22 marzo 2017

VICENDA M5, QUOTE ASTALDI E COMUNE DI MILANO

Bruno Rota, Atm, chiarisce il ruolo dell’azienda


Mi rendo conto quanto sia necessario un approfondimento sull’effettivo funzionamento del contratto che regola il rapporto tra Atm e il Comune di Milano per la gestione del trasporto pubblico. Atm sviluppa la sua attività sulla base di un “contratto di servizio”, contratto in cui sono contenute, in dettaglio, tariffe e modalità di erogazione dell’attività che viene richiesta dal committente, cioè dal Comune di Milano, per ogni tipologia di mezzo (metro, tram e mezzi di superficie in genere). Il committente fissa ogni anno le risorse economiche da destinare ai servizi di trasporto pubblico. Sulla base di tali risorse e della programmazione che viene richiesta, l’Azienda svolge le sue attività.

04rota10FBIl contratto di servizio tra Comune e Atm si definisce «in regime di gross cost»: ciò significa che l’azienda che gestisce il trasporto pubblico percepisce un canone annuale a fronte della produzione di un determinato livello di servizio (misurato in vetture/km) stabilito in sede di sottoscrizione del contratto stesso, sulla base di una tariffa a vettura/km oggetto della gara. I costi di gestione rimangono per intero in capo all’azienda che ha quindi il rischio d’impresa a suo carico. Il committente paga al gestore le prestazioni ovvero i km effettivamente percorsi.

I ricavi da tariffa incassati da Atm sono di competenza del Comune (a cui vengono girati allo scadere di ogni mese), che gestisce la politica tariffaria (prezzi di abbonamenti e biglietti, agevolazioni, etc.). Gli introiti derivanti dalla vendita dei titoli di viaggio coprono una parte importante dei costi del trasporto pubblico locale: a Milano, grazie ai risultati della lotta all’evasione (numeri e non “impressioni” di chi vede i disgraziati che saltano i tornelli) e al senso civico dei milanesi, negli ultimi anni il tasso di copertura con introiti da tariffa delle spese del contratto di servizio è andato sempre crescendo passando dal 46% del 2010 al 55,6% del 2016. I dati parlano chiaro: Milano è la città dove i ricavi da tariffa (vendita di biglietti e abbonamenti) coprono la percentuale più alta e la collocano come esempio più virtuoso tra le grandi città italiane e in linea con le europee.

La restante quota del costo del contratto è coperta, come in tutto il mondo (chi descrive ciò come una rarità prende in giro la gente) da trasferimenti nazionali per tramite di Regione Lombardia. Tali fondi risultano purtroppo in forte calo. Il corrispettivo ricevuto, proporzionale ai km, è rimasto pressoché immutato (a parte per il semestre Expo) perché l’indicizzazione prevista è parziale (non come in certe tariffe che ci “saltano” in bolletta o sul Telepass … ma stiamo muti). Con il corrispettivo ricevuto per quel monte di km realizzato, Atm deve rendere un servizio efficiente facendo quadrare i conti del Comune ed i propri. Uno sforzo continuo e assai difficile da reggere. Atm in questi anni c’è riuscita facendo sacrifici a tutti i livelli: questo è un miglioramento dell’efficienza aziendale concreto, misurabile.

Noi la spending review non l’abbiamo solo annunciata. L’abbiamo fatta davvero. Atm può vantare costi operativi euro/vettura-km inferiori alla media nazionale e in linea con quella europea: Bruxelles 10,49, Barcelona 5,42, Madrid 5,57, Berlino 3,92, Roma 5,82, Genova 6,27, Milano 4,85. Si potrebbe aggiungere il valore del costo medio del lavoro, nettamente inferiore a quello delle altre aziende del settore: a Parigi (RATP) è 55.000 euro/anno, Madrid (Metro) è 56.000 euro/anno, Bruxelles (Stib) è 69.000 euro/anno mentre a Milano è 50.000 euro/anno. Improvvisati esperti di costi del Tpl (Trasporto pubblico locale) emettono sentenze inappellabili senza mai essere capaci di fornire un solo numero, con lo stesso rigore di analisi con cui solitamente si esprimono al bar, sulla giusta posizione in campo di Eder o Bacca.

Atm ha affrontato dal 2012 un importante piano di contenimento di costi e revisione di tutti i processi, in un’ottica di massima ottimizzazione delle risorse in tutti i settori dell’Azienda, grazie al fortissimo incremento del ricorso a procedure aperte e competitive. Cosa che a molti abituati a razzolare non è andato giù. Da qui derivano gli utili di Atm che non piovono dal cielo ma sono indispensabili per sostenere gli investimenti.

Quindi, più vetture/km si percorrono, più elevato è il costo annuo complessivo che il Comune deve sostenere. Se il committente ha risorse abbondanti può chiedere più km e quindi erogare più servizi; se le risorse da destinare sono inferiori all’anno precedente, è evidente che l’intervento da svolgere sia quello di rimodulare alcune percorrenze e frequenze. Se non si riesce a comprendere questo meccanismo, qualunque dibattito sulle corse ridotte di notte o sulle frequenze che cambiano la domenica diventa incomprensibile. E si dicono sciocchezze o facili demagogie, per esempio che Atm «avrebbe proposto tagli ben più pesanti di quelli alla fine decisi».

Un misto di calunnie e falsità. Atm è contro i tagli. Lo dovrebbe capire anche un ripetente incallito o chi si occupa di questioni tecniche senza avere una minima base culturale. Atm vorrebbe avere più risorse per il Tpl. Più risorse al contratto di servizio vogliono dire miglior servizio ai cittadini e più lavoro ai lavoratori. Atm è per definizione contro i tagli. Chi sostiene il contrario è in chiara malafede.

Difendiamo quindi il contratto di servizio come metodo trasparente che regola il Tpl in tantissime città europee e consente di misurare le reali performance aziendali: non consente a nessuno di barare. Lo usano anche a Copenaghen, dove Atm gestisce con successo la metro. Lì nessuno si sogna di cambiare le condizioni di un contratto assegnato con gara o di pretendere da Atm di non fatturare al Comune tutti i km prodotti.

Con riferimento all’ipotesi di acquisto di quote nella società Metro5, (su cui spero presto di spiegare cosa davvero sia successo) le somme eventualmente da sostenere sarebbero provenute dalle risorse di Atm già accantonate nel patrimonio dell’Azienda, che è oggi in grado di sostenere gli investimenti sul rinnovo della flotta, quasi tutti realizzati in autofinanziamento, e che non sarebbero stati in alcun modo penalizzati.

Nulla a che vedere, quindi, con il contratto di servizio annuale. Atm comunque non avrebbe speso nessuna risorsa perché i capitali per l’esercizio del diritto di prelazione sulle quote M5 erano totalmente assicurati dal soggetto finanziario che si era preventivamente impegnato contrattualmente ad acquistarle. Un soggetto finanziario che si era anche impegnato, ovviamente, a non mettere in discussione la gestione della linea 5 da parte di Atm, che avrebbe, senza aggravi, messo al sicuro la sua attività e che in prospettiva si sarebbe potuta “scaricare” del pesante fardello di oneri (capitale, prestito subordinato e fidejussioni) che ancora oggi detiene, su indicazione del Comune di Milano in M5: e quella certo è “finanza” a carico dei milanesi.

 

Bruno Rota
Presidente e Direttore Generale ATM

 

 



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