16 gennaio 2018

MILANO 2018: LE PROSPETTIVE DELLA CITTÀ METROPOLITANA

Uno scoglio inevitabile


Il Direttore di ArcipelagoMilano mi ha chiesto di scrivere un articolo sulla Città metropolitana cercando di “guardare avanti”. Compito arduo che impone di separare ciò che si auspica da ciò che si ritiene probabile. Ho scelto comunque di limitarmi a prospettive realistiche, riservandomi per un’altra occasione una maggiore libertà di pensiero.

02targetti02FBL’esito delle prossime elezioni politiche è incerto; chiunque vinca, molto probabilmente, non metterà mano a riforme istituzionali. Lavoro, tasse, Europa e immigrazione sono i temi proposti all’elettorato dalle forze politiche. Le riforme istituzionali non sono nei programmi dei Cinque Stelle, né del centro destra. Il PD, dopo la sconfitta del referendum, probabilmente non tenterà altre riforme. A sinistra del PD il tema centrale è il lavoro.

La legge Delrio, che continuo a ritenere incostituzionale per la parte delle province e delle città metropolitane, resterà in vigore. Nessuno degli attori politici in campo ha interesse a sollevare la questione di incostituzionalità. Il nuovo governo tuttavia dovrà rivedere l’importo dei trasferimenti a province e città metropolitane per evitarne il dissesto finanziario, per incongruenza tra compiti e risorse disponibili, come denunciato dalla stessa Corte dei Conti. La possibilità di conciliare il rifinanziamento con la riduzione del deficit e delle tasse è affidato all’andamento della crescita, visto che la riduzione dell’evasione fiscale è troppo lenta per consentire politiche alternative.

In Lombardia il centro destra di Maroni aveva mostrato un certo interesse per il ruolo dell’ente intermedio: in previsione della soppressione delle province contenuta nella proposta referendaria, la regione stava elaborando un’ipotesi di riforma regionale dell’ente intermedio; ipotesi superata dall’esito del referendum che ha lasciato in Costituzione le province. La Regione tuttavia mentre ritiene utile il ruolo delle province è sempre stata contraria ad un ruolo forte della Città Metropolitana, per un’evidente ragione di divisione del potere. Per ora nella proposta elettorale di Gori, candidato del PD alla presidenza della Lombardia, il tema della CM non appare evidente.

Infine, per chiudere il quadro regionale, la trattativa in corso per il trasferimento dei poteri dallo Stato alla Lombardia potrebbe avere effetto sui poteri e sulle risorse per le province e la Città Metropolitana.

Dunque in un quadro di sostanziale conservazione degli assetti istituzionali il ruolo di Sala sindaco di Milano e nel contempo sindaco metropolitano è essenziale per le prospettive della Città Metropolitana.

Dopo l’Esposizione universale, Milano ha consolidato il suo ruolo nazionale e internazionale. Ha consolidato i rapporti con lo Stato (vedi operazione dopo Expo e metropolitane); ha consolidato anche il rapporto con la Regione (vedi trasferimento dell’agenzia europea del farmaco purtroppo fallito per altre ragioni). La Regione del resto ha interesse che il suo capoluogo svolga un ruolo trainante. Non ha interesse che la Città Metropolitana, che rappresenta un terzo della popolazione lombarda, assuma un ruolo politico ed economico più autonomo.

Sala tuttavia dovrà decidere se vorrà ripresentarsi alle prossime elezioni avendo ben amministrato Milano, ma con un consuntivo trascurabile per la Città Metropolitana o se vorrà presentarsi agli elettori avendo anche costruito un ruolo politico forte della Città Metropolitana fondato su pochi ma qualificanti obbiettivi. In questo caso, prima della scadenza elettorale dovrà avviare il processo per l’elezione diretta del sindaco metropolitano, prevista dallo stesso Statuto della Città Metropolitana.

