10 maggio 2017

UTILITÀ DELLE PROVINCE: CONFLITTO, CONTROLLO E TERRITORIO (II)

La legge Delrio, la Costituzione e il Progetto di legge Gasparini


Nell’omonimo articolo del numero scorso di ArcipelagoMilano ho sostenuto l’utilità delle Province e la necessità di un loro profilo istituzionale forte. Il tentativo di eliminarle dalla Costituzione è stato l’esito di uno storico scontro di potere tra Comuni e Province, ma dopo che la riforma della Costituzione è stata bocciata le Province sono istituzioni con lo stesso rango dei Comuni e delle Regioni.

09targetti17FBLa legge Delrio del 2014 invece marginalizza, indebolisce e declassa le istituzioni di governo dell’area vasta, ovvero le Città metropolitane e le Province ad enti strumentali dei Comuni. Della necessità di rafforzare la Città metropolitana anche con l’elezione diretta dei suoi organi già s’è detto più volte, ma anche la “riforma” delle Province va riformata. Il recente progetto di legge Gasparini integra la legge Delrio, ma ne conferma l’impostazione regressiva.

Il modello di Provincia Delrio e la Costituzione vigente – La legge 56 del 2014, detta appunto Delrio, aveva provvisoriamente modificato l’ordinamento delle Province in attesa della loro eliminazione con la riforma costituzionale. Con la bocciatura del referendum, le Province restano in vita e sono riconosciute dalla riconfermata Costituzione che afferma: “La Repubblica è costituita dai Comuni , dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”.

Dunque, le Province per la Costituzione hanno lo stesso rango dei Comuni , delle Città metropolitane e delle Regioni, e sono enti autonomi non solo rispetto allo Stato e alle Regioni, ma anche rispetto ai Comuni.

Tali prerogative non sono rispettate dalla legge Delrio che prevede: a) l’elezione di secondo grado, cioè gli amministratori provinciali non sono eletti dai cittadini, ma dagli amministratori comunali; b) che possono essere eletti a presidente e consigliere provinciale solo i sindaci e i consiglieri dei comuni compresi nella provincia; c) che l’attività di amministratore provinciale è gratuita.

A queste condizioni, la Provincia non ha lo stesso rango dei Comuni e delle Regioni e non ha una

propria autonoma capacità di governo. L’elezione di secondo grado, che toglie rappresentatività diretta e soprattutto i requisiti degli amministratori provinciali, che possono essere solo sindaci o consiglieri comunali, declassano le Province a enti strumentali dei Comuni.

La doppia funzione di amministratore comunale e di amministratore provinciale non garantisce alla Provincia l’autonomia di esercizio delle sue funzioni, in quanto i sindaci e i consiglieri sono tenuti a rispondere anzitutto al proprio elettorato comunale. La gratuità delle cariche non fa che rafforzare la marginalità dell’istituzione e la differenza di rango rispetto ai Comuni e alle Regioni.

L’ordinamento provinciale impostato dalla legge Delrio è perciò, a mio avviso, incostituzionale.

Il progetto di legge Gasparini – L’onorevole Daniela Gasparini ha preso atto che le Province lasciate a metà del guado non funzionano e che la bocciatura della riforma costituzionale impone di rivedere la legge. Con altri deputati, ha presentato il progetto di legge 4357 (pdl) che modifica la legge 56, nell’intento di “ammodernare le province” come dice la stessa Gasparini nel suo sito e corregge la legge di stabilità del 2015 (legge n° 190/2014) per garantire le risorse finanziarie necessarie all’effettivo esercizio delle loro funzioni.

Il pdl Gasparini conferma però esplicitamente il modello Delrio. Nella relazione di presentazione del progetto di legge la Provincia è presentata, con un po’ di retorica localista, come la “casa dei comuni”. L’onorevole Gasparini dichiara apertamente che esisteva un conflitto tra Comuni e Province e che il modello Delrio lo ha risolto a favore dei Comuni, superando “un’amministrazione locale basata su due livelli di governo separati, comuni e province (e in molti casi conflittuale)“.

