7 novembre 2017

STAZIONE CENTRALE: UNA LEZIONE DAL PASSATO PROSSIMO

Da un monopolio naturale a un potere autoreferenziale


Sul numero scorso di ArcipelagoMilano l’articolo di Marco Ponti Un progetto “de-mente”: l’attuale stazione centrale rinnovata ha sollecitato molti lettori a manifestare il loro consenso e, contemporaneamente, sui social media sui quali siamo presenti si è ripreso a dibattere con giudizi ancora più critici. Evidentemente il “gregge” dei viaggiatori, in particolare quello dei pendolari, sa di essere vittima innocente dello strapotere di FFSS, un’azienda pubblica che ha da tempo dimenticato di essere un “servizio” per i cittadini e non avere i cittadini al suo servizio.

01editoriale37FBDi là dalla provocazione di Ponti, vale la pena di parlare di questa vicenda della Stazione Centrale, perché con le stesse FFSS e il loro “garbo” abbiamo ora a che fare sulla vicenda “scali ferroviari” e l’approccio è sempre quello. A buon intenditor poche parole.

Come ci documenta puntigliosamente Michele Sacerdoti, oppositore al progetto sin dai primi momenti, nel sito da lui costruito – ricco archivio di articoli di stampa e provvedimenti legislativi – la lunga marcia di FFSS per mettere le mani su uno dei monumenti storici di Milano comincia nel 2000, quando nel novembre di quell’anno la Società Grandi Stazioni presenta alla stampa milanese il suo ”Programma d’investimento 2001-2003” per quanto riguarda la ristrutturazione interna della Stazione Centrale di Milano e di altre stazioni italiane.

Da allora il percorso milanese si è sviluppato partendo da un primo progetto, fortunatamente non realizzato, estremamente invasivo e ai limiti della follia, fino a quello attuale completato nel 2008 – disconosciuto dal suo stesso progettista, l’architetto Tamino – tra ricorsi, presentazioni successive e tutte le vicende classiche delle opere pubbliche italiane che nascono contro la volontà dei cittadini.

Nel 2002 sul primo progetto io, allora collaboratore della pagina milanese di la Repubblica, titolavo In Stazione un progetto clandestino: ero una voce del coro di chi si opponeva alla mercificazione della stazione e alla penalizzazione dei viaggiatori.

Nel 2008 in occasione dell’inaugurazione della stazione ristrutturata, scoppiava nuovamente la polemica in città. Io ritorno alla carica titolando la mia rubrica: La Centrale è l’icona dell’ospitalità negata. Rileggendo i giornali di allora credo che si possa dire che nessuna opera milanese fu tanto inutilmente contestata.

Sulle orme di Marco Ponti, a dieci anni ormai da quell’inaugurazione, domenica scorsa ho voluto fare una visita in Stazione Centrale, da osservatore, non da passeggero viaggiatore e inesperto dei percorsi migliori, come conoscono i frettolosi pendolari. Mi sono mescolato ai viaggiatori disorientati. Alle osservazioni di Ponti, puntuali, aggiungerei qualche curiosità a dimostrazione della “disfunzionalita” di questa faraonica ristrutturazione.

Dagli accessi laterali non vi è nessuna indicazione in merito all’esistenza di tapis roulant poco più avanti. I viaggiatori pensano di non avere altra via verso i binari se non lo scalone di marmo. Evitano, fortunati loro, il “giro dell’oca” commerciale ma fanno più fatica. Curioso per chi puntava tutto sulla mercificazione. Tra le “dimenticanze” oltre ai posti a sedere per chi aspetta senza esser costretto a consumare qualcosa nei tanti, troppi, bar e ristoranti, c’è un deposito bagagli chiaramente sottodimensionato che provoca lunghissime code. Solo per citare uno dei tanti controsensi.

L’architetto Stacchini, l’autore del progetto originario, aveva le idee chiare e rispettava i viaggiatori. Il percorso da lui disegnato – rettilineo – era una successione di funzioni chiare: accesso principale, biglietteria, salita al piano dei binari, il treno. Due servizi indispensabili: sala d’aspetto e servizi igienici. Stop. Oggi si sarebbe potuto prolungarlo, sempre in maniera rettilinea, partendo dalla stazione della MM.

Non è stato così ma si può ancora rimediare e tornare al passato, come dice Marco Ponti, con poca fatica: qualche scala mobile. Si potrebbero così accontentare anche i milanesi frettolosi forse un po’ passatisti come quelli che rivogliono i Navigli: il successo di pubblico sarebbe ben più vasto tra i milanesi e tra i pendolari e molto meno costoso.

Durante la mia visita in stazione mi perseguitava un pensiero: a Milano qual è il ruolo di FFSS? Qual è il ruolo di FFSS nel nostro Paese? Se l’amministratore delegato di Ferrovie dello Stato Italiane, Renato Mazzoncini, si appropria di ANAS, delle aziende di trasporto locale, delle altre ferrovie locali, se vuol fare il ponte sullo Stretto, che ruolo ha il Ministero delle infrastrutture? Fa il notaio? Milano ne prende atto? L’interesse collettivo in che mani è? Come al solito la politica abdica guardando il suo ombelico, senza vedere dove sta il potere reale, invece di guardare i cittadini. C’è chi ne approfitta.

Luca Beltrami Gadola



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