23 maggio 2017

LA LOMBARDIA È SCALABILE DAL CENTROSINISTRA?

Un sasso lanciato nello stagno da Fabio Pizzul


C’è un grosso rischio per il centrosinistra nelle elezioni regionali lombarde in arrivo alla scadenza naturale della primavera 2018 se Maroni non cercherà di anticiparle. Quello di arrivarci con lo stesso spirito rinunciatario e perdente che lo schieramento ha avuto per una ventina di anni a Milano e in Lombardia prima della poco annunciata vincita di Pisapia.

04antoniazzi19FBIl rischio è di arrivarci con una piattaforma da “minestra riscaldata”, di critiche metodologiche e poco incisive alla gestione Maroni, senza un’idea chiara e innovativa di cosa si propone ai lombardi.

È pur vero che alla “novità” Ambrosoli nel 2013 dagli elettori fu preferito “l’usato sicuro” Maroni (tranne che nei capoluoghi di provincia). Ma è altrettanto vero che se non cresce “un progetto condiviso”, magari con “il coraggio di non inventare niente” ovvero di interpretare e trasformare quello che c’è con semplicità, difficilmente il centrosinistra conquisterà il consenso dei lombardi.

E questa questione chiama in causa la politica, i suoi ritardi, la sua assenza. Prova a “lanciare un sasso nello stagno” Fabio Pizzul, classe 1965, già direttore di Radio Marconi, in politica e in Consiglio regionale dal 2010 per il Pd, pubblicando il pamphlet a gennaio 2017 La mia Lombardia (in vendita su Amazon.it o alla Libreria Lirus in via Vitruvio a Milano).

Prova a parlare di contenuti, partendo dalla definizione (che mutua da Aldo Bonomi) che non c’è una Lombardia, ma ce ne sono quattro: la pedemontana (da Varese a Brescia), la bassa padana (da Pavia a Mantova),l’arco alpino (Sondrio,e le valli varesine, lecchesi, bergamasche, comasche, bresciane) e l’area metropolitana di Milano.

Un taglio troppo Milanocentrico o troppo “urbano” che trascura “le periferie” e le valli ha già mostrato i suoi limiti. Con il solo voto delle città si perde. E bisognerà pur rispondere all’accusa di rappresentare solo i ricchi e di aver dimenticato i soggetti in difficoltà. Non è pensabile un progetto “dirigista” che dall’alto del trentaseiesimo piano del grattacielo regionale pensi di governare le diversità.

Occorre un rapporto forte e differenziato col territorio che sappia tradurre le buone pratiche in una politica unitaria di sviluppo regionale che colga le specificità dei bisogni e delle domande. Le parole chiave di una politica forte sono unità e alleanza dei territori, sono sinergia e rete, sono innovazione e semplicità.

Su questo tema di una regione giusta, concreta e felice, Pizzul sviluppa molte “piccole” proposte praticabili. L’attenzione per esempio ad un parametro che pare “post materiale” come il tempo da la possibilità di sviluppare molte politiche innovative e unificanti sui trasporti come la sharing economy.

Si tratta di sviluppare anche un orizzonte di senso che vada verso una economia della condivisione, capace di creare beni pubblici che non vengono solo consumati, ma possono essere alimentati dalla cura di una comunità di persone che se ne fa carico per un vantaggio che non si ferma al singolo individuo.

Si tratta di spunti e riflessioni che hanno il merito di cercare di aprire una discussione di contenuti: quella che manca a un centrosinistra che pensa alla data, agli schieramenti, ai nomi, alle procedure di scelta (primarie sì, primarie no).

Intanto, Maroni lancia la sua “bomba elettorale” (un referendum con domanda “siete favorevoli a che la Lombardia chieda più deleghe a Roma?” … e chi è contrario?) e detta l’agenda politica costringendo il centrosinistra a dire che è inutile, che è strumentale e che sono 46 milioni buttati … Tutti ragionamenti che se il referendum ci sarà la gente non capirà.

Forse sarebbe il caso che il centrosinistra se c’è batta un colpo e dica qualcosa di concreto che i lombardi capiscano. Pizzul ha provato a dire la sua, c’è qualcuno che ha filo da tessere? Senza programma e senza squadra non ci sarà un uomo della provvidenza che ci salverà.

Pier Vito Antoniazzi



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