Facendo così prevalere una visione del governo del territorio fondata sulla storica elevatissima frammentazione amministrativa (in Lombardia i Comuni sono 1.527). Ma i due livelli di governo separati ed autonomi che il pdl continua a non voler riconoscere, sono affermati dalla Costituzione vigente. Dunque, anche il pdl Gasparini non supera il vulnus dell’incostituzionalità della legge Delrio.

Le funzioni delle Province – La legge Delrio declassa le Province ad enti strumentali dei comuni ma attribuisce loro non poche funzioni di peso, proprie dell’area vasta, che sono (legge 56, articolo 1, comma 85): Pianificazione territoriale. Pianificazione dei servizi di trasporto. Costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale. Programmazione provinciale della rete scolastica. Assistenza tecnica amministrativa agli enti locali. Gestione dell’edilizi scolastica. Pari opportunità (!?).

Il pdl Gasparini propone di aggiungere le seguenti funzioni: Promozione e coordinamento dei sistemi di informatizzazione. Esercizio delle funzioni di stazione appaltante. Adozione di un piano strategico del territorio provinciale (sulla scorta della Città Metropolitana, nota dell’autore). Definizione di un piano triennale delle aree omogenee per l’esercizio associato delle funzioni comunali.

Per le province con popolazione superiore ai 500.000 abitanti il pdl aggiunge, giustamente, l’Organizzazione dei servizi pubblici locali a rete relativi a: servizio idrico integrato; smaltimento dei rifiuti; trasporto pubblico locale; distribuzione del gas naturale.

La stessa legge 56 prevede poi che le Regioni possano delegare alle Province ulteriori funzioni. Mancano tutte le funzioni di tutela dell’ambiente, come il controllo dell’inquinamento atmosferico, il governo dell’assetto idrogeologico, la tutela delle aree naturali, fenomeni e strutture fisiche che non rispettano certo i confini comunali e che richiedono una pianificazione d’area vasta di scala provinciale o metropolitana, se pur inquadrata nella programmazione regionale.

Ci si chiede come i conflitti tra una logica di sistema d’area vasta e una logica di scala locale che inevitabilmente si determinano, possano essere risolti solo dalla buona volontà dei rappresentanti dei pur legittimi interessi locali.

Gli abolizionisti a tutti i costi propongono di trasferire le funzioni d’area vasta alle Regioni. Per verificare la loro tesi potrebbero chiedere agli amministratori regionali della Lombardia se ritengono questa un’ipotesi plausibile.

I risparmi e i compensi agli amministratori provinciali: amministrare come dopolavoro – In omaggio all’imperativo di ridurre i costi della politica la legge Delrio con la gratuità delle cariche provinciali ricoperte da amministratori comunali già indennizzati, ha risparmiato 80 milioni all’anno. Con la riforma dei “costi della politica” degli enti locali, delle Regioni e del Parlamento, si sarebbe potuto benissimo ridurre la spesa complessiva e mantenere condizioni dignitose per il governo delle Province.

Comunque sia ci si chiede come si possa seriamente amministrare funzioni di tale rilevanza e in tal numero, con un’attività di volontariato, svolta nel tempo residuo lasciato dagli impegni di lavoro e dell’amministrazione dei comuni. È poco serio, è un cedimento al più becero populismo. Il pdl Gasparini introduce piccoli aggiustamenti in tal senso, ma non cambia l’impostazione della legge che è quella dell’amministrazione delle Province come dopolavoro (1).

La semplificazione dell’amministrazione locale? – Il pdl Gasparini conferma il modello Delrio cui attribuisce il merito di semplificare la struttura amministrativa che la legge imposta su due soli livelli, i comuni e le regioni (in Europa le grandi nazioni hanno tutte tre livelli amministrativi oltre allo Stato centrale).

