7 novembre 2017

PERCHÉ LA FIACCOLATA A CITTÀ STUDI?

La partecipazione non è ascoltare, con garbo, e far finta di niente


Con lo slogan “Giù le mani da Città Studi”, l’Assemblea di Città Studi – composta dai due gruppi di residenti “Che ne sarà di Città Studi” e “Salviamo Città Studi”, dagli studenti di ilight, da Progetto Lambrate, RSU-UniMi e sostenuta da altre associazioni e movimenti – ha organizzato una fiaccolata per le vie del quartiere che martedì 7 novembre partirà dalla storica piazza Leonardo da Vinci per terminare con un’Assemblea nella sede del Municipio 3 di via Sansovino.

02romanò37FBPerché una fiaccolata? Perché le fiaccole, come scritto nell’Enciclopedia Treccani, hanno la forza e la capacità di illuminare un cammino ideale, di guidare una nobile meta. Il 22 marzo scorso chiusi il mio intervento a Palazzo Marino, dove eravamo stati invitati come cittadini per interagire e confrontarci con l’Amministrazione in merito al problema del trasferimento delle facoltà scientifiche dell’Università Statale da Città Studi a Rho nell’area ex Expo, invitando tutti i decisori a ripensare al trasferimento, ricordando che a volte un passo indietro non è necessariamente da intendersi come un segno di debolezza, bensì come un’illuminazione.

Non c’è stato nessun passo indietro: i decisori hanno, al contrario, continuato a fare solo passi avanti. Avevamo esposto le tante perplessità sull’intera operazione che dovrebbe risolvere il problema del post Expo, ma che va a crearne uno ancora più grosso nello storico e vitale quartiere di Città Studi che rischia l’abbandono dei numerosi edifici che si svuoteranno, anche a seguito del trasferimento degli Istituti ospedalieri Besta e Tumori nella nuova Città della Salute a Sesto.

I cittastudiani sono un po’ come San Tommaso, non si fidano delle parole e degli slogan, del fatto che «Un futuro competitivo può essere soltanto lì» (a Expo), pertanto avevano chiesto di essere convinti della bontà dello spostamento. Come? Avevano chiesto uno studio di fattibilità alternativa, che tenesse conto dell’impatto socio economico del trasferimento in relazione a tutto il contesto produttivo sociale del quartiere e che dimostrasse che effettivamente è più oneroso ristrutturare e riqualificare gli edifici esistenti (alcuni storici) piuttosto che creare un nuovo campus a Rho. Località peraltro infelice, stretta tra tangenziali e autostrada, dove la superficie complessiva è inferiore, e di molto, a quella attualmente a disposizione a Città Studi.

La richiesta dei cittadini non è mai stata presa in considerazione. Per tutta risposta, l’Amministrazione si è limitata a rassicurare, a parole e a mezzo stampa, che la vocazione universitaria verrà mantenuta. Nel mese di luglio il professor Balducci ha illustrato a Palazzo Marino il progetto 2.0 di come dovrebbe diventare il nuovo quartiere, con tanto di Federal District (!) e rinnovato campus universitario urbano che ospiterebbe il Politecnico, la Bicocca e la Statale (Beni culturali e Scienze politiche), i quali finora si sono però limitati a esprimere vaghe manifestazioni d’interesse.

Per questo rinnovato quartiere di Cuccagna, immerso nel verde, con nuovi studentati, abbattimento di muri, centri di aggregazione, pedonalizzazioni di strade, non ci risulta essere stato stanziato neppure un euro. Al contrario, come i lettori di ArcipelagoMilano sapranno, per il trasferimento dell’Università a Expo, Governo e Regione hanno stanziato ben 130 milioni di euro.

Altro motivo per una fiaccolata è che i soliti cittastudiani ribelli, dopo oltre un anno, sono stanchi di sentir parlare di partecipazione dei cittadini. Oggi è tutto partecipato: i tavoli, i bilanci, le commissioni, gli incontri, i progetti, i sistemi, i governi, le amministrazioni. Partecipazione e partecipato sembrano essere il sostantivo e l’aggettivo più gettonati del momento.

Parole abusate e astratte che riempiono il linguaggio cosiddetto democratico nella speranza di essere convincenti e persuasive.

Finora la nostra partecipazione in questa vicenda è stata puramente formale; nella pratica e nella sostanza nessun dialogo, nessun serio contraddittorio. Sia ben chiaro: nessuno qui pensa che chi partecipa, nel caso specifico i cittadini del Municipio 3, debba automaticamente avere ragione, ma un serio confronto sull’opportunità o meno di stravolgere un intero quartiere, trasferendo servizi cittadini altrove non c’è mai stato.

Al contrario, un’effettiva e concreta partecipazione è fatta di ascolto e confronto, di riscontri oggettivi, risposte articolate, argomentate e documentate con dati e numeri.

In questa vicenda i cittadini si sono limitati a fare per ben tre volte le comparse a Palazzo Marino, comparse di lusso visto che la prima volta ci hanno fatto addirittura accomodare sugli scranni rossi. Tutto si è risolto in una divertente e insolita “gita” a Palazzo Marino.

Negli anni ’60 Calvino parlò di “antilingua”, come della tendenza a fuggire dal significato reale delle parole: “Nell’antilingua i significati sono costantemente allontanati, relegati in fondo a una prospettiva di vocaboli che di per se stessi non vogliono dire niente o vogliono dire qualcosa di vago e sfuggente”.(1) Tale riflessione è più che mai attuale riguardo a questa presunta partecipazione cittadina.

Una fiaccolata festosa quindi, non “contro” qualcosa o qualcuno, ma a favore del nostro quartiere, perché vogliamo che non si spengano le luci su Città Studi e perché continuiamo a sperare in quel famoso passo indietro da parte dei decisori, da intendersi come un segno di illuminazione.

Marina Romanò

(1) Italo Calvino, “L’Antilingua”, in Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, Milano, Mondadori, 1995, pp.149-154



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