14 febbraio 2017

SPORT E RIGENERAZIONE URBANA: RIPENSARE GLI IMPIANTI SPORTIVI

Il ruolo dei “community hub”


C’è un tema, o meglio un terreno di riflessione possibile all’incrocio di due temi, che pensiamo sia molto interessante. L’ambito si disegna accostando sport e rigenerazione urbana: due campi apparentemente lontani ma dalla cui sovrapposizione, ancora in parte da esplorare, pensiamo possano nascere riflessioni generative di un modo innovativo di guardare agli spazi dedicati allo sport e allo spazio urbano in generale.

05donaggio06FBIn questi ultimi anni abbiamo provato a lavorare su questo terreno. La riflessione che proponiamo in questa sede ne riprende per sommi capi gli elementi principali e prova a dare qualche spunto di riflessione su Milano e sul ripensamento dell’utilizzo di alcuni dei suoi impianti sportivi.

Di rigenerazione urbana si parla molto, in un paese che ha un ingente patrimonio edilizio quando non dismesso spesso sottoutilizzato. Diverse sono state le vie e le modalità proposte per arrivare a un suo riuso intelligente e sostenibile. Quella suggerita dalle soluzioni che vanno oggi sotto il nome di community hub, è una tra quelle possibili.

I community hub sono spazi fisici, spesso da riutilizzare e sempre da ri-significare, che mettono al centro la relazione persone-comunità. Sono strutture dove vengono erogati servizi di diversa natura: ad esempio possiamo trovare insieme corsi per il tempo libero per fasce d’età molto diverse, occasioni di aggregazione e programmi culturali, servizi di welfare, spazi per la ristorazione. Sono luoghi in cui si moltiplicano le occasioni di scambio, si intrecciano le occasioni di prossimità tra i singoli e i gruppi, si condividono immaginari di futuro: le persone in questi contesti sono risorsa per i gruppi e le reti di prossimità e, viceversa, i vicinati e le comunità di affinità diventano palestre di capacitazione per le persone.

Sull’altro versante c’è lo sport, un’attività che ha la capacità di valorizzare le potenzialità (non solo fisiche) delle persone che lo praticano. Le strutture dedicate allo sport, però, per quanto attiene alle loro caratteristiche tipologiche e architettoniche, si caratterizzano per essere spesso strutture introverse, chiuse e poco permeabili. Spesso fanno parte di quel patrimonio di welfare materiale che è stato al centro dell’urbanistica del moderno. L’effetto è che oggi ne abbiamo un buon numero, diffusi in modo omogeneo nel tessuto della nostra città.

Spazi preziosi che, se opportunamente ripensati, possano trasformarsi in spazi capaci di offrire opportunità di crescita a quartieri e comunità. Questo può accadere se li ripensiamo non solo come spazi sportivi ma come spazi per la comunità, dove possiamo trovare un’offerta di attività non solo sportive ma anche culturali, di integrazione e inclusione sociale, di servizi di welfare e non solo. Questa riflessione ovviamente ha delle ricadute significative sui modelli di gestione degli impianti e chiede ai gestori di interrogarsi su possibili sinergie con altri soggetti, su come rivedere la propria offerta di attività magari costruendo con i quartieri e i territori dove hanno sede una relazione diversa e più ‘personalizzata’.

A Milano abbiamo già alcuni interessanti casi che vanno in questa direzione. È il caso dell’associazione sportiva e di promozione sociale Play more! che ha sviluppato un progetto sportivo, sociale e culturale. Si sviluppa su di un’area di 4000 mq di proprietà comunale in via della Moscova, dove vengono ospitati corsi ed eventi di sport integrato per abbattere piccole e grandi barriere, ma anche progetti culturali organizzati con la vicina Mediateca di Santa Teresa.

C’è anche Total Natural training che grazie a un accordo con Comune di Milano ha preso in gestione un capannone di 2.000 mq nella periferia Nord di Milano. L’immobile, abbandonato da 12 anni grazie all’investimento di un gruppo di giovani è diventato il primo impianto presente in Italia che racchiude sport metropolitani – parkour & freerunning – sport da combattimento, attività fitness e culturali. Non solamente un impianto sportivo, ma una grande opportunità di crescita per tutto il quartiere.

Sono casi e storie come queste a cui guardare per immaginarsi nuove modalità di erogazione dell’offerta sportiva e nuove funzioni per gli impianti, anche quando guardiamo a impianti di dimensioni e rilevanza maggiori, come ad esempio nel caso del Vigorelli, il cui ruolo e forme di gestione sono ancora ben lontane dall’essere definite. Sport e rigenerazione urbana possono essere infatti anche fattori generativi di nuove forme di impresa.

Sempre a Milano è nata la casa della corsa, la 42 Run station. Creata al parco Nord da gente che ama correre e che ha aperto un luogo – e un business – in viale Suzzani dove farsi la doccia, lasciare telefono e portafoglio in un armadietto e comprare articoli specializzati. Sono questi i principi da usare per immaginare percorsi che mettano in gioco in modo creativo le risorse che lo sport è in grado di generare e farle giocare come elementi virtuosi nei processi di rigenerazione urbana.

 

Elena Donaggio
Avanzi/sostenibilità per azioni

 

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