6 febbraio 2018

PIETRE D’INCIAMPO, CONTRO L’OBLIO DELL’OLOCAUSTO

Qualcosa di positivo in un dibattito avvelenato dalla destra


Un piccolo blocco quadrato di pietra di dieci centimetri per lato, incorporato nel selciato stradale e ricoperto da una targa di ottone lucente: ogni pietra d’inciampo è un potente segno della memoria, che invita il passante che vi si imbatte a fermarsi, a riflettere e a mantenere viva la memoria dell’Olocausto. Un nome, l’anno di nascita, la data di deportazione seguita dal luogo e dalla data di morte, se conosciuta, sono informazioni che riescono finalmente a restituire individualità e dignità a ogni deportato, all’impressionante quantità di persone ridotte a numero all’interno dei campi di sterminio nazisti.

07bramante05FBSono ormai oltre 60.000 le pietre d’inciampo, create per un’iniziativa dell’artista tedesco Gunter Demnig, sostenuta dai discendenti dei deportati e dalle comunità locali; sono collocate lungo le strade in 1.800 città europee, davanti alle ultime abitazioni delle vittime o al luogo ove furono fatte prigioniere. Anno dopo anno, a partire dalla prima pietra posata a Colonia nel 1995, si sta disegnando una mappa di memoria diffusa dei cittadini deportati, che attraversa i paesi europei, dalla Germania alla Repubblica Ceca, alla Polonia, ai Paesi Bassi, Belgio, Lussemburgo, Norvegia, Francia, Spagna, Svizzera, Grecia, Ucraina, Slovenia, Croazia, Romania, Russia e Italia.

La prima pietra d’inciampo posata a Milano è quella in memoria del padre di Liliana Segre, deposta il 19 gennaio 2017 in Corso Magenta 55 e seguita, purtroppo, da molte altre.

Ci potrà capitare, passeggiando per le vie della nostra città, di imbatterci in una di esse, di essere incuriositi dal suo bagliore e di fermarci, mettendo da parte, per una volta, quell’indifferenza dalla quale Liliana Segre non si stancherà mai di metterci in guardia. Quelle che prima erano cifre, per quanto impressionanti, studiate sui libri di storia, diventano così, grazie alle pietre d’inciampo, il segno del vuoto lasciato nella nostra società dalla cancellazione di intere famiglie, che magari abitavano poco distanti da noi.

E’ proprio questa l’esperienza toccante vissuta dai ragazzi di una scuola media del centro di Milano, l’Istituto Comprensivo “Cavalieri” di via Anco Marzio 9. Martedì 23 gennaio 2018, in via De Togni 10, a pochi passi dall’istituto, sono state poste, infatti, altre quattro pietre, per ricordare Ernesto Reinach, Ugo De Benedetti, la moglie Etta e il figlio Piero, deportati il 6 dicembre 1943 ad Auschwitz, da cui non avrebbero fatto ritorno.

A questo momento privato della famiglia Reinach De Benedetti, ma anche di alto valore civico per Milano, ha potuto unirsi una rappresentanza degli studenti che, grazie ai documenti d’archivio messi loro a disposizione dal Centro di Documentazione Ebraica, hanno potuto scoprire la figura del giovane Piero, ragazzo milanese come loro, residente a pochi isolati dalla loro scuola, come loro pieno di curiosità e di passioni, stroncate purtroppo quel tragico 6 dicembre.

Hanno ricostruito la sua storia e quella della sua famiglia, trovato fotografie che davano un volto a quei nomi, conosciuto i discendenti. Hanno intessuto così un legame tra presente e passato, da trasmettere ai compagni più giovani, lungo un filo ininterrotto che, soprattutto in momenti come quelli attuali nei quali intolleranza e pregiudizio tornano pericolosamente a serpeggiare nella nostra società, costituisce il vero senso della Memoria.

Rita Bramante e Silvia Locatelli



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