22 dicembre 2009

POLITICA IN TV: L’ERA DELLA SESSOCRAZIA


Alta, bionda, stivali fino al ginocchio, minigonna, scollatura audace…se l’avessi incontrata per strada forse avrei girato la testa. Invece l’ho incontrata all’inaugurazione del nuovo canile pubblico di Milano al Parco Forlanini (quello che sostituisce il “vecchio” canile di via Lombroso). Era lei l’ospite attesa: un sottosegretario del governo Berlusconi.

Altra giornata, altra inaugurazione, sempre a Milano ma all’Isola, per il riposizionamento di un monumento ai partigiani in Piazza Segrino. Due assessori comunali presenti hanno al loro fianco due donne (una ciascuno) giovani, alte, bionde. Chiedo “Chi sono?” Risposta “Addette stampa”. Scherzando dico a un’amica giornalista “se vuoi far carriera devi tingerti i capelli!”

E’ vero una sinistra vera non può essere “moralista”. E se penso a certe donne leader politiche a sinistra (dalla Iotti alla Anselmi, dalla Turco alla Bindi) devo riconoscere che hanno qualche tratto mascolino.

Ma mi chiedo: non è che in questa società “dello spettacolo” si sta affermando una “sessocrazia”?

Non è che come ha detto la “storica” femminista Lea Melandri “negli anni settanta si diceva: il corpo è mio e me lo gestisco io; mentre oggi si dice: il corpo è mio e me lo vendo io?”

Al Festival di Venezia in settembre aveva fatto scalpore un film documentario realizzato dall’italo-svedese Erik Gandini (“Videocracy”) dedicato a Fabrizio Corona, Lele Mora & c. Gli svedesi hanno definito il film “horror movie”. Per loro la commistione tra potere politico e mediatico è impensabile. La “videocrazia”, “il dogma dell’apparire” (come lo ha chiamato Gandini in un’intervista a “Vita”) è diffuso in Italia oltre ogni limite.

Gli ultimi mesi ci hanno “regalato” il sesso in prima pagina anche in politica. Ricatti, sospetti, guardonismo: il sesso per un po’ ha oscurato ogni altra questione. Quello che spaventa non è però una questione morale/moralista. Quello che inquieta è la “bassezza” del dibattito, tutto in termini di opportunità, di metodo, di tatticismi, di “chi ci perde e chi guadagna”. Nessun intellettuale ha alzato la voce contro la mercificazione, nessuno che abbia colto il passaggio da bandiera di liberazione a strumento di assuefazione, distrazione e controllo sociale.

Sembra in corso una mutazione antropologica (nel “sonno della ragione” della gran parte degli intellettuali) con proposizione di un “modello unico femminile” (naturalmente con molto maschilismo introiettato).

Del resto per il World Economic Forum siamo il 67° paese al mondo quanto a pari opportunità: cosa possiamo aspettarci?

Che fare dunque? Fuggire dal video e darsi tutti e solo a internet, cinema, libri, teatro? Boicottare veline, grandi fratelli, quiz con concorrenti sempre più appariscenti? No. Vorrebbe dire essere complici dell’egemonia di una tv senza ritegno.

Bisogna proporre altri modelli di umanità e di femminilità. Bisogna che donne e uomini che credono ai valori di eguaglianza (pari opportunità) e libertà propongano altri paradigmi, altri programmi.

Una domenica casualmente mio figlio mi ha richiamato a guardare in tv una sua insegnante (suora salesiana) che discuteva di educazione sessuale con Vittorio Sgarbi (che recitava se stesso nella parte di arrogante libertino) in un programma molto visto condotto da Barbara D’Urso (domenica 5?). Ho chiesto alla suora “come mai?”. Mi ha detto “l’ho fatto per obbedienza, mi è stato chiesto, non so quanto sia servito…però oggi “la cultura” passa di lì, l’80% guarda la tv.”

 

Pier Vito Antoniazzi


 



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