24 ottobre 2017

INQUINAMENTO E MOBILITÀ URBANA

Rilanciamo le domeniche a piedi


Nel dicembre del 2015, in pieno shopping natalizio e dopo un lungo periodo di assenza di piogge, il livello di polveri sottili rimase oltre i limiti per parecchi giorni. Per fare fronte a questa emergenza Comune e ATM decisero di concedere l’uso dei mezzi pubblici al prezzo simbolico di 1,5 euro al giorno. La misura non produsse alcun effetto e i milanesi continuarono a muoversi con la propria auto, senza ascoltare gli appelli a una mobilità diversa. È la democrazia, la libertà individuale, si potrebbe dire: di cosa lamentarsi? In realtà tutta questa democrazia produce, in alcuni periodi dell’anno, come quello che stiamo vivendo in questi giorni, condizioni di vivibilità molto modeste, aggravate da malattie respiratorie diffuse, più gravi nei bambini. Il “diritto all’auto” sembra così diventare più forte del “diritto alla città”.

07costa35FBSono dati noti da tempo, sui quali però sembra esserci una disattenzione collettiva, non solo da parte della politica. Che fare allora? Bisognerebbe avere il coraggio di ricondurre il tema della riduzione del traffico e dell’inquinamento da una dimensione “tecnica” a una dimensione “culturale” e di responsabilità individuale. Bisogna provare a insegnare ai milanesi, come avviene in moltissime altre città europee, che ci si può muovere benissimo anche senz’auto, che da un uso del mezzo privato più attento tutti possono trarre un vantaggio. Basti guardare alla Germania che è al tempo stesso la maggiore economia dell’auto e della bici.

Sembra una contraddizione, ma non lo è: ognuno dei due mezzi viene utilizzato in funzione delle sue specificità e dei suoi effetti. Non c’è una prevalenza ideologica dell’uno rispetto all’altro, ma è ormai chiaro agli amministratori locali, di ogni colore politico, che la città non può essere costruita e utilizzata solo a misura dell’automobile. Se a Copenaghen si muove in bici quotidianamente la metà della popolazione e a Milano poco più del 5% la ragione è unicamente di tipo culturale: non ci sono motivi geografici, economici, tecnici che giustifichino questa differenza.

Il primo passo di una campagna culturale per la mobilità sostenibile e, più in generale, per un miglioramento della vivibilità, potrebbe essere il rilancio delle domeniche a piedi promosse dalla Giunta Pisapia nei primi due anni del proprio mandato. Una misura spesso irrisa dalle forze politiche contrarie come “non strutturale”, in nome del solito “ci vorrebbe ben altro”. Invece le domeniche a piedi sono una misura strutturale, perché consente alle categorie più deboli dell’agone viabilistico cittadino, come bambini e anziani, di riappropriarsi di Milano. E come spesso avviene, il primo effetto di una scoperta è ripeterla e così molti potrebbero iniziare a rinunciare all’auto e muoversi a piedi o in bici non solo una volta al mese, ma tutti i giorni.

Purtroppo, nel 2013 bastò un tweet di un noto presentatore televisivo, che definì le domeniche a piedi “una solenne stupidaggine che complica la vita a tanta gente”, per mettere fine a quella positiva esperienza. Ciò fa capire come il rifiuto della bici sia trasversale e non sia limitato a quella parte del centrodestra che ultimamente dipinge le due ruote come un nuovo feticcio radical chic. Eppure in altri paesi europei non c’è contrapposizione su questi temi: si pensi a Londra, dove un piano rivoluzionario di sviluppo della rete ciclabile è stato promosso dall’ex sindaco tory Boris Johnson, uno che non può certo essere considerato vicino alla sinistra.

Forse non furono solo le parole di Fabio Fazio, certo le domeniche a piedi si interruppero e nessuno ha più pensato di riproporle. E non è che nel frattempo siano state avviate efficaci campagne informative o educative. Sono comparsi due nuovi operatori di bike sharing, ma il numero delle auto che si muove quotidianamente è rimasto sostanzialmente invariato e quello dei ciclisti sembra perfino diminuito. Nemmeno l’occasione unica dell’arrivo del Giro 100 nello scorso maggio, che per quasi una giornata portò alla chiusura di molte strade tra Monza e Milano, convinse l’Amministrazione Sala a fermare le auto.

È venuto il momento di riprovarci. La chiusura al traffico potrebbe essere organizzata la prima domenica del mese, in coincidenza con l’apertura gratuita dei musei, in modo da legare l’educazione culturale a quella civica di un nuovo modo di utilizzare la città.

Andrea Costa



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