31 maggio 2017

IL PAESAGGIO DI MONTE STELLA E IL GIARDINO DEI GIUSTI

Contributo a un dibattito


Correva l’anno 1985 e nelle elezioni amministrative sono stato confermato dal voto dei milanesi in Consiglio Comunale e nominato assessore all’Ecologia, Arredo Urbano, Parchi e Giardini, con delega a Parco di Monza dal Consiglio stesso, come succedeva allora prima dell’elezione diretta del sindaco, nella giunta di Carlo Tognoli.

09banfi20FBUn incarico che mi ha molto appassionato e che purtroppo è durato poco più di due anni ed è terminato con la partenza di Tognoli, un grande sindaco, per Roma. Venivo da un’esperienza durata cinque anni pieni come assessore al Demanio, dove la continuità temporale mi ha consentito cose che ritengo degne.

Ma veniamo a Monte Stella. Non mi dilungo sul quartiere sperimentale QT8 e sulla genesi di Monte Stella se non per ricordare il ruolo fondamentale dell’architetto Piero Bottoni, commissario straordinario per la VIII Triennale del 1947. Il QT8 è il primo intervento sperimentale di architettura moderna della ricostruzione postbellica piena di fervore, di volontà positiva e di speranza di futuro. Un quartiere destinato agli sfollati, ai senza casa, frutto di progetti edilizi di differenti tipologie, tutti di buona qualità, assegnati per concorso a numerosi architetti, coordinati con autorevolezza da Bottoni.

La Montagnetta, Monte Stella, come ben sapete è stata realizzata con il consolidamento a gradoni successivi con i materiali provenienti dalle macerie dei palazzi bombardati, costipati, mano a mano che si elevavano in altezza dai camion che scaricavano i materiali, prima nelle cave che fiancheggiavano il fiume Olona e poi, successivamente, a salire, creando una altura artificiale e i percorsi a spirale che arrivano alla sommità, vero spazio belvedere sulla cornice delle Alpi attraverso il cielo di Lombardia, che è “cosi bello quando è bello” e su una porzione di città allora al margine nord ovest del tessuto urbanizzato denso e continuo.

Le piantumazioni sono esito di interventi che si sono succeduti nel tempo a partire dagli anni ’70 per concludersi attorno al ‘90: le essenze, oggi assai alte, sono varie, come aceri, olmi, robinie, carpini, querce, betulle, pioppi, abeti e platani. Le essenze accostate tra loro, con colori e cromatiche armoniche che scandiscono le stagioni, sono articolate e disposte su quattro livelli. La lenta salita alla sommità è ritmata da strade sterrate, vialetti e scalinate. E qui, nel 2003 è stato inaugurato il Giardino dei Giusti di tutto il Mondo di cui Gariwo propone un ampliamento della superficie dedicata. Di questo parlerò in seguito, voglio però prima dire due cose che mi riguardano personalmente e che penso siano funzionali alle mie considerazioni.

La prima è che sono andato a rivedere all’archivio Bottoni, ben ordinato e catalogato al Politecnico di Milano, i disegni originali del QT8 e di Monte Stella: sono commoventi per la precisione, per la grafica sofisticata, per il tratto della rappresentazione, a china, a matita, in bianco e nero e a colori, che testimoniano la dedizione e l’applicazione sapiente di Bottoni alla sua creatura amatissima, intitolata alla moglie Stella altrettanto amata.

Bottoni è stato un maestro e un capo scuola, osteggiato dal fascismo prima e negli anni cinquanta poi, quelli della restaurazione anche a Milano, per la sua collocazione di intransigente comunista. E capisco che ogni alterazione del suo progetto originale venga respinto quasi a priori da parte dei suoi allievi più stretti, senza valutarne, con elasticità, le finalità condivise.

Infatti la personalità di Piero Bottoni, il suo rigore e l’intransigente determinazione degli obbiettivi progettuali e disciplinari può essere riassunta in un aneddoto che mi è stato raccontato da mia madre, da Ernesto Rogers e confermato da Gino Pollini, che era presente.

Nel 1933 il CIAM (Comitato Internazionale per l’Architettura Moderna) organizzò un Congresso che produsse la carta di Atene, linee guida e direttive per un’urbanistica moderna delle città. Il congresso si svolse in parte su una nave che trasportava i partecipanti da Marsiglia ad Atene. I lavori, il dibattito preparatorio, il confronto avveniva nei saloni dei ponti.

