7 novembre 2017

NAVIGLI: UN FUTURO FUORI DAL SOLO IMMAGINATO

Se ha da essere referendum che almeno sia tra cittadini informati


È dal 2011 che i milanesi hanno testimoniato di voler immaginare una Milano diversa. A partire dai referendum cittadini voluti sei anni fa dal comitato MilanoSìMuove. In quella occasione è chiaramente emerso un desiderio di sviluppo della nostra città alternativo alle solite logiche speculative, per orientarsi verso una ricerca di qualità della vita urbana, che riassumiamo sommariamente: in più verde, sia in forma di giardini che di parchi; recupero di una identità persa, quella di città d’acqua; risparmio energetico; e così via.

04spadaro37FBDurante la Giunta Pisapia, dove gli sforzi del radicale Marco Cappato hanno appena smosso il sonno del Sindaco precedente, tentennante nel difendere i risultati della consultazione, si è persa l’occasione di tradurre i risultati ottenuti in scelte amministrative concrete e vincolanti.

Si pensi al disastro annunciato sull’Area Expo, dove al Parco Pubblico promesso sarà preferito una urbanizzazione il cui scopo ultimo è far tornare i conti di Expo, con il pretesto del Campus Universitario e di Ricerca, snaturando Città Studi della sua vocazione di Campus Urbano alternativo agli stanchi modelli anglosassoni di organizzazione fisica delle strutture scolastiche universitarie.

Poi, all’improvviso, il Sindaco Sala (forse per farsi perdonare la vicenda delle barocche Vie d’Acqua di Expo) ha afferrato il tema e lo ha fatto suo. Bene, ma come?

Allo stato attuale il Consiglio comunale, su indicazione del Sindaco Sala, ha optato per un referendum di cui vedremo presto il testo dove, forse, verranno sottoposte al giudizio dei cittadini milanesi i manufatti per la riconnessione idraulica, il recupero delle conche di Viarenna e Incoronata nonché l’apertura di un tratto di via Melchiorre Gioia. Il tutto per un costo preventivato di circa 150 milioni.

Questo secondo referendum, anticipo a mio parere inutile, sembra più una azione per prendere tempo, cercando un plebiscito per opere che hanno un valore di per sé, al di là delle successiva e possibile riapertura completa, magari arricchita da una vera e propria navigabilità.

Perché questa ripetizione di una verifica di una volontà generica, già evidente nel 2011? Forse non lo sa nemmeno Sala.

Non basta affermare di voler ri-aprire i Navigli, bisogna mostrare come e confrontarsi sulle diverse alternative e con quali costi. Ma per aprire un confronto convincendo e coinvolgendo i cittadini su un progetto puntuale si deve informali nel modo più serio possibile, sottolineando e non nascondendo la criticità dei costi, le modalità tecniche per renderlo navigabile (attraversamenti a raso o meno per esempio), la qualità paesaggistica e le sue possibili alternative rispetto al progetto/studio prodotto col contributo di Associazioni, Politecnico e MM. Senza dimenticarsi di informare delle ricadute sulla mobilità o delle difficoltà di accesso alle proprietà che si affacciano sul percorso.

Per un tifoso come me della riapertura, vista anche come armatura infrastrutturale in grado di connettere centro e periferia (pensiamo per esempio al bellissimo percorso d’acqua che si creerebbe da Cernusco sino a Porta Nuova), le modalità, ovvero il progetto definitivo, sono preoccupazioni serie, la cui risposta può venire solo dai milanesi in tutte le sue articolazioni di interessi e competenze.

Ma la vogliamo davvero coinvolgere la città? O un’altra volta ci accontentiamo di un surrogato partecipativo inutile perché privo di valenza tecnico-operativa?

Bene, disegniamo il progetto così come redatto. Una simulazione che accenderebbe immediatamente tifoserie contrapposte, suggerimenti e alternative, insomma un esplosivo momento di trasparenza e partecipazione. Solo dopo, solo dopo che alla città è dato a sapere cosa esattamente è previsto può essere chiesto di votare, a favore o contro. Ma questa volta con una opinione consapevole e interessata.

Disegnare il percorso della riapertura a terra non è un tema nuovo. Già Umberto Vascelli Vallara con la sua proposta di “maquette in scala 1:1” aveva ipotizzato di evocare il tracciato previsto con pavimentazioni o pitturazioni descrittive, aiutate da totem informativi sulla storia e genesi del sistema navigli. Quella proposta aveva forse il limite, a mio avviso, di porsi in qualche modo alternativo alla riapertura vera e propria.

Propongo pertanto di recuperarla con finalità diverse: fare maturare una opinione articolata ai milanesi che appunto non hanno interessi omogenei, ma che possono democraticamente fare valere il loro volere. Un volere informato, non solo da un ricordo nostalgico, ma da un vero e proprio progetto conosciuto e conoscibile da un nastro azzurro disegnato a terra.

Francesco Spadaro



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