3 maggio 2017

UTILITÀ DELLE PROVINCE: CONFLITTO, CONTROLLO E TERRITORIO (I)

La legge Delrio, la Costituzione e il Progetto di legge Gasparini


Perché insieme all’amico Ballabio, vogliamo occuparci ancora una volta di Province? Perché siamo convinti che le Province siano utili. Affronto dunque il tema della riforma delle Province in due articoli gentilmente pubblicati da ArcipelagoMilano. In questo primo articolo espongo la tesi per punti: l’utilità delle Province, il conflitto tra Comuni e Province all’origine della tentata soppressione costituzionale delle Province; la legge Delrio come scelta di campo a favore dei Comuni; l’incostituzionalità della legge dopo la bocciatura della riforma costituzionale; linee per la riforma delle Province.

07targetti16FBNel secondo articolo che sarà pubblicato sul prossimo numero del giornale, esaminerò, a sostegno della tesi, l’inadeguatezza e l’incostituzionalità del modello di amministrazione locale voluto dalla legge Delrio, confermato dal recente progetto di legge dell’onorevole Gasparini, che vorrebbe consolidare le Province ma non modificare tale modello.

Il tema assume particolare rilevanza in Lombardia, regione più popolosa di molti stati europei, perché oltre all’area metropolitana di Milano, una vasta parte del territorio presenta caratteri insediativi di tipo metropolitano, ovvero tutto l’arco delle province pedemontane da Varese a Bergamo e Brescia. Si tratta complessivamente con l’area metropolitana di Milano, di circa 4.500 kmq su 23.800 della regione (19%) dove si concentrano 6.500.000 di abitanti, il 65% della popolazione lombarda.

Se dunque l’area metropolitana di Milano deve assumere un ruolo nazionale, bisogna perciò che la Città metropolitana funzioni bene, non si può d’altra parte lasciare il resto della regione in una condizione di debolezza delle istituzioni preposte al governo del territorio, in una sorta di periferia istituzionale. Bisogna far funzionare anche le Province. Per questo è necessario riformare le legge Delrio, tema del secondo articolo, legge che marginalizza, indebolisce e declassa le istituzioni di governo dell’area vasta, ovvero le Città metropolitane e le Province ad enti strumentali dei Comuni.

Una questione sostanziale e precisa che la regione Lombardia dovrebbe porre al Governo piuttosto che proporre generali quesiti referendari sull’autonomia ma che anche Milano dovrebbe porre se vuole conquistare un ruolo politico nazionale.

Utilità delle Province – La nostra società è fisicamente organizzata su una base territoriale ampia: milioni di cittadini per svolgere gran parte delle loro attività sociali ed economiche, superano quotidianamente i confini dei comuni di residenza e si spostano all’interno di ambiti territoriali vasti, prevalentemente coincidenti con i territori delle Province. Anche migliaia di imprese impostano una buona parte delle loro relazioni a scala provinciale (i distretti). Tutto ciò si manifesta con la massima intensità nelle province lombarde alcune delle quali hanno dimensioni demografiche paragonabili a regioni. (Vedi Appendice statistica).

I flussi di persone e merci sono generati dall’assetto del territorio che è a sua volta trasformato dalla direzione e intensità dei flussi. Ed è l’assetto del territorio che entra in conflitto con l’ambiente. Il controllo del rapporto tra insediamenti umani e tutela della natura va dunque condotto per lo più su territori ampi. Per molti aspetti la dimensione provinciale è quella più efficace.

Le Province dunque dovrebbero governare tali relazioni e sono perciò parte importante dell’organizzazione politica e istituzionale del Paese. Nonostante il declassamento di ruolo, la legge affida ancora alle Province funzioni importanti: Pianificazione territoriale. Pianificazione dei servizi di trasporto. Costruzione e gestione delle strade provinciali e regolazione della circolazione stradale. Programmazione provinciale della rete scolastica. Assistenza tecnica amministrativa agli enti locali. Gestione dell’edilizi scolastica. Pari opportunità (!?).

Si tratta di aspetti rilevantissimi della vita civile ed economica che richiedono scelte politiche sostenute da una rappresentanza democratica diretta e da strutture amministrative efficaci. Un fatto evidente anche ai padri costituenti che avevano dato alle Province pari dignità istituzionale rispetto ai Comuni e alle Regioni.

Negli ultimi anni si è assistito invece a un accanimento della società politica e della stampa contro l’istituzione provincia la cui spiegazione è materia più che da politologi, da antropologi. Una specie di cacciata dei paria dal consesso civile, di agnello sacrificale sull’altare del populismo. Anche due giornalisti seri come Rizzo e Stella quando si parla di Province si fanno prendere da sacra indignazione. Per i castigatori della Casta l’istituzione Provincia coincide con “poltrone”, naturalmente tutte da sopprimere.

Province e Comuni; 25 anni di conflitto per il controllo del territorio – Al di là degli aspetti antropologici, l’attuale condizione delle Province è l’esito di un conflitto politico per il controllo del territorio iniziato con la legge n. 142 del 1990 che aveva affidato alle Province nuove funzioni e sopra tutte la pianificazione del territorio. Si è aperta così una partita per il controllo del territorio giocata tra i Comuni, rappresentanti degli interessi locali e le Province, un’istituzione che avrebbe dovuto rappresentare una logica razionale di scala più ampia, nell’interesse generale del sistema Paese.

