4 aprile 2017

PIANO DI GOVERNO DEL TERRITORIO: CASALINGA DI VOGHERA DOVE SEI?

L’apprendista stregone nel castello dei questionari


Ho provato a compilare il questionario che la Giunta del Comune di Milano ha messo on line per fare in modo che i cittadini possano «dare il loro contributo personale alla costruzione del PGT», ovvero al nuovo Piano Generale Territoriale che deve essere approntato e approvato entro il 2017.

02sclavi13FB-bHo notato che un articolo di La Repubblica – Milano (27 marzo 2017) su questa iniziativa ha centinaia di “mi piace”, segno di notevole gradimento, ma mi chiedo quanti di questi internauti plaudenti oltre ad approvare in astratto l’idea della consultazione, abbiano letto le domande e riflettuto sulla concezione del “sapere comune” che gli estensori del questionario danno per scontata.

Il questionario è composto di 43 domande, tutte multiple choice [a scelta multipla]. La prima che mi sono trovata di fronte è la seguente: «Secondo lei quali sono le regole urbanistiche più importanti per il buon funzionamento della città ?» Segue elenco di 12 regole fra le quali si chiede alla/al cittadina/o di selezionarne al massimo tre a scelta fra «Indifferenza funzionale», «Perequazione urbanistica», «Indicazioni morfologiche», «Parametri urbanistici», «Edilizia residenziale sociale», «Mutamenti di destinazione d’uso» e altri concetti notoriamente tipici e fondanti del “sapere comune”.

I compilatori – bontà loro – presi dal dubbio, aggiungono in nota altrettante chiarificazioni del tipo: «Mutamenti di Destinazione d’Uso: è il passaggio da una funzione urbana a un’altra così come definite nelle Norme di attuazione del Piano delle Regole». Ah, adesso capisco – disse la casalinga al pensionato, mentre al bar, lasciata da parte la Settimana Enigmistica si dedicano alla compilazione del questionario – riguardava il Piano delle Regole! Come abbiamo fatto a non pensarci!

Chiedo scusa per l’ironia, ma io stessa che un po’ di familiarità su questi temi l’ho acquisita, non sono in grado di fare una scelta senza avere in mente un concreto contesto di riferimento e nella misura in cui il PGT si occuperà praticamente di tutti i contesti concreti che mi vengono in mente, mi pare chiaro che il problema non sarà scegliere tre regole, ma scoprire come coordinarle tutte fra loro.

La seconda domanda è ancora più allucinante in quanto si viene messi di fronte a un elenco di 14 direttrici valoriali (che gli autori chiamano «argomenti») che vanno da «È necessaria una “visione metropolitana”», alla «Riduzione del consumo del suolo», «Risorse energetiche ed ambientali», «Utilizzo dell’assetto viabilistico e mobilità», fino a (ultima) «Capacità di adattamento al cambiamento climatico» e viene chiesto di esprimere una valutazione per ognuna di queste voci, dove 1 indica «per nulla importante» e 4 «molto importante».

Qui una domanda la faccio io: ma pensate davvero di poter elaborare un PGT in cui una qualsiasi di queste direttrici – che ne so – la “visione metropolitana” sia poco importante? Ho messo 4 a tutte quante e così me la sono cavata. Sono andata a vedere come altri hanno interpretato questa domanda e ho trovato che ogni associazione cerca di far “votare” le sue tematiche e valori fondativi.

Per esempio nel sito del Parco Sud viene suggerito di dare il massimo dei voti «al verde, ai servizi e, neanche a dirlo, al bassissimo ricorso a nuovo cemento». Il che va benissimo, tranne il fatto che per farlo – stante questo format – si devono svalutare altri valori, i quali non solo non sono incompatibili, ma sono assolutamente complementari e necessari.

Nella scelta di questo format sono impliciti dei presupposti su cosa significa “pensare”, “dialogo”, rapporto fra “sapere tecnico” e “sapere comune”, che sono un drammatico passo a ritroso rispetto le conquiste nel modo di concepire la governance dell’Amministrazione Pisapia. La passata Giunta ha fatto di Milano una città europea e l’attuale Giunta ha mantenuto la stessa linea quando ha definito i 5 punti delle linee guida, su cui ragionare con i cittadini e tutti i portatori di interesse per il nuovo PGT. Ma appunto si tratta di “ragionare”, di creare degli spazi di mutuo apprendimento. Mi limito a tre punti.

Primo: le risposte a un questionario a domande chiuse non ci dicono cosa la gente “pensi”, ma solo “cosa risponda a quelle domande”. Perché vi sia “pensiero”, è indispensabile la facoltà di mettere in discussione le domande stesse, di riformularle.

Secondo: la differenza fra “opinioni grezze” e “opinioni informate”. Il politologo James Fishkin ha dimostrato una volta per tutte, col sondaggio deliberativo, che se si offre la possibilità ai membri di un campione statistico di incontrarsi e di avere tutte le informazioni che ritengono utili, il 70% di loro al termine di questa esperienza, riformula la proprio opinione, la cambia. Una democrazia deve creare costantemente contesti nei quali i cittadini possano incontrarsi e divenire come minimo cittadini informati.

Terzo e ultimo: la differenza fra “sapere tecnico” e “sapere comune”. In quella che a tutti gli effetti si può considerare una “Carta della Partecipazione” votata dalla Giunta Pisapia nel maggio del 2016, piccolo manuale per una politica partecipativa, è molto chiaro che per “sapere comune” non si intende andare in giro a chiedere “le opinioni” della gente, ma ascoltare le loro “esperienze tangibili” e “concrete”.

In questo documento intitolato Progettare insieme la città si elencano una serie di metodi grazie ai quali: «Responsabilità politica e sapere tecnico vengono spinte a confrontarsi con il sapere comune per ritrovarsi arricchite sia con riferimento alle alternative praticabili sia con riferimento alle decisioni finali».

Provate ad applicare questi principi alle domande del questionario. La terza domanda chiede una valutazione sempre da 1 a 4 su 16 voci relative alla dotazione dei servizi della città e/o del proprio quartiere. L’idea degli estensori è di ricavare informazioni su cosa «secondo i cittadini» funziona meglio o peggio relativamente ad «attività amministrative», «attrezzature religiose», «protezione civile», «servizi sociali» e così via. È un approccio che Marx chiamava per «astrazioni indeterminate» e che perpetua l’antico vizio italico «dell’orrore del particolare e amore per la vaga generalità».

Le domande rimanenti si riferiscono ai 5 punti delle linee guida per il PGT, che hanno come titoli: 1. Attrattività e inclusione, 2. Rigenerazione urbana e recupero degli edifici, 3. Resilienza e adattamento ai cambiamenti, 4. Qualità degli spazi e dei servizi per rilanciare le periferie e 5. Semplificazione e partecipazione dei cittadini al governo della città. Questi punti sono sviluppati in una paginetta che è un piccolo capolavoro di sintesi non a scapito della complessità.

L’idea che la competenza nella governance vada di pari passo con la capacità di accoglienza e di attrattività, non è banale. Niente di questi punti è banale. Ma appunto per questo non potete chiedermi di “valutare” (???) ognuna di queste voci e un elenco di relative sottovoci con un giudizio da 1 a 4. Per favore!

 

Marianella Sclavi



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