31 ottobre 2017

NAVIGLI: ASPETTANDO IL REFERENDUM, L’UTILITÀ AMBIENTALE DI UN “TUBO”

Un'opera della quale si parla da tempo


Lo scorso 5 ottobre 2017 il Consiglio Comunale di Milano ha votato a maggioranza due o.d.g. relativi alla possibilità di riapertura dei Navigli milanesi. Con essi da un lato si dà l’avvio alla stesura di un progetto definitivo di riapertura, dall’altro si demanda ogni decisione finale, in merito all’effettiva realizzazione del progetto nel suo insieme, a un referendum consultivo che si dovrebbe tenere, per contenerne i costi, in concomitanza con la tornata elettorale primaverile.

Senza entrare nel merito del referendum sopracitato, da geologo, mi preme sottolineare un aspetto ambientale estremamente importante che riguarda il riequilibrio idraulico del territorio anche alla luce dei pesanti cambiamenti climatici in corso. Mi riferisco, infatti, alla riattivazione idraulica del sistema idrico artificiale che, un tempo perfettamente equilibrata e saggiamente articolata per centinaia di anni, ha subìto ai primi del Novecento, con la chiusura della fossa interna, un’interruzione grave e pericolosa che ha alterato drasticamente tale delicato equilibrio.

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Nel progetto di fattibilità commissionato dal Comune di Milano al Politecnico di Milano e redatto da un gruppo di lavoro interdisciplinare coordinato dal professore Boatti, veniva tra l’altro prevista, seguendo l’intuizione dell’ingegnere Brown, la realizzazione di una tubazione sotterranea che, usufruendo delle sinergie possibili con la realizzazione della Metropolitana 4, realizzasse un pre-collegamento idraulico a fondamentale supporto della successiva graduale possibilità di riapertura della Fossa interna (possibilità di riaperture graduali e/o parziali, finanziamento spalmato su più esercizi finanziari, presenza di un canale di soccorso in caso di manutenzione, etc.).

Quindi un collegamento indispensabile in un’ottica di riapertura graduale e globale, ma che, anche indipendentemente dalla riapertura e in attesa di essa, ripristinasse, comunque, nuovamente quella continuità un tempo interrotta, fondamentale per il riequilibrio idraulico sopraccitato. Ma quali concreti fattori tecnici renderebbero comunque oggi indispensabile e urgente tale ripristino?

Prima di tutto, il ricollegamento immediato dei due sistemi idraulici est e ovest con il sud Milano consentirebbe da subito un grande beneficio e apporto di acque pulite per il sistema irriguo locale del sud Milano (Vettabbia) estremamente penalizzato e carente al momento (coltivazioni, risaie, etc.), ma beneficerebbe anche dell’immissione di preziosissime portate aggiuntive nella Darsena, il nodo del sistema, proprio in quella parte di specchio d’acqua che viene più penalizzato al momento per ristagni e mancanza di ricambio idoneo, con formazione di alghe, soprattutto, nel periodo estivo (fronte Marinai d’Italia) e durante i periodi più siccitosi.

Inoltre, ricollegare idraulicamente tutto il sistema significherebbe ridare continuità ai flussi idraulici che oggi sono interrotti o separati sotto la città, cosa che contribuisce a complicare i deflussi a valle in caso di piena. Oggi, infatti, il Naviglio Martesana, che non può più riversarsi nella fossa interna, ricevendo le acque del Seveso lungo via Melchiorre Gioia, entra insieme a esso nel canale Redefossi al Ponte delle Gabelle.

Ciò, infatti, oltre a rappresentare un grave danno per le acque pulite del Martesana che vengono così irrimediabilmente disperse e lordate dalle acque contaminate del Seveso, crea, in caso di piena, anche un ulteriore parziale impedimento a far defluire le ingenti portate in arrivo. Ciò contribuisce, anche se in parte, a provocare le intollerabili inondazioni dei quartieri a nord della città che purtroppo tutti conosciamo e che potranno essere ovviamente evitate grazie anche e, soprattutto, a tutti gli altri grandi interventi già progettati allo scopo (vasche di laminazione, raddoppio canale scolmatore, etc.).

Veniamo ora a un aspetto ambientale poco noto che tuttavia presenta notevoli problemi di carattere tecnico. Ci si riferisce alla presenza, nelle acque di fognatura, di acque pulite cosiddette “parassite” e, cioè, di acque sostanzialmente pulite che non dovrebbero assolutamente raggiungere il sistema fognario provenendo da pompaggi di falda per abbassamento della stessa.

