrodestra, Franco D’Alfonso nel centro sinistra e, ultima new entry, la pattuglia di candidati in LeU da Felice Besostri a Luciano Belli Paci e Francesco Somaini.

Nelle tecnicalità scompaiono i manifesti (ma non nel resto d’Italia), si riducono le comparsate nelle TV locali mentre aumentano quelle radiofoniche, si riducono le spedizioni postali (tanto arrivano dopo il voto) e proliferano gli aperitivi (in genere pieni di imbucati e con il prosecchino scadente), le presentazioni di libri, l’evento con testimonial vari (anche se alcuni hanno già fatto il testimonial per molteplici candidati).

Ma siamo solo all’inizio e molte sorprese ci attendono (forse). Ne riparleremo.

Walter Marossi



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