Una partita non da poco, economicamente assai più rilevante del controllo della spesa pubblica degli enti locali perché attiene alla regolazione e al controllo della rendita fondiaria, una dimensione economica rilevantissima in Italia, assai più che in altri paesi europei, quanto meno fino alla crisi del mercato immobiliare del 2008. Chi conosce la storia dell’urbanistica in Italia sa che la cultura urbanistica (per una buona parte) ha sostenuto per decenni la necessità di piani d’area vasta efficaci (ovvero col potere di regolare, almeno in parte, l’uso del suolo) per ottimizzare il rapporto tra insediamenti, flussi di persone, flussi di merci e ambiente.

Un obbiettivo che non è mai stato raggiunto neppure nell’area metropolitana della “moderna” Milano. Non è un caso che né la vecchia Provincia né l’attuale Città metropolitana abbiano mai potuto avere voce in capitolo su nessuna delle grandi operazioni urbanistiche a Milano e nell’area metropolitana, come Expo piuttosto che la Città della Salute e della Ricerca a Sesto S. Giovanni o il riuso degli Scali ferroviari dismessi.

Una partita che ha visto prevalere definitivamente il partito dei sindaci con la legge Delrio. Non per nulla il ministro Delrio, cui è legata la “riforma” che doveva eliminare del tutto le Province, era stato presidente dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani).

Gli “abolizionisti”, come Stella e Rizzo, onestamente convinti di sostenere una battaglia per la modernizzazione del Paese, sbagliano. Stanno sostenendo una battaglia conservatrice che non aiuta il Paese a superare un assetto di potere organizzato su una divisione del territorio che ha radici medioevali e che ne condiziona negativamente il funzionamento.

Il modello Delrio e la Costituzione confermata – Oggi è in vigore la legge Delrio del 2014; la legge ha fatto una scelta di campo; ha trasformato le Province in enti strumentali dei Comuni e si è autodichiarata transitoria in previsione della loro soppressione costituzionale. Ma oggi, dopo che il popolo sovrano ha bocciato la riforma costituzionale, la legge è in contrasto con la Costituzione vigente che assegna alle Province un ruolo di pari grado rispetto ai Comuni e alle Regioni.

Il progetto di legge dell’onorevole Gasparini e di altri, ha il merito di affrontare il problema della crisi delle Province lasciate dalla legge in mezzo al guado dopo la bocciatura del referendum. Ma il progetto di legge dell’onorevole Gasparini, già sindaco del comune di Cinisello Balsamo, sostiene e conferma il modello di riforma Delrio e perciò non ne supera il carattere regressivo e l’incostituzionalità.

Linee per la riforma delle Province – Le Province devono essere istituzioni autorevoli; pertanto va ripristinata l’elezione diretta degli amministratori provinciali. Le competenze vanno riformulate avendo come missioni centrali il governo del territorio e la tutela dell’ambiente. Ciascuna regione deve poter affidare alle Province competenze speciali. Le province devono avere una base territoriale e una dimensione demografica che giustifichi tali competenze e sostenga un apparato amministrativo efficiente; ciò comporta l’eliminazione delle province piccole e delle province interne alle aree metropolitane. Le regioni devono essere coinvolte nella proposta di revisione dei confini provinciali per adattarli alle trasformazioni territoriali avvenute nel secolo scorso.

Ugo Targetti

APPENDICE STATISTICA

Italia – Al 2016 la popolazione italiana è di 60.665.551 abitanti. I comuni sono 7.998. Più del 30% della popolazione, circa 18.400.000 abitanti, vive nei 6.753 comuni con meno di 10.000 abitanti. Una dimensione insufficiente a gestire servizi fondamentali come le scuole superiori, il ciclo dell’acqua, la gestione die rifiuti, la viabilità intercomunale.

Più del 38% della popolazione in Italia si sposta quotidianamente oltre i confini dei comuni di residenza. Il 31% resta all’interno dei confini provinciali.

Province italiane e città metropolitane – Le province sono 93. La popolazione varia da 86.000 abitanti di Isernia al 1.264.000 della provincia di Brescia. Il numero dei comuni varia dai 6 della provincia di Trieste ai 242 di Bergamo e 250 di Cuneo. Le città metropolitane sono 14. La popolazione varia dai 556.000 abitanti di Reggio Calabria ai 3.208.000 abitanti della Città metropolitana di Milano e i 4.340.000 di Roma capitale.

Lombardia – Più del 50% della popolazione, circa 5 milioni di persone, si sposta quotidianamente per motivi di lavoro o studio; la maggior parte di questi (52%) si sposta fuori dai confini del comune di residenza e all’interno della propria provincia (48,8%). I dati provengono da Notizie statistiche di Regione Lombardia – Censimento 2001; percentuali proiettate sulla base demografica aggiornata al 2014 e confermate dal CENSI .

Dei 373,1 milioni di tonnellate di merci che si muovono annualmente sulle strade lombarde, 196,6 milioni , oltre il 52% si sposta all’interno della regione su una distanze media di 90 km. Una dimensione di scala provinciale o interprovinciale (Programma Regionale Mobilità e Trasporti – 2016).

Le province lombarde sono 12. Sondrio ha 181.000 abitanti; Bergamo e Brescia superano 1.100.000 abitanti. La provincia di Brescia con 1.246.105 abitanti e 205 comuni è più popolosa (e produttiva) della Val d’Aosta, del Trentino Alto Adige, del Friuli Venezia Giulia, dell’Umbria, del Molise e della Basilicata e di nove delle quattordici città metropolitane: Bologna, Genova, Messina, Catania, Venezia, Firenze, Palermo, Reggio Calabria e Cagliari.



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