3 maggio 2017

A VALLE DELLE PRIMARIE DEL PD E NON SOLO

Che resta ai laici?


Dopo aver letto poco più di 100 pagine di tesi congressuali, 41 di Renzi, 26 di Orlando e 20 di Emiliano – ognuna meriterebbe un separato commento – mi sono domandato quanti sarebbero andati a leggerle prima di depositare nell’urna la fatidica scheda per scegliere non solo il segretario del Pd ma anche, forse, il prossimo Presidente del Consiglio. Non sono la stessa cosa perché, già che ci siamo, mi domando che dovrebbe fare il Presidente Mattarella, seguendo la Costituzione e le consolidate procedure, se il designato dalle urne Pd proprio non gli piacesse o la consultazione di Partiti desse esiti incerti. Staremo a vedere.

01editoriale16FBPer rispondere alla mia domanda sui lettori delle tesi ho fatto, lo confesso, quello che un sondaggista, ma io solo mi fingo, sa di non dover fare: telefonare agli amici e chiedere. Non lo si deve fare perché il campione non è significativo: è il nostro mondo, non “il mondo”.

L’ho fatto lo stesso con una verifica di cui dirò, ma siccome cercavo di capire quanto pesasse il voto “consapevole” e “razionale”, ho ritenuto che il mio piccolo mondo mi avrebbe dato qualche indicazione, quella degli elettori più attenti, più coinvolti, più appassionati, pensando che anche chi non intendeva nemmeno andare a votare, avrebbe così deciso perché insoddisfatto dalla lettura delle mozioni congressuali. La verifica è stata interpellare, cosa non facile, alcune persone al seggio.

Il mio campione con fatica è arrivato in una settimana a raccogliere un centinaio di risposte e meno del 5% mi ha confermato di aver letto le tesi per intero: arriviamo al 10% contando quelli che ne hanno letto una sintesi o qualche stralcio.

La vittoria è dunque del voto emotivo, televisivo, mediatico o più volgarmente di pancia: se ha votato così il mio “campione”, posso pensare che sia andata in questo modo in generale. Devo dire che me lo aspettavo.

A cosa servono allora le mozioni congressuali, cugine prime dei programmi elettorali? Soltanto ad attivare il gruppo dirigente che si raccoglie attorno a un candidato: gente in genere interessata, in caso di vittoria del proprio leader, a esserne la squadra, magari i maître à penser o a occupare qualche posto di governo o sottogoverno, alcuni, pochi, per passione politica. Niente di più.

Per vincere nelle urne ci vuole ben altro, ci voglio gli esperti in comunicazione, i bravi manipolatori di social media. Recentemente si è capito che ci vanno anche dei bravi hacker esperti in fake news e postverità, tutte cose che costano soldi e che fanno anche capire bene come la e-democracy – la democrazia di Internet – sia un pericolo grave e un potere immenso per chi ne possiede – o può comprarsi – gli strumenti di gestione. Naturalmente chi è già al Governo o all’opposizione dispone di visibilità nei mezzi di comunicazione e ci può aggiungere il suo carico da 90.

Allora le lettura delle mozioni è una curiosità da bibliofilo, un testo per proprie meditazioni politiche, un volare alto che si conclude quasi sempre con una domanda: “cioè”? Praticamente che facciamo? Magari anche solo la domanda classica: che farai nei primi cento giorni? Domande retoriche.

Questo modo sostanzialmente emotivo gastrico di chiamare la gente al voto a ogni occasione elettorale, o referendaria che sia, e di sollecitare e infine di catturare il consenso ha una matrice comune tra tutte le forze politiche, si tratta di “populismo” in tutte le sue declinazioni, che va dall’ eccitare le paure e le pulsioni più nascoste fino, più subdolo, a impedire o quantomeno non favorire il formarsi di una consapevole cultura politica, una sorta di ventriloquismo politico gradito al potere.

La classe politica così si autopromuove e si coopta, lotta al suo interno, come ora nel Pd, con un unico obiettivo, il potere, del tutto disinteressata al bene comune malgrado i proclami, in una sorta di gorgo tra emozioni e paure: il regno dell’irrazionale.

Peccato che nell’equilibrio – disequilibrio – dei poteri tra bene comune e potere economico, quest’ultimo nella sua avanzata sia il più razionale e dunque vincente, non ragiona con la pancia ma con la testa, e che testa: arruola i migliori e non ha problemi a pagarli.

E la politica, quella vera, dove sta? Papa Bergoglio lo ha detto ai cattolici, ai laici chi?

Luca Beltrami Gadola



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