Tali acque per essere smaltite, non essendo disponibili ricettori adeguati, vengono oggi indebitamente sversate in fognatura, provocandone oltre alla loro contaminazione, anche un indesiderato aumento delle portate che vanno ai depuratori (si parla addirittura di un 30% del totale). Ciò provoca una diluizione abbondante delle acque nere con evidente danno per gli impianti di depurazione (per i quali un funzionamento ottimale è valido in presenza di un sensibile carico organico) e, quindi, un collaterale sensibile, indesiderato e inutile aumento dei costi di gestione.

Inoltre, il controllo e la gestione delle acque meteoriche di dilavamento è stato oggetto di recenti interventi normativi (LR. 4/2016 e relativo Regolamento attuativo in discussione in Consiglio Regionale) che definendo, sia nelle nuove urbanizzazioni che nelle esistenti, limiti di portata delle acque piovane drenate secondo l’applicazione di criteri di invarianza idraulica ed idrologica, impongono per le acque meteoriche l’obbligo del riuso, dell’infiltrazione o del recapito in recettori, se disponibili.

Tali obblighi normativi implicano pertanto l’individuazione d’idonei recapiti per le acque pluviali che, nel centro urbanizzato della Città di Milano, sempre più difficilmente possono essere costituiti dal Reticolo Idrico Minore (RIM) ormai in gran parte obliterato e privo di funzionalità idraulica.

Il vantaggio poi per l’ambiente di poter disporre di un ricettore di acque pulite a portata adeguata nel cuore della città consentirebbe, nel contempo, anche un ampio sviluppo dello sfruttamento geotermico nel cuore di Milano, una risorsa energetica rinnovabile e non inquinante per l’ambiente, fornendo un contributo significativo alla diminuzione di produzione di CO2 e di particolato se solo si pensa alla conseguente sostituzione delle vecchie caldaie a gasolio. La falda ha, infatti, la caratteristica di possedere una temperatura pressoché costante in estate ed inverno di circa 13/15 °C e, pertanto, in estate ed inverno un delta termico significativo può essere utilizzato alternativamente per produrre sia calore che freddo.

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I sistemi di pompa di calore acqua-acqua a circuito aperto, sfruttano, infatti, in modo diretto l’acqua di prima falda, utilizzando uno o più pozzi per la captazione dell’acqua e il rendimento di tali impianti si può apprezzare sapendo che la portata necessaria a produrre 1 KW termico oscilla orientativamente tra 150 l/h e 200 l/h di prelievo da falda. Nel caso in esame di pompe di calore a circuito aperto ciò avrebbe anche un’altra ricaduta ambientale collaterale estremamente importante con la conseguenza, per via di tale pompaggio, dell’abbassamento della prima falda; fatto, questo, che, seppur ora attenuato dall’ultimo decennio del 1900 e a causa delle pesanti dismissioni industriali, tanti problemi ha creato alle strutture sotterranee, prime fra tutte le vecchie gallerie della Metropolitana 2.

Ricordo che tali acque sono certamente sfruttabili geotermicamente e ben utilizzabili a scopo irriguo, mentre non sarebbero in alcun modo utilizzabili a scopo potabile se non previo costoso trattamento di purificazione. Sottolineo a margine, a tale proposito, che l’acquedotto di Milano dispone di decine di pozzi fermi per mancanza di requisiti di potabilità disseminati nella città che potrebbero essere validamente ed economicamente riattivati a tale scopo.

Pertanto, sulla base di tutte le considerazioni sopraesposte ritengo che la realizzazione di tale opera vada decisa comunque e al più presto, essendo un intervento tecnico sotterraneo di elevatissimo pregio ambientale, di costo limitato, di carattere prettamente idraulico, che sfrutterebbe la temporanea ed irripetibile sinergia con i cantieri della metropolitana già in essere, limitando costi e disagi e che non presenterebbe alcun aspetto negativo né sotto il profilo estetico dello stato dei luoghi né sotto quello tecnico e neppure della sostenibilità ambientale e costruttiva.

Per tutti questi motivi sono certo che il Comune di Milano vorrà prendere seriamente in considerazione tale indicazione per promuovere la realizzazione di un’opera di carattere squisitamente idraulico a tutela della città, avviando urgentemente una valutazione tecnica e finanziaria definitiva nelle sedi opportune, con uno specifico e indispensabile accordo istituzionale (Regione, Autorità di bacino, etc.) per la sua rapida realizzazione.

Guido Rosti Cesàri

Geologo, membro del comitato scientifico del Comune di Milano per la riapertura Navigli, membro del g.d.l. del Politecnico di Milano per il progetto di fattibilità riapertura Navigli, membro del Consiglio direttivo Associazione Amici dei Navigli, curatore del sito www.milanocittadacque.it, ex membro Consulta Comunale per i referendum ambientali 2011



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