18 gennaio 2010

UNA GIUNTA PRIGIONIERA DEL PRESENTE


Da Orazio a Seneca, da Bergson a Einstein in molti lo hanno definito ma per il “presente” c’è oggi una nuova definizione: il triduo della politica. Ogni affermazione, ogni atto dura tre giorni: quello dell’affermazione, quello della replica e, infine, quello della smentita o della rettifica. Tre giorno soltanto o poco più e ogni cosa perde valore, scompare dalle pagine dei giornali, dai telegiornali, dalle chiacchiere della gente. Anche se una vicenda dura di più è un susseguirsi di tridui monotematici.

Sembra che questo lo si debba ai media, soprattutto alla televisione, che ha accorciato tempi e distanze riducendo tutto al presente a cominciare dalla politica dove il triduo ormai è una regola fissa: dichiarazione, replica, smentita /rettifica. E dunque siccome non c’è la realtà senza la sua rappresentazione mediatica, la politica si è adeguata e soffre inesorabilmente dell’ossessione del presente. È un’ossessione che non trova argini in chi non sa e non ha interesse per il passato, poco per quello prossimo nulla per quello remoto e può nascondere la sua ignoranza in questo gioco fatto tutto al presente. Il passato è come non esistesse se non nell’accezione della favola di Fedro – «Se non sei stato tu è stato tuo padre (politico) a intorbidare l’acqua! » – e il futuro è ormai il regno delle promesse marinaresche. Così si fa politica, così si amministra una città: Milano.

Oggi ci si affretta a far fuori lo staff del Difensore civico, l’indomani si vede che il decreto non è (fortunatamente) passato, il terzo giorno si cerca di rimettere tutto al suo posto. Oggi si annuncia una storica riunione di Consiglio comunale, domani manca il numero legale, il terzo dì, come se nulla fosse, si tirano le orecchie agli assenti. Poi tutto come prima. Oggi i cittadini proclamano la loro indignazione per il deturpamento di Piazza Piemonte, domani il sindaco accoratamente se ne duole e dichiara che provvederà, il terzo giorno i costruttori dicono che il loro progetto aveva bolli tondi e bolli quadri e tutto muore lì. Sull’Ecopass è un rosario di tridui, come sui parcheggi sotterranei, sulle buche nelle strade o sugli incidenti dell’ATM. Purtroppo anche l’opposizione, che a Milano sembra sempre giocare di rimessa, si è adeguata al costume, probabilmente perché la sua influenza sui media, la cui prevalente proprietà è altrove, è debolissima e un’inversione di tendenza – parliamo di meno cose ma più a lungo e seriamente – sembra impossibile.

Quanto può durare una città amministrata in questo modo? Anche all’infinito perché la sindrome del triduo riguarda solo la superficie, i burattini della politica, quelli che nell’acqua buttano tanti sassolini per tenerne sempre increspata la superficie in una micro tempesta, forse non in un bicchiere ma in una tinozza. La vera realtà si muove in profondità, dove nell’acqua torbida non arriva lo sguardo e i padroni del vapore, quelli sì, fanno il futuro e non si perdono nel triduo del presente. Sanno come sovrapporre i loro disegni – Expo, Fiera, PGT, tangenziali private a pagamento, privatizzazione dell’acqua, rinascita della finanza drogata – per accordarsi su di un disegno unitario, non privo di conflitti e di tensioni ma ben sapendo che in un Paese come il nostro il futuro va dove va il denaro.

Per chi intravvede questa realtà e cerca di opporsi lo sforzo è titanico perché le cortine fumogene che si stanno innalzando sono sempre più dense e per sapere come vanno le cose non basta l’immaginazione, che spesso ci azzecca, ma ci vorrebbe più trasparenza, prima e poi. Quella del poi, a malversazioni e reati commessi, era nata a Milano con Mani pulite e forse morirà a Milano dove si riabilita Craxi e non si riescono a concludere i processi berlusconiani. Il disagio milanese intanto cresce e chissà se qualcuno si domanda perché i genitori non riescano a impedire ai figli di togliersi la vita: forse il malessere e la sofferenza passano di padre in figlio.

L.B.G.



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