In realtà con il modello Delrio, aggiornato dal pdl Gasparini, i livelli decisionali si moltiplicano e confondono in modo incontrollato. L’area vasta verrebbe governata dai Comuni organizzati in Provincia e poi ancora dai Comuni per parti: ambiti omogenei ove l’ esercizio associato delle funzioni è svolto da unioni, fusioni o convenzioni tra Comuni, sulla base di processi aggregativi spontanei e volontari (2).

Le province con più di 500.000 abitanti dovrebbero organizzare i servizi pubblici locali a rete. Negli altri casi tali funzioni sarebbero svolte “in forma associata tra più enti di area vasta” (sono le Province o altri enti?). Resterebbero i consorzi, le ASL, le aziende pubbliche, le agenzie di settore, gli ambiti ottimali etc. Difficile sostenere che tale organizzazione sia più semplice di una fondata su tre livelli esclusivi: Comuni, Province e Regioni, magari riducendo il numero dei comuni e delle province e stabilendo con chiarezza le competenze.

La questione finanziaria e le modifiche alla legge di stabilità 2015 (190 del 2014) – Avendo previsto di sopprimere le Province con la riforma costituzionale (ma non le loro funzioni che sarebbero state distribuite a comuni e regioni) la legge di stabilità del 2015 (legge n° 190/2014) aveva drasticamente ridotto le risorse destinate alle Province (e alle Città metropolitane), tanto da metterle in serie difficoltà di bilancio. Un risparmio di 6 miliardi in tre anni, dunque di tutt’altra dimensione rispetto ai risparmi sui compensi agli amministratori.

Per evitare il collasso finanziario delle Province e delle Città metropolitane il pdl Gasparini propone meritoriamente di rifinanziare le Province e le Città metropolitane riducendo i tagli ai trasferimenti stabiliti dalla legge di stabilità, di 5 miliardi, anche in ottemperanza ai rilievi della corte dei Conti (3).

Ci si chiede se in una prospettiva di consolidamento anche finanziario delle Province dell’ordine di grandezza di miliardi non si debbano ripristinare organi pienamente rappresentativi e responsabili e non si possa riservare qualche decina di milioni per il loro funzionamento. In realtà la gratuità delle cariche degli amministratori provinciali non è dettata dalla necessità di risparmio ma della volontà di riaffermare il principio che i sindaci governano la Provincia, quando hanno tempo.

Conclusioni – Per tutto quanto sopra, con l’amico Ballabio, siamo decisamente convinti che la riforma Delrio sia sbagliata e non vada nell’interesse del Paese e che il pdl Gasparini non risolva la questione. Siamo per contro convinti che le istituzioni che governano l’area vasta, Province e Città metropolitane, devono essere istituzioni forti e capaci di autonome visioni e progetti. Dunque vanno riformate ma non eliminate, né declassate. Per questo insistiamo sul tema e ci piacerebbe che si aprisse un dibattito su ArcipelgoMilano.

Ugo Targetti

(1) Il pdl introduce l’ adeguamento dell’indennità del sindaco – presidente delle province più grandi allo stipendio del sindaco del capoluogo nel caso che le due figure non coincidano (stiamo parlando di qualche migliaia di euro) . Ma tale indennità si dimezza se il presidente è un dipendente in attività. Cioè si presuppone che si possa fare il presidente di una media o grande provincia continuando a lavorare come dipendente, cioè appunto nel tempo libero (un tempo si diceva nel dopolavoro).

(2) Nel 2016 in Italia si sono fusi 75 comuni (erano 8.046); con questo ritmo affinché il numero dei comuni con meno di 10.000 abitanti, pari a 6753, si dimezzi spontaneamente ci vorranno 90 anni.

(3) La stessa Corte dei Conti ha rilevato la violazione dell’articolo 3 della Costituzione per l’inadeguatezza delle risorse trasferite alle province e alle città metropolitane rispetto ai compiti istituzionali loro assegnati.



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