Bottoni si allontanava, perché scendeva nelle stive dove aiutava i fuochisti a caricare le caldaie di carbone, per marcare platealmente la sua solidarietà proletaria e il richiamo alla socialità necessaria della pianificazione urbana e il suo raccordo con l’intelligenza materiale del lavoro. L’uso programmato dei camion carichi di macerie per costipare monte Stella ne è la conferma evidente.

La seconda riflessione riguarda cosa ho fatto io nel contesto di Monte Stella nella mia qualità di assessore ai parchi e giardini e all’arredo urbano. Era il momento in cui si è tracciato il nuovo percorso da viale Scarampo al sistema autostradale del nord. Il progetto originale prevedeva che il ponte sopra piazzale Kennedy proseguisse in continuità su via De Gasperi verso il quartiere Gallaratese. Sul tavolo di riunione dell’assessorato, in piazza Duomo 24 con vista sulla Galleria, l’ingegnere Crapanzano del PIM e io abbiamo modificato il percorso con l’innesto diretto nel sistema autostradale attraverso il cavalcavia del Ghisallo. Poi, subito, si è posto il problema dell’attraversamento e dell’accesso al parco di Monte Stella con lo scavalco di via De Gasperi che con le 6 corsie era diventato una barriera e una separazione invalicabile.

Ho incaricato due architetti Lorenzo Forges Davanzati e Fausto Colombo di progettare una soluzione che fosse funzionale e degna di un importante accesso di città. Ho concordato questo incarico con l’Ufficio Tecnico comunale, che avevo contestualmente impegnato nello studiare un’analoga soluzione per l’accesso ciclo pedonale da viale Forlanini all’omonimo parco e un cavalcavia su via Corelli.

L’architetto Sutter, una bravissima tecnica interna all’amministrazione, ha riconosciuto che il carico di lavoro che le attribuivo non le avrebbe consentito di affrontare contemporaneamente la progettazione di tre interventi complessi e mi ha aiutato a conferire un incarico a tecnici esterni in modo concordato e non conflittuale con la struttura. Perché ho scelto Forges e Colombo: è stata una decisione autocratica di cui rivendico la personalissima responsabilità in relazione ai miei poteri e al ruolo di assessore, pronto a motivarla se necessario.

Il progetto ha investito, oltre al ponte a scavalco di viale De Gasperi, la parte terminale del Monte Stella dove, attraverso movimenti del terreno, si sono configurate delle barriere naturali antirumore e una sapiente sagomazione paesaggistica che mi ha dato la soddisfazione personale di aver lasciato una impronta leggera ma riconoscibile su Monte Stella. Quindi, penso che con garbo, sensibilità e attenzione anche filologica si possa intervenire sul robusto impianto così fortemente strutturato da Bottoni.

E veniamo al Giardino dei Giusti di Monte Stella. Nessuno ha mai contestato il significato e il valore di memoria e di riconoscimento di questa presenza nella Montagnetta nata sui disastri e le distruzioni della guerra, della lotta di Liberazione dall’occupazione nazifascista, dalla conquista delle libertà democratiche sancite dalla Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza. Le procedure autorizzative mi sembra siano state defatiganti, confuse e inutilmente complicate e foriere di conflittualità profonde, portatrici di intollerabili ritardi e di contrasti anche feroci.

Però quando penso alla lievità che mi ha consentito di realizzare gli interventi che ho descritto, quando guardo all’utilizzazione intensa di Monte Stella per i milanesi: le gare, le manifestazioni sportive, i festival, gli allenamenti, le corse, le bici, gli sport del complesso del XXV Aprile, presumo che Bottoni, che aveva perseguito questa intensa frequentazione popolare, possa essere soddisfatto dell’utilizzo così autentico di Monte Stella. Si aumenti la manutenzione e i controlli ma si viva in allegria questo luogo simbolo di tante cose tra cui la memoria dei Giusti.

Anche se le procedure autorizzative sono ancora sospese da un giudizio definitivo del Consiglio di Stato mi pare che i contrasti abbiano portato a un affinamento del progetto, che è passato da un giudizio negativo della Sovraintendenza a un assentimento per aver ottemperato alle prescrizioni. Lavoriamo ancora per rimuovere i contrasti e costruire attorno al Giardino dei Giusti un consenso per l’alto significato morale e civile della lotta contro ogni persecuzione, in questo terribile momento storico in cui il mondo, come dice papa Bergoglio, vive una terza guerra mondiale a pezzetti.

Giuliano Banfi

Architetto, già Assessore all’Ecologia, Arredo Urbano, Parchi e Giardini



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