23 maggio 2017

QUALCHE QUESITO SU PIAZZA CORDUSIO

Restauro e riqualificazione per la “piazza più importante d’Italia”


Mercoledì 3 maggio presso l’Assimpredil Ance si è svolto un incontro sui progetti di “recupero” di alcuni edifici o isolati intorno a piazza Cordusio: tre operazioni immobiliari che riguardano l’intero isolato tra la piazza, via Grossi e Santa Margherita, il palazzo tra la piazza Cordusio e via Porrone, e i primi due palazzi lungo via Broletto dopo via Porrone. Incontro definito di “rigenerazione” ben introdotto da Sonia Calzoni che ha ricostruito la storia della piazza.

03favole19FBOperazioni finanziario-immobiliari di gruppi esteri (americano, cinese e misto) con tre importanti studi di progettazione milanesi, che dimostrano l’attrattività attuale di Milano. Le operazioni hanno caratteristiche su cui deve lavorare il Comune, perché si tratta di edifici storici o storicizzati, nel punto più centrale della città intorno a una delle piazze più note e trascurate, oggetto di investimenti economici di grandissima importanza.

Quindi il Comune ha almeno tre compiti. Il primo è di far fare interventi di “restauro” e non di semplice ristrutturazione, perché questi edifici hanno volumi originari, ampliamenti di varie epoche, sopraelevazioni, cortili in parte saturati, volumi tecnici sovrabbondanti; tutte parti che si devono considerare superfetazioni e non parti integranti, né storicizzate.

Gli interventi dovrebbero garantire con il contributo fondamentale della Soprintendenza il recupero architettonico degli edifici, per i quali c’è sovrabbondante documentazione storica, non solo la “rigenerazione” di tutto indistintamente. Con il risultato di un miglioramento qualitativo e di un alleggerimento del peso urbanistico.

Il secondo è definire gli oneri di urbanizzazione che i gruppi devono pagare. In considerazione proprio delle caratteristiche degli interventi per dimensione fisica ed economica e localizzazione, gli oneri non possono essere quelli (ridotti) di una ristrutturazione, ma devono prevedere oneri aggiuntivi per opere pubbliche che riguardano gli spazi pubblici, la infrastrutturazione del sito, gli standard non previsti o non dovuti in luogo, a cominciare dai parcheggi – che non sono obbligatori perché edifici già esistenti.

Mentre delicata è la previsione dei parcheggi pertinenziali – obbligatori – attrattivi per centinaia di dipendenti che dovrebbero invece arrivare con i sovrabbondanti mezzi pubblici che servono piazza Cordusio e dintorni. Bisogna trovare una soluzione alternativa adeguata.

Il terzo problema è quando il Comune affronterà il progetto degli spazi pubblici intorno a questi edifici rinnovati. Il recupero di questi palazzi avverrà in circa tre anni: è urgente che il Comune si ponga il problema degli spazi pubblici circostanti (piazza Cordusio, via Grossi, lo slargo all’ingresso di Santa Margherita e forse altri intorno).

Altrimenti ci troveremo come piazza Aulenti dove “la biblioteca degli alberi” che a due anni dalla ultimazione degli edifici è forse solo all’inizio quando doveva essere iniziata cinque anni fa e ultimata contemporaneamente; o come gli spazi pubblici della fondazione Feltrinelli.

Per il boulevard sul lato, che fa parte della convenzione, bisogna aspettare la bonifica (che pare debba pagare il Comune, ma in base a quale convenzione?!), proprio ora che il palazzo è abitato. Si tratta quindi di circa un anno e mezzo per la realizzazione, mentre la stessa convenzione non ha previsto non dico il restauro (che sarebbe stato il minimo civico), ma nemmeno la pulizia dei due caselli del Beruto che sono stati lasciati indecorosamente sporchi e malconci in testa alle luccicanti facciate nuove.

Due livelli di problemi: la contemporaneità delle opere pubbliche con quelle private -comunque le si voglia gestire- e la gestione del contenuto delle convenzioni che dovrebbero prevedere quel poco in più che potrebbe o dovrebbe sistemare il contesto: per rimanere all’esempio cosa costava mettere nell’enorme operazione immobiliare della Feltrinelli 100 mil euro per sistemare i caselli e farlo fare contemporaneamente?

Contemporaneità tanto più necessaria per piazza Cordusio, l’antica cohors ducis [corte/cortile del generale], quella dove aveva residenza il “vicario di provvigione“ del Manzoni, che è in una condizione impresentabile, un magazzino dei residui dell’arredo urbano: 18 panettoni (fuori norma), archetti, griglie a terra, una pensilina, una multicolore popolazione di pali di ogni genere, diverse pavimentazioni, panche tipo sarcofago, binari vari e jumbotram, una statua senza illuminazione, e quant’altro: brutta e pericolosa per pedoni e ciclisti.

Dieci anni fa c’è stato anche un progetto approvato, poi insabbiato. È necessario che il Comune provveda da subito (con il metodo giusto: indicazioni precise, concorso, etc.) al progetto per la sua sistemazione.

Infine si pone un argomento di livello metropolitano. Questi interventi sono i primi, e saranno seguiti da analoghi interventi di recupero – pardon, restauro – degli altri edifici intorno alla piazza. Risultato: molte decine di migliaia di metri quadri per uffici, negozi e alberghi, sicuramente appetibili vista la posizione che uno degli operatori presenti ha definito la piazza più importante d’Italia.

L’affermazione – forse inevitabile date le condizioni oggettive – di un fortissimo monocentrismo della città, che non va assolutamente assecondato, né tanto meno incentivato. Uffici che si devono sommare a quelli nuovi in piazza Aulenti e dintorni, a quelli a City Life a alla Feltrinelli, agli altri in viale Pasubio, al recupero dell’ex Galfa, dell’ex INPS e del vecchio palazzo del Comune.

Tutto questo in una città che al momento ha 1.200.000 mq di uffici vuoti, in tutte le fasce degli anelli urbani. Quindi la domanda ovvia è quale è il modello urbano-territoriale verso il quale andiamo o si vuole andare o che si subisce, che oltre tutte le dichiarazioni di principio (o le chiacchiere in proposito) non è la diffusione sul territorio di polarità che non hanno possibilità di trovare mercato: procedendo così la città metropolitana non sarà mai più multipolare come si dice che vorremmo, ma sempre più monocentrica.

Dato obiettivo che porta con sé delle considerazioni conseguenti sugli scali ferroviari: in città e nell’area metropolitana è già inutile altra residenza libera per la concomitanza del calo demografico e dell’eccesso di vani costruiti, per cui sarebbe meglio recuperare gli stabili vuoti in città (al momento pare già 180 edifici interi, oltre agli alloggi vuoti o invenduti). Bisogna chiedersi quali altri uffici si possono prevedere in questa situazione reale oltre a quelli vuoti di cui non si sa cosa fare o per cui non si è definito un destino.

È necessario quindi orientare la destinazione degli scali su altri obiettivi e lavorare su tempi lunghi, quelli di adattamento o assorbimento degli interventi in atto anche da parte della città metropolitana, adeguando a questo gli ambiti di trasformazione del PGT in revisione, che su questo tema dovrebbe avere un’attenzione speciale, per dimensione intercomunale e durata temporale.

Paolo Favole



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