13 febbraio 2018

LEGGE CIRINNÀ E UNIONI CIVILI: MILANO IL PIÙ ALTO NUMERO

La legge Cirinnà è un test sulla cultura del Paese


La legge 20 maggio 2016 n. 76, Legge Cirinnà, ha introdotto nell’ordinamento italiano l’istituto dell’unione civile tra persone dello stesso genere, primo vero passo avanti in tema di diritti civili che ha consentito all’Italia di non rimanere fanalino di coda, in tal senso, nella normativa europea e dopo un primo periodo transitorio, in data 11 febbraio 2017 sono entrati in vigore i decreti legislativi numeri 5, 6 e 7 che ne dettano la disciplina definitiva, stabilendo dettagliatamente tempi e modalità di acquisizione dell’unione civile, lasciando alla normativa locale solo i dettagli di natura organizzativa.

heart_newLa coppia, formata da due persone maggiorenni dello stesso genere, può scegliere liberamente il comune a cui rivolgersi per costituire l’unione civile, indipendentemente dalla residenza di coloro che vogliono costituire l’unione. Chi intende richiedere la costituzione dell’unione civile all’ufficiale dello stato civile del Comune deve prenotare l’appuntamento affinché le parti (o la persona che ha avuto, dalle stesse, speciale incarico), possano formalizzare tale richiesta e dichiarare sotto la propria responsabilità di essere in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge.

L’Ufficiale dello stato civile eseguirà, entro 30 giorni dalla redazione del processo verbale, tutte le verifiche necessarie per accertare che non sussistano impedimenti di alcun genere. A partire dalla data della comunicazione alle parti di chiusura delle verifiche da parte dell’Ufficiale dello stato civile, ed entro i successivi 180 giorni, l’unione civile potrà essere celebrata dal Sindaco o da un Consigliere comunale da lui delegato con una cerimonia presso gli uffici comunali.

Le coppia ha la facoltà di dichiarare di assumere, per la durata dell’unione civile, un cognome comune scegliendolo tra i due cognomi degli individui che si uniscono. La parte che assumerà cognome diverso da quello di nascita potrà anteporlo o posporlo al proprio, ma il cognome scelto non comparirà nelle certificazioni anagrafiche e di stato civile e non comporterà quindi variazione del codice fiscale.

Le parti possono dichiarare, al momento della costituzione dell’unione civile, di scegliere il regime della separazione dei beni (art. 162 c.c.), mentre in assenza di scelta esplicita il regime patrimoniale è quello della comunione dei beni (art. 159 c.c.)

Analizzando qualche dato numerico relativamente a chi ha deciso di formalizzare l’unione civile al 31 agosto 2017, emerge un dato incontrovertibile: sono, soprattutto, le coppie maschili a decidere di formalizzare il loro legame costituendo un’unione civile. La tendenza è netta nelle 21 città capoluogo di regione e province autonome, dove il 76% delle unioni “celebrate” all’2017 è costituito da coppie di genere maschile.

Milano è la città dove si è concentrato il più alto numero di unioni civili: in poco più di un anno si è giunti a 600 (80% uomini e 20% donne). Milano è in testa alla classifica delle unioni civili, non solo per il dato assoluto, ma anche numero di unioni civili percentuali sul numero di abitanti: 36,8 ogni 100mila abitanti. Seguono Roma e Torino, realtà metropolitane evidentemente molto estese e, quindi, con un dato assoluto alto, naturalmente abbastanza scontato.

La classifica cambia, in parte, se i dati vengono rapportati al numero degli abitanti. Bologna ricopre la seconda posizione, Torino a seguire e Roma in sesta posizione dopo città meno popolate come Firenze e Verona.

Le città del sud, anche quelle di maggiori dimensioni come Napoli, Bari e Palermo, registrano, invece, poche unioni civili, circa la metà di quelle delle grandi città del nord, dando conferma di una “questione culturale” ancora in tutta evidenza aperta.

Occorreranno alcuni anni per superare il pregiudizio culturale non sono relativamente all’unione e alla convivenza tra persone dello stesso genere, ma anche rispetto all’ufficializzazione della stessa, davanti ad un pubblico ufficiale ed alla comunità. Per ora, sulla base di questi dati e di una riconosciuta snellezza dell’iter burocratico, si può essere abbastanza soddisfatti dei dati milanesi che dimostrano che, effettivamente, la legge Cirinnà abbia fornito uno strumento adeguato al riconoscimento dei diritti di molti concittadini rimasti troppo a lungo nell’ombra.

Sarà interessante analizzare i dati nel 2018 e nei prossimi anni per valutare un eventuale trend di crescita, valutare quale tipologia di persone (età, professione) chieda più di frequente di essere unita civilmente ed anche, visti i tempi, quale sia la durata di tali unioni civili. I dati e le analisi statistiche saranno interessanti, certo. Per ora è innegabile il progresso di civiltà e di tutela dei diritti che questa normativa ha apportato.

Ilaria Li Vigni



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