14 dicembre 2016

LA DELIBERA DI INDIRIZZO SUGLI SCALI: UN PUNTO DI ARRIVO E DI PARTENZA

Non sprecare saperi, competenze e opportunità


Il documento di indirizzi recentemente deliberato dal Consiglio Comunale dà una prospettiva concreta alla conversione degli scali milanesi consolidando i punti fermi condivisi ed esprimendo orientamenti e linee guida per passare dagli intenti a scenari di attuazione. Credo si possa confidare che in senso stretto, nonostante le dimensioni, gli interventi negli scali siano a misura della città e porteranno i vantaggi di quelle dotazioni urbanistiche, edilizie e di quelle connessioni urbane su cui si è raggiunta un’intesa di massima. Precisarli è oggetto dei lavori attualmente in corso, preliminari a quell’Accordo di Programma che dovrebbe chiudere la fase urbanistica e dare avvio a quelle di implementazione e progetto.

05imberti41fbVi è però una dimensione più ampia in cui si inquadra la riqualificazione degli scali, emersa nel dibattito cittadino, che ha sovraccaricato le aree di domande che eccedevano le possibilità di risposta delle aree stesse, ma che reclama tuttavia attenzione. Alle aree di trasformazione normalmente non si chiede infatti di risolvere questioni di rilevanza metropolitana o perfino superiore, piuttosto di cercare nel loro equilibrio e nel loro bilancio soluzioni parziali nelle direzioni auspicate, ma nel caso degli scali questo sovraccarico, che si è tradotto anche in un procedere a zigzag del dibattito alla ricerca di criteri d’ordine, dipende sia dalla natura delle aree, per le quali l’equiparazione ad aree dismesse è una camicia un po’ stretta, sia dalla percezione del ruolo paradigmatico che possono avere per percorsi di rigenerazione urbana.

Gli scali sono percepiti più come vuoti urbani che come aree dismesse e al tempo stesso come aree che appartengono alla città, perché ne hanno segnato la storia. Da qui da un lato l’insistenza nel dibattito per un riuso volto principalmente a miglioramenti dei contesti, a interessi pubblici o generali, sino all’estremo della non edificabilità, dall’altro una larvata avversione, quasi di principio, nei confronti degli sviluppi immobiliari e perfino della stessa titolarità delle aree in capo a Ferrovie, e non al pubblico.

Tuttavia la città si fa con le risorse e le condizioni di cui dispone e senza negare fondamento ad alcuni assunti in merito alla natura delle aree, esse appartengono a Ferrovie per ragioni storiche altrettanto irreversibili del loro destino originale e sono classificate nel PGT come aree di trasformazione a riconoscimento delle loro potenzialità. Di questo si deve prendere atto, naturalmente con l’obiettivo di spostare in avanti sin dove possibile l’asticella dei compromessi e degli equilibri tra le varie istanze.  In questo senso la delibera di indirizzi segna uno spartiacque, un punto di arrivo, ma anche di partenza, lasciando, opportunamente, margini per ulteriori passi avanti.

Se quanto ho riassunto con qualche schematizzazione è vero, al pubblico, alle istituzioni a FS nelle sue articolazioni è richiesto in questa nuova fase, nel farsi degli scenari, di delineare un quadro di riferimento che dia una prospettiva lungimirante alla composizione degli interessi in campo, per indirizzare gli sforzi e trovare consenso a un livello più elevato.

In questa direzione un primo ordine di questioni rimanda principalmente alle istituzioni e chiede loro di esprimere in modo coordinato un ruolo propulsivo in chiave sostenibile perché gli scali siano capaci di innescare nuove opportunità e di allargare i benefici oltre i perimetri di riferimento.

Sono le questioni ambientali e dell’innovazione – cambio climatico, informazione biologica e consolidata, loro conservazione accrescimento e trasmissione, nuove formazioni e misure di valore -che segnano la transizione alle nuove economie che si commisurano con i bilanci di informazione energia materia e pongono domande assai concrete:
* Quale contributo portano gli scali nel quadro degli impegni sottoscritti a vari livelli e nella prospettiva di decarbonizzazione a metà secolo (produzione e distribuzione di energia; mitigazione, adattamento e resilienza)?
* Quali risultati si perseguono in materia  di biodiversità e standard ecosistemici, gestione circolare dei flussi materiali, etc.?
* E per quanto concerne infrastrutture, tecnologie e reti: quali sono necessarie a quali standard devono corrispondere, quali esternalità sono conseguibili e per quali intorni?
* E in modo correlato quali mix funzionali, con quali flessibilità per accogliere innovazione, attività, saperi, etc.?

Vi sono poi le questioni di procedura per definire l’impianto urbano, la morfologia dei tessuti e degli spazi collettivi. Su questo punto, di cui sono evidenti i punti di intersezione con quanto sopra espresso per quanto riguarda gli assetti funzionali, ecosistemici e di pubblica fruizione, molto è stato detto e in parte acquisito. All’annuncio dell’imminente workshop, propedeutico alla costruzione di scenari, promosso da FS Sistemi urbani con il ricorso a esperti di fama internazionale, l’Ordine degli Architetti di Milano, tra gli altri, ha espresso rilevi condivisibili (consultabili sul sito) sottolineando la necessità di una regia pubblica nel percorso che porterà all’Accordo di Programma, che è auspicabile sia partecipato e trasparente e di arrivare a precisare i risultati attesi dai progetti tramite la “redazione di linee di indirizzo da parte del Comune” e tramite procedure concorsuali, su cui Milano ha acquisito una notevole esperienza nelle trasformazioni del passato. È il tema attuale del confronto pubblico e tra le parti, che chiarirà se Ferrovie privilegia il suo ruolo di attore delle trasformazioni in un confronto aperto che va oltre le logiche esclusivamente patrimoniali o cerca scorciatoie riduttive. E quale posizione assumerà in proposito il Comune.

Un terzo e più intricato ordine di interrogativi riguarda i temi trasportistici, di particolare rilievo trattandosi di aree ferroviarie. A FS, Città metropolitana e Regione si chiede di esplicitare gli scenari per il nodo di Milano, che sappiamo sarà interessato dai flussi post Gottardo, (che rivoluzionano la geografia dei traffici continentali) dagli obiettivi di progressivo trasferimento delle merci dalla strada e di una logistica urbana decarbonizzata, come auspicano vari documenti e dalla Road Map UE 2050. Domande che non nascono oggi e sono indipendenti dal riuso delle aree, ma ne intersecano i destini e per questo sollecitano qualche risposta. Chiarire i percorsi intrapresi ed eventuali aspetti da approfondire è necessario per fugare argomentatamene le preoccupazioni di saturazione del nodo, di fattibilità della circle line, o di dover attribuire ad alcuni scali un qualche ruolo di riserva per la logistica urbana o per il fantomatico secondo passante e non secondariamente per valorizzare il ruolo nodale che gli scali rappresentano nelle reti interpersonali.

Approfondire questi aspetti tra loro interrelati, non comporta rimettere in discussione i contenuti sin qui condivisi, piuttosto arricchirli a beneficio del successo delle operazioni in un quadro di responsabilità degli attori, che per la loro natura sostanzialmente pubblica delinea in questo frangente circostanze favorevoli per un percorso esemplare.

Luca Imberti

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