31 ottobre 2017

UN PROGETTO “DE-MENTE”: L’ATTUALE STAZIONE CENTRALE RINNOVATA

Dalla parte del viaggiatore frettoloso


Vale la pena di rinnovare il dolore dei passeggeri che usano la Stazione Centrale attuale, soprattutto a uso dei più giovani, che non sanno cosa si son persi. Dunque, oggi l’accesso principale alla stazione è quello dalla metropolitana, anche grazie al geniale allontanamento dei mezzi pubblici verso il fondo della piazza, e all’inesistenza di strutture di parcheggio degne di questo nome. Questa stazione è la seconda d’Italia, e per Milano oggi è anche il centro di un quartiere che manifesta una vivace attività culturale ed economica, con molteplici manifestazioni e iniziative.

06ponti36FBI meno giovani ricorderanno che per accedere ai treni dai tornelli della metropolitana bastavano due (2) rampe di scale mobili dirette. Ora, chi prende il treno, molto spesso ha bagagli, a volte pesanti. Non solo, spesso ha fretta. E l’Italia è un paese che invecchia rapidamente. Con il nuovo layout un passeggero un po’ anziano, con un bagaglio un po’ pesante, e con un po’ di fretta, perde il treno (se arriva in metropolitana, ma forse persino in taxi).

Infatti il percorso, se il poverino non si sente di trasportare il bagaglio per scale, è il seguente: innanzitutto, se non è un viaggiatore abituale, ha un certo smarrimento per trovare indicazioni chiare per l’accesso ai treni. Quando le trova, prende una rampa di tapis-roulant. Poi deve percorrere un corridoio, con una piccola discesa. Poi deve cercare di nuovo il cartello “treni”, non grandissimo, tra insegne scintillanti, che lo orienta su altri tapis-roulant, tra cui può scegliere tra quelli di destra o di sinistra (ma senza sapere quale sia più diretto per il suo binario).

Il poverino a quel punto crede di essere arrivato vicino ai treni. Niente affatto: si trova all’aperto, nella ex-“galleria delle carrozze”, che incautamente un tempo avvicinava i mezzi urbani ai treni. Cerca di nuovo un cartello per i treni, e dopo averlo trovato, prende una scala mobile dall’atrio centrale. Se spera di essere arrivato si illude (e se ha fretta si dispera). Deve percorrere un altro corridoio con negozi, e scegliere una ulteriore rampa di tapis-roulant tra desta e sinistra, sempre senza sapere quale sia meglio per lui.

A questo punto arriva al “piano del ferro”, e crede di prendere il suo treno (dopo aver cercato l’insegna luminosa, che gli indica il binario). A questo punto deve passare al controllo dei biglietti (e questo dipende da ragioni di sicurezza, e non dal progetto demente). Ma i varchi aperti sono molto pochi, deve localizzarli, e quindi deve fare ancora strada sia per passare i controlli che per raggiungere il suo binario. Che ovviamente è deserto: il suo treno di Alta Velocità sfreccia già da un po’ nella vasta pianura lombarda.

Bisogna anche segnalare che il poverino aveva in alternativa, uscito dalla metropolitana, un bellissimo e luccicante ascensore, tutto in cristallo e acciaio, molto visibile. Bene, per quanto incredibile, l’ascensore non solo non lo avrebbe portato al “piano del ferro”, ma neppure in superficie. Solo all’inizio della prima galleria che abbiamo menzionato, quindi prima di tutto il calvario successivo.

Tutto questo, per farlo passare davanti a negozi di abbigliamento e di ogni altro tipo, a cui lui rivolge pensieri non affettuosi, escludendo quei “brand” dalle sue scelte per gli anni a venire.

Se la ristrutturazione fosse stata fatta con soldi privati, per un servizio di trasporto privato, forse si potrebbe tollerare. Ma è stata fatta con un fiume di soldi dei contribuenti, per un servizio sostanzialmente pubblico. Forse la città, della quale la stazione è un servizio essenziale, andava consultata. Forse andavano misurati i tempi di accesso. Si dirà: ma alla gloriosa inaugurazione partecipò in pompa magna, oltre al vescovo benedicente, l’allora sindaca Moratti, che si vede che aveva condiviso il demente progetto.

Speriamo si tratti solo di una se pur atroce distrazione, non di atto volontario, che meriterebbe sanzioni medioevali. Ma il forte sospetto è che già da allora quello che decideva FSI fosse legge, in quanto soggetto portatore di soldi (tanti, ma nostri). Ma questo non può e non deve ripetersi: se FSI persegue l’interesse pubblico, deve negoziare con chi tali interessi rappresenta. Se invece ha logiche private, innanzitutto non deve essere sussidiata in alcuna forma, e i suoi servizi “sociali” affidati in gara, dopo accurate verifiche sulla “socialità” (quanti delitti in tuo nome).

Chi scrive, vi assicuro, ora deve partire da casa dieci minuti prima, ed è fermamente alieno alla violenza, ma in certi casi … .

Comunque esorto le ferrovie a rifare le due (2) rampe di scale mobili dirette. Costerebbero sicuramente meno di un decimo dei nostri soldi spesi per farci perdere i treni.

Marco Ponti
Bridges Research



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