10 maggio 2017

DOVE SONO I “CIVICI” MILANESI? OGGI DESAPARECIDOS

Anche il “civismo” non se la passa bene


Il 30 maggio 2011, prima davanti ai suoi fan al teatro Elfo Puccini e poi in Piazza del Duomo, Pisapia disse: «Non lasciatemi solo perché abbiamo scoperto che insieme siamo fortissimi. Sarò il vostro sindaco, sarò il nostro sindaco». Era finita una campagna elettorale carica di entusiasmo e di attese, aveva vinto un candidato sostenuto da una coalizione con una fortissima componente “civica”, un sentimento trasversale che non si limitava alla lista civica Milano civica, gli arancioni, ma che connotava un po’ tutte le liste.

01editoriale17FBI cittadini milanesi non lo lasciarono solo, almeno per molti mesi, poi cominciarono le perplessità: la “partecipazione” balbettava, la Giunta non era quella squadra compatta che aveva promesso. La convivenza con il suo antagonista interno, Stefano Boeri, diventa impossibile e Boeri deve lasciare; più avanti, in occasione delle elezioni regionali del 2013, Lucia Castellano, assessore ai Lavori pubblici e alla casa, lascia insalutato ospite e la Giunta perde un civico della prima ora.

Ada Lucia De Cesaris assessore all’Urbanistica, diventa vicesindaco e alla fine, nel luglio del 2015, si dimette ed è l’ultimo episodio di rotazione di assessori e di “uscite”: siamo al “liberi tutti” perché in marzo, qualche mese prima, Pisapia aveva annunciato di non volersi ricandidare. Aveva chiesto ai milanesi di non lasciarlo, loro forse l’hanno deluso ma alla fine è lui che lascia i milanesi e, nonostante le dichiarazioni contrarie, affossa e smentisce il cosiddetto “modello Milano”. Dal Pd nessun tentativo di dissuaderlo, era scomodo. Gli “arancioni” restano a piedi. I milanesi un po’ traditi.

Pisapia è stato il primo, in buona sostanza, a prendere la strada per Roma, la grande fascinatrice del potere centrale: oggi il drappello milanese dei migranti della politica si ingrossa e Milano prende amaramente coscienza di essere alla fine una sorta di sgabello per il potere.

La storia si ripeterà? Che cosa farà Beppe Sala? Per certi versi è un uomo imperscrutabile: alla presentazione dei progetti sugli scali ferroviari nel tendone allo scalo di Porta Genova ha accennato a un suo secondo.

Comunque Sala non ha certo detto “non lasciatemi solo”, anzi, a giudicare dalle ultime uscite, è piuttosto del genere “non parlare al manovratore”. Prende le distanze dal Pd? Da tutti? Sembrerebbe. Se lo farà, l’amaro in bocca lo avranno gli arancioni che lo hanno sostenuto nella sua campagna elettorale e molti della sinistra che pure lo hanno sostenuto e che oggi sono in uscita o che corrono sotto l’ombrello del Pd, magari solo per uno strapuntino in assemblea o in direzione. Partendo da Milano. Allora cosa farà Sala a fine mandato? Si ricandiderà? Quale sarà la maggioranza in grado di sostenerlo a quel momento? Accetterà una maggioranza qualunque?

Il civismo milanese è morto e sepolto? Probabilmente sì nella dissennatezza politica che non ha saputo coglierne i valori, valori che avrebbero intercettato molti dei voti che oggi finiranno a Grillo, il nemico pubblico n°1.

Il civismo non è un partito, il civismo è altro rispetto alle liste civiche, quelle che Cacciari in una sua intervista del giugno del 2012 definisce una “cretinata” ma anche lui equivocando tra civismo e liste civiche. Per chi è attento alle parole e al loro significato civismo non è sinonimo di “cittadino”. Molte liste cosiddette civiche meglio sarebbe meglio chiamarle cittadine.

Il civismo è un insieme di valori che portano ad un “modo “ di fare politica, è un tipo di educazione alla politica, tanto importante da esserne oggetto anche nel Pon Scuola che lo definisce tra l’altro come “rispetto delle diversità e cittadinanza attiva”: ne parla con chiarezza in un suo intervento su Linkiesta Stefano Rolando, uno dei supporter della campagna di Pisapia, poco ascoltato allora e poi per nulla.

Forse una ragione di tanta ostilità nei confronti del civismo c’è: è nella definizione che ne danno i dizionari della lingua italiana: ”Nobiltà di sentimenti civili, alto senso dei proprî doveri di cittadino e di concittadino, che spinge a trascurare o sacrificare il benessere proprio per l’utilità comune” (Dizionario Treccani). È il trascurare o sacrificare il benessere proprio ciò che lo rende ostico perché il “benessere” per molti è anche l’appagamento del proprio istinto al potere e all’ansia di comparire.

Milano sta facendo un passo indietro, abbagliata e distratta da Expo, post Expo, saloni e fuori salone e la politica, quella buona, quella che non si ferma in superficie, resta al palo: come per la moneta, la politica cattiva scaccia la buona.

Luca Beltrami Gadola



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