18 gennaio 2017

LEGALITÀ E TRASPARENZA: CARTA CANTA E BUROCRATE DORME

In Regione vince la resistenza passiva


Si moltiplicano i controlli, ma in Lombardia le cose paiono rimanere piuttosto opache e nebulose. Negli ultimi anni, soprattutto dopo la triste parabola che ha portato alla fine del regno formigoniano, in regione sono nati diversi organismi con il compito di garantire correttezza e trasparenza amministrativa. Se ne contano almeno 6: il sottosegretario per la trasparenza, il comitato per la trasparenza degli appalti, il comitato dei controlli, l’Unità Organizzativa Sistema dei controlli, prevenzione della corruzione, trasparenza e privacy officer in seno alla Giunta, l’agenzia dei controlli sul sistema socio-sanitario e l’agenzia regionale anti corruzione (ARAC). Maroni pare molto affezionato a questo sistema e conta su di esso per poter proclamare l’assoluta trasparenza e correttezza della sua amministrazione.

04pizzul02FBIl problema è che di indipendenza, all’interno di questi organismi ce n’è poca, e non certo per colpa di coloro che li compongono, che hanno profili e curricula di sicura affidabilità. Comitati, agenzie e sottosegretari fanno riferimento gerarchico diretto alla Giunta e non basta certo un regolamento, scritto acrobaticamente con l’obiettivo di certificarne l’autonomia, per dotarli della terzietà necessaria a giudicare e vigilare davvero su quanto accade all’interno della macchina amministrativa lombarda.

Per lavorare lavorano, sfornando relazioni semestrali che sottolineano problemi e propongono possibili contromisure, ma il più delle volte questi consigli rimangono agli atti, senza provocare i cambiamenti auspicati e necessari.

L’ultima nata nella compagnia dei controlli, l’ARAC, che doveva essere un’autorità ed è diventata un’agenzia alle dirette dipendenze della Giunta, ha depositato la prima relazione semestrale in cui si evidenziano con un freddo linguaggio burocratico alcuni problemi che mi paiono francamente sconcertanti.

A pagina 8 della relazione si legge: “Non sempre si appalesa semplice e spedita l’interlocuzione operativa con gli uffici regionali interessati: ciò evidentemente comporta la dilatazione dei tempi di accertamento e pervenimento di risultati conclusivi”. Parole felpate e distaccate per dire come la struttura regionale non abbia collaborato a dovere nel fornire i dati necessari a verificare la correttezza delle procedure. L’agenzia non ha i poteri ispettivi e di indagine tipici della magistratura e non può obbligare nessuno a collaborare, né ha strumenti per sanzionare eventuali comportamenti scorretti, ma anche solo pensare che un funzionario o un dirigente regionale possa mettersi di traverso lascia molto perplessi.

Un altro passaggio, alla pagina seguente, propone come scontata e naturale un’evidenza che personalmente mi inquieta: “È chiaro che gli stessi fattori di dinamismo, di capacità di attrarre investimenti anche dall’esterno del contesto regionale, di sviluppo poli-settoriale dell’economia, di vivacità imprenditoriale, che continuano a caratterizzare l’economia lombarda nonostante il prolungamento della crisi,  aprono spazi rilevanti anche ad attività illegali e al crimine organizzato”. E meno male che fino a un paio d’anni fa la parola d’ordine era negare la presenza della mafia in Lombardia … .

Si descrive poi l’ampia connessione tra pubblico e privato come un terreno di innovazione, ma anche come uno spazio per comportamenti scorretti e illegali. Parole pesantissime che vengono ulteriormente caricate da un’affermazione di qualche riga dopo: “l’enfasi sull’imperativo di garantire la correttezza formale degli atti può innescare un dominio delle routine difensive e quindi di comportamenti patologici di politici e dirigenti”. Come dire che le certificazioni di correttezza servono solo per apparire in regola, ma non certo per garantire l’effettivo rispetto delle regole.

Ma la stoccata più pesante arriva verso la fine della relazione, a pagina 20, dove si legge: “È come se la complessa “macchina dei controlli”, con tutte le sue articolazioni centrali e periferiche, si trovasse alla fine spiazzata quando si tratta di tirare le conseguenze rispetto alle anomalie o alle devianze che sono state individuate e portate alla luce. Molto spesso gli organi direzionali non danno seguito a rilievi anche circostanziati formulati dagli organi di controllo”.

Dobbiamo forse rassegnarci al fatto che sia la magistratura a scoprire e sanzionare comportamenti scorretti e al di fuori delle a legalità?

Maroni, a più riprese, si è proposto come garante di una Lombardia che rispetta le regole. Dopo la lettura della prima relazione di ARAC non so se sarà più così tranquillo.

 

Fabio Pizzul
Consigliere Regionale



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