Si aprono dunque per i prossimi anni due scenari per la Città Metropolitana; ma prima di tracciarli rifacciamo il punto sui dati reali, sui pesi relativi di Milano e della sua area metropolitana e sulle dinamiche degli ultimi anni. L’area metropolitana di Milano è assai più ampia della Città Metropolitana. Quanto meno dovrebbe comprendere la neonata provincia di Monza, ma per restare nell’ambito delle previsioni realistiche valutiamo il rapporto tra Milano e la Città Metropolitana nella sua attuale dimensione istituzionale.

L’andamento demografico è un indice significativo delle complessive dinamiche territoriali, anche se nel rapporto tra capoluogo e Città Metropolitana l’indice demografico non corrisponde in modo diretto allo sviluppo.

Nei dieci anni che vanno dal 2001 al 2011 Milano perde popolazione e il suo peso si riduce rispetto alla Città Metropolitana e alla Regione che crescono in modo consistente. Sono gli anni della crisi che incidono in modo evidente su tali andamenti anche se i flussi pendolari in ingresso a Milano continuano a crescere (+14,6%) e la città continua a trainare l’economia della regione e del Paese.

Nei cinque anni tra il 2011 e il 2016, superato il picco negativo della crisi, la popolazione di Milano riprende a crescere con un tasso che è più del doppio del resto della Città Metropolitana e quasi il triplo della Lombardia (rispettivamente 9%, 4%, 3,2%). (1) Milano corre; il resto fatica a seguire, anche se il saldo naturale a Milano è sempre negativo e nella Città metropolitana diventa negativo a partire dal 2012. Sono i flussi migratori che determinano la crescita. (2) .

L’ufficio statistiche del comune prevede comunque che la popolazione di Milano nel prossimo decennio continuerà a crescere (3). Il fenomeno costante, sia per Milano che per la Città metropolitana è che il tasso di crescita del numero delle famiglie supera sempre quello della popolazione, tanto che alla fine del periodo 2003 – 2016 la crescita delle famiglie risulterà doppia rispetto alla crescita della popolazione (4). La domanda di abitazioni cresce dunque sia che la popolazione cresca, sia che decresca.

La perdita di popolazione del capoluogo metropolitano rispetto al suo hinterland e alla regione, che datava da decenni, si è dunque arrestata. La capacità di Milano di uscire dalla crisi ha anche invertito l’andamento demografico, ma solo grazie al saldo migratorio: è un segno positivo? E qual è oggi la prospettiva della sua area metropolitana, quella istituzionale e quella reale? La valutazione di questi dati dovrebbe essere alla base delle strategie delle forze politiche.

Torniamo dunque alle prospettive della Città Metropolitana e agli scenari possibili, dando per scontato che lo Stato garantisca le risorse per la sua sopravvivenza e per la gestione corrente delle normali competenze (quelle della ex Provincia) ovvero strade, scuole superiori, mercato del lavoro, Parco Sud, ecc.

Nel primo scenario la Città Metropolitana svolge un ruolo di supporto ai comuni e di coordinamento delle diverse istituzioni, per l’attuazione di programmi già decisi da molti anni. Il lavoro non mancherebbe. Basta pendere l’elenco degli interventi programmati dal comune di Milano, dalla Regione, dalla vecchia Provincia e dai comuni, riassunto nel Piano strategico della Città Metropolitana (“Carta d’identità del territorio metropolitano” pagg. 37 -58) per rendersi conto che vi è una prospettiva di lavoro pluridecennale: potenziamento delle ferrovie, nuove linee metropolitane, strade, autostrade e piste ciclabili; recupero delle aree dismesse, riorganizzazione dei parchi regionali e locali di interesse comune (PLIS), protezione delle aree naturali, riassetto idrogeologico, reti dei sottoservizi, ecc.. Le priorità, gli strumenti di intervento, i finanziamenti saranno decisi e gestiti dai diversi centri di potere, secondo il modello in atto a geometria variabile; la Città Metropolitana svolgerà il ruolo di supporto tecnico, ove richiesto.

Nel secondo scenario il sindaco Sala e la maggioranza che lo sostiene decidono invece di costruire un ruolo politico della Città Metropolitana, puntando su alcuni pochi interventi qualificanti, con l’obbiettivo di agganciare il territorio metropolitano alla ripresa di Milano. La scelta degli obbiettivi spetta alle forze politiche che governano. Ne suggerisco tuttavia tre.

1. La pianificazione territoriale e urbanistica coordinata tra Città Metropolitana e Capoluogo (Piano regolatore metropolitano e nuovo PGT di Milano) con un tema centrale: la connessione del progetto di riuso degli Scali ferroviari con il territorio metropolitano.

2. Il recupero delle competenze in materia di mobilità sottratte dalla Regione alla Città Metropolitana cui competono per legge e affidate all’Agenzia per il trasporto pubblico locale e l’istituzione della tariffa unica metropolitana.

3. Un programma metropolitano per l’”abitare” con un ruolo significativo dell’edilizia residenziale pubblica e sociale.

Aggiungerei un quarto obbiettivo con una forte valenza simbolica e culturale (e un po’ provocatoria): fare della Villa reale di Monza e del suo Parco la “Versailles” della grande Milano. C’è già un Accordo di Programma tra Milano, Monza e la Regione (proprietari del monumento) con cospicui finanziamenti per il rilancio della Villa e del Parco ed è stato siglato l’accordo tra Milano, la Regione e i comuni di Monza, Sesto S.G. e Cinisello B. per la prosecuzione della MM5 fino alla Villa Reale (e oltre). Il coordinamento di questi due grandi progetti e l’organizzazione urbanistica del loro indotto, potrebbero essere affidati alla Città Metropolitana.

Del resto anche la recente rinascita urbanistica di Milano si è fondata su alcune operazioni significative: Expo, Centro Direzionale Garibaldi Repubblica, Darsena, (City life?).

Così anche per la Città Metropolitana bisognerebbe individuare un intervento che la connoti nei prossimi anni.

Ma sono ricaduto dal realismo del prevedibile all’utopia dell’auspicabile.

Ugo Targetti

 

Note

1. I dati si riferiscono alla popolazione residente; il dato della popolazione presente accentuerebbe il peso di Milano. Tra il 2001 al 2016, periodo che comprende gli anni della crisi economica, la popolazione di Milano cresce meno del resto della Città Metropolitana che a sua volta cresce poco meno della regione Lombardia: rispettivamente + 7,8%, + 10,7%, + 10,9%. Il peso del capoluogo rispetto alla Città Metropolitana alla fine del periodo si è lievemente ridotto dal 42,6% al 42%. Se si considera il primo periodo tra il 2001 e il 2011 Milano perde addirittura popolazione (-1%) e la Regione ha una dinamica più forte anche della Città Metropolitana (+ 7,4%).

Negli ultimi cinque anni 2011 -2016, la popolazione di Milano riprende a crescere con un tasso che è più del doppio del resto della Città Metropolitana e quasi il triplo della Lombardia rispettivamente + 9%, + 4% e + 3,2%.

2. In tutto il periodo considerato dal 2001 al 2016 Milano ha sempre un saldo naturale negativo anche negli ultimi anni di ripresa. La Città Metropolitana invece mantiene un saldo positivo fino al 2012 poi passa in campo negativo. Il saldo migratorio è il complemento rispetto agli andamenti demografici complessivi su descritti.

3. Per il prossimo decennio (al 2025) l’ufficio statistica del Comune di Milano formula tre ipotesi: minima con + 88.000 abitanti, pari al +6,8%; media con + 147.000 abitanti, pari al +10,9% e massima con + 260.000 abitanti, pari al 19,2 %.

4. Nell’area metropolitana tra il 2003 e il 2016, il tasso di crescita del numero delle famiglie è pari al +15,5%, il doppio di quello della popolazione che è del + 7,6%; analogo andamento si è avuto a